Me contro me

Una nuova tecnologia permette agli umani di tornare indietro nel tempo e tento di rimediare alla me dodicenne. Spoiler: senza riuscirci.

«Oddio, chi sei? E perché hai quella pinzetta in mano?»

La me di dodici anni mi osserva riluttante. Ha degli strani boccoli a molla che le avrei rovinato qualche mese dopo con trattamenti liscianti, piastra, mollette, elastici e un indiscutibile desiderio di somigliare un po’ meno alla pecora Dolly. È di spalle, seduta alla scrivania. Nella stanzetta della mia adolescenza proietta l’ombra della sua mano su un foglio tutto cuoricini. Starà disegnando il ritratto del bassista dei Coldplay. Signore, dammi la forza. Ora come glielo spiego? Mica le posso dire: Sono la te di ventiquattro anni giunta dal futuro per evitare alcuni tuoi grossi errori. Invece le dico proprio:

«Sono la te di ventiquattro anni giunta dal futuro per evitare alcuni tuoi grossi errori. A cominciare da quegli arbusti incolti che ti ritrovi per sopracciglia».

«Ventiquattro anni? Quindi sono già vecchia!»

«Vecchia? Ma no, sei ancora una ragazzina! E hai tutta la vita davanti

«Dici?»

«Lo dico a me stessa».

«Cioè a me».

«E anche a me, qualche volta».

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«Quindi, insomma, cosa sei venuta a fare? Oltre a minacciarmi con quell’arnese, intendo».

Per me è tutta colpa delle sopracciglia. Avrei potuto essere non dico carina, ma quantomeno normale. Le sopracciglia sono l’ombrello peloso degli occhi. L’ombrello, non la tettoia. Che imbarazzo.

«Scusami, è che ho poco tempo e volevo darti qualche consiglio. Questo è un programma di correzione della storia recente. Con l’avanzamento della tecnologia è stata data a tutti gli abitanti del pianeta la possibilità di modificare il proprio passato per migliorare il destino dell’umanità. Ognuno di noi ha un unico tentativo. Se il nuovo futuro e il futuro attuale si sovrapporranno… beh, almeno ci avremo provato».

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«E hai già rimpianti? A ventiquattro anni? Sono proprio diventata una sfigata…»

«Un team multidisciplinare del Massachusetts ha stabilito che la preadolescenza è il momento migliore per intervenire, perché è da allora che incomincia ad accumularsi una certa densità di dati difficilmente estrapolabili il cui coefficiente di correlazione tende a zero, per cui…»

«Anche noiosa. Molto male».

«Senti, smorfiosetta, se sono qui è per aiutarti, quindi dammi ascolto».

«Senti, smorfiosetta…»

«E non farmi il verso!»

«E non farmi il verso!»

D’accordo, cretinaccia. M’arrendo. Guarda se devo mettermi contro me stessa! A pensarci è una cosa che faccio ogni giorno. Non so che fare. Temo sia stato solo uno spreco di tempo. Mi siedo sul mio letto – ahi!

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«Attentaaaaaaaa!»

Non ricordavo di avere corde vocali così fini. La me dodicenne lancia un urlo che avrà sicuramente svegliato qualche sonnolento delfino oltreoceano. Salto all’aria.

«Guarda che hai combinato!»

Ho letteralmente le mani e il sedere pieni di brillantini. Ah, cielo, è il periodo del glitter buttato a tutto spiano su qualsiasi superficie, cose che oggi manderebbero in terapia intensiva un ambientalista. E anche me, che qualche volta la domenica raccolgo plastica dalle spiagge coi cugini di Greta. Anche questo dovrò dire alla smorfiosa che ho davanti: limita l’uso dei derivati del petrolio. Evita gli sprechi. Mangia più sano. Non innamorarti di uno solo perché ti ha prestato una penna a sfera. In generale, smettila di essere gentile in questo tuo modo così tristemente stoccolmese, sempre e solo con chi non è degno di tali e tante attenzioni.

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E sceglile con più cura, le tue istruzioni superiori! Mi sembra un tantino assurdo che la mia vita attuale e prossima dipenda da quanto ti annoiassi tu al rientro di latino o quanto ti spaventassero certe interrogazioni di algebra! Inoltre, per piacere, leggi cose un po’ più intelligenti di quei romanzi ridicoli su ragazzini con larghi maglioni e scarsissimo senso pratico! Posso assicurarti che non avremo molto tempo per leggere in futuro, e non è carino puntare sul fatto che metà delle conversazioni nel febbraio 2022 sono reggibili avendo intravisto Sanremo dai meme.

Smetti di riempirmi gli armadi di tremende magliette con le stampe. I pennarelli con cui stai colorando si scaricheranno tra quindici giorni. Dovresti fare fisioterapia. E sport, probabilmente. Non ti preoccupare per il compito di francese in cui credevi di aver preso 5: hai preso 10! Non so come tu abbia fatto, pensavi di non aver colto niente di quella registrazione tutta r mosce che ti era stato richiesto di ascoltare e trascrivere. Comunque, il francese ti servirà soltanto per deridere coscientemente certe pubblicità di profumi. Ah, ma dov’ero rimasta? Ai brillantini. Niente microplastiche, signorina. M’ammazzi le tartarughe, così.

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«Scusami! Cos’ho fatto?»

«Ti sei seduta sul mio disegno. Per la nonna».

Non devo cambiare faccia. Ti prego, fà che non abbia cambiato faccia.

«Nonna non c’è più, vero?»

La me di dodici anni fa una cosa che non mi sarei mai aspettata dalla me di dodici anni. Mi abbraccia. Consola, così, anticipatamente un dolore che non è ancora stato il suo. La starò traumatizzando? Ero venuta qui per aiutarla, e invece. Devo andare via.

La nonna è morta il mese scorso. Se n’è andata in un modo straziante ma silenzioso, tipico suo. Pare che poco prima abbia detto qualcosa sul fatto che volesse un gelato, un gelatino piccolo. Che strane cose ci succedono da vecchi. A volte penso che siamo soltanto dei pupazzi con la vita dentro. Corpi che hanno qualcosa di sensato da dire finché sono funzionali le loro batterie. Non per questo bisogna risparmiarne la carica temendo che possano sprecarla in parole insensate. Coccolo questa me di dodici anni, accarezzo il suo vano batterie. Ha il diritto di giorcarsele come vuole, sono sue.

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«Sei brava a disegnare, le somiglia molto».

«Grazie. Beh, che volevi dirmi? Che errori sto facendo?»

«Niente d’importante. Ah, la nonna oggi fa 82 anni, non 83! Dovresti sistemare le candeline».

«Meno male che me l’hai detto! Lei è così orgogliosa!»

«Siilo anche tu di te stessa. Sei in gamba».

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Il ritratto di nonna è abbastanza fedele. Ci siamo io e lei circondate di cuori ripieni di polvere ammazza-tartarughe. E al momento va bene così.

«Prima che te ne vada, volevo chiederti una cosa…»

«Dimmi tutto».

«A che serve quella specie di mascherina che porti legata al braccio?»

(Immagine di copertina: Elizaveta Dushechkina on Pexels)

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Su di me: il cielo stellato

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