Once Upon a Time in Hollywood: Il cinema può salvare il mondo?

Questa recensione-riflessione sul nono film di Quentin Tarantino è colma di spoliers, attenzione!

L’attesissimo nono film di Quentin Tarantino è arrivato nelle sale italiane il 18 settembre del 2019. Dopo l’annuncio del film e la presentazione del cast i fan di Tarantino, tra cui me stessa, erano letteralmente andati in visibilio e, di certo, le aspettative non risultavano essere basse. Ad oggi però, i fan tarantiniani che hanno visto il film hanno opinioni divergenti: c’è chi dice che è un film poco tarantiniano e che Tarantino ha inaugurato un  nuovo stile cinematografico e chi invece lo definisce il suo miglior film. Personalmente, credo che il regista DJ non si è tradito, anzi. Il caro Quentin ha confermato le sue ben note abilità artistiche, soprattutto la capacità di far convivere in armonia più generi cinematografici nella stessa trama.

Prima di illustrarvi un po’ la mia personale opinione sul film e dirvi qual è stata la mia parte preferita, facciamo un piccolo recap sulla trama.

Los Angeles, 1969. Una giovanissima Sharon Tate (interpretata da Margot Robbie) neo-sposa di Roman Polanski si crea la sua nicchia di successo nel mondo cinematografico hollywoodiano,  mentre Rick Dalton (Leonardo Di Caprio) assiste impotente al suo declino da star/cattivo dei western statunitensi. In coppia con lui c’è sempre Cliff Booth (Brad Pitt), il suo stuntman, miglior amico ed autista che lo accompagna per tutto il film.

Dalton, sostenuto da Cliff, cerca di riprendere in mano la propria carriera artistica accettando di trasferirsi oltreoceano per sei mesi a girare i “spaghetti-western”. Nonostante i coniugi Polanski e lo stesso Dalton siano vicini di casa, le vite di Sharon Tate, Rick Dalton e Cliff Booth  percorrono rotte ben separate. A fare da cornice a questa fiaba tarantiniana, troviamo le vicende degli hippy e della Manson Family, stabilitasi alla Spahn Ranch.

Non mi dilungherò a esaltare le qualità e l’eccellente performance di tutti i membri del cast, né tanto meno l’incredibile fotografia, le musiche pazzesche, i costumi da paura e tutto il resto che, considerando la cura maniacale ai dettagli di Tarantino, è come sempre impeccabileVi dico subito, però, che il film scorre lento, ha un nonché di morbido, che ti fa chiedere se puoi effettivamente rilassarti e spaparanzarti sulla comoda poltroncina oppure se devi sempre tenere la guardia alta perché la scena splatter può arrivare da un momento all’altro.

E la scena splatter non arriva mai, mentre invece piovono riferimenti di ogni tipo alla cultura cinematografica Western degli anni 60-70’ con cameo importanti, spezzoni presi da pellicole di un certo rilievo e soprattutto rimandi continui ad altri film dello stesso regista, i più immediati da cogliere sono chiaramente per Django, Bastardi Senza Gloria e Kill Bill, ma sono sicura che i veri fan di Quentin Tarantino e gli amanti del genere Western ne avranno colti molti di più.

Ma miei cari, vi siete chiesti quando avete visto il trailer del film, quando avete visto la città ed il periodo storico in cui è ambientato e, soprattutto, quando avete scoperto il fatto che la trama si intrecciasse la vita di Sharon Tate e la Manson family, perché cavolo il titolo fosse Once Upon a time in Hollywood? Che poi in italiano sarebbe “C’era una volta a Hollywood”.

Io sì, me lo sono chiesto. E sono stati proprio gli ultimi 15 minuti del film a rispondere a queste domande, lasciandomi alla fine una sensazione che non riesco a descrivere, un misto tra sincera commozione, brividi ed uno sprezzante sorriso amaro, perché Quentin Tarantino questa volta ci ha veramente regalato una fiaba.

Quando ho visto i ragazzi della Manson Family in auto appostati all’inizio del viale che conduce al 10050 di Cielo Drive, dove si trovano le ville di Dalton e dei Polanski, nella notte del 9 agosto 1969 ho iniziato a capire che il finale sarebbe stato mostruoso.Mostruosa, d’altronde, è stata quella notte di cinquant’anni fa per Sharon Tate, Jay Sebring, Wojciech Frykowski e Abigail Folger.

Tutti noi abbiamo la convinzione che la Storia non può cambiare, che quello che leggi sui libri, sui blog o sugli articoli giornalistici è successo ed è immutabile e ciò ci fornisce, per certi versi, una sensazione di certezza e giustezza, anche se la storia in questione è tutto fuorché giusta. Ma non per il nostro Quentin Tarantino.

Perché nel film Tex Watson, Susan Atkins, Linda Kasabian e Patricia Krenwinkel entrano nella casa sbagliata, o meglio: cambiano piano, decidono di uccidere Rick Dalton, riconoscendo l’attore dal suo ruolo in “Bounty Law”, per protestare contro il sistema hollywoodinao che “insegna a uccidere fin da bambini”. E purtroppo per loro incontrano un ubriaco, allucinato dall’uso del LSD ma fortissimo Cliff Booth, il suo cane Brandy e Francesca (la moglie di Dalton). E la scena splatter arriva, ed è bellissima, con i Kasabian in sottofondo.

Ma non  è questo il momento in cui ci si dovrebbe sentire percorsi dai brividi. Quel momento arriva quando Sharon Tate, incinta di 8 mesi, viene a sapere della “disavventura” dei suoi vicini ed invita Dalton ad entrare da lei per un drink. E poi esce di casa e lo accoglie con un abbraccio. Ed è proprio lì che spunta quel sorriso amaro, nel momento in cui capisci che la storia narrata da questo film non è la Storia, ed ha un lieto fine.

E allora può il cinema riscrivere la Storia?

Non è facile rispondere a questa domanda: l’effetto di un mutamento fantasioso di un percorso storico può non essere  sempre positivo, a maggior ragione se tale evento risulta essere una ferita ancora aperta qualcuno. In questo caso Debra Tate, sorella di Sharon, ha inizialmente protestato contro la volontà del regista di inaugurare la prima visione del film nel cinquantesimo anniversario di morte della sorella. Tuttavia, dopo aver preso visione della pellicola, ha dichiarato di essere piacevolmente colpita dalla performance di Margot Robbie:

Mi ha fatto piangere perché sembrava proprio Sharon. Il tono nella sua voce era completamente Sharon, e mi ha toccato così tanto che grandi lacrime (hanno iniziato a scendere). La parte anteriore della mia camicia era bagnata. In realtà ho visto mia sorella di nuovo…quasi 50 anni dopo.

Mentre, in merito al film ha affermato:

Quando ho letto l’intera sceneggiatura, sapevo che la vera carne della storia sarebbero stati i personaggi di Leo e Brad Pitt. Voglio dire, ora vorrei davvero che Quentin Tarantino avesse fatto la storia di Sharon Tate, e mi piacerebbe vedere Margot recitarvi…Ma quello non era il film che Quentin aveva scritto, e io lo sapevo e l’ho capito. Ed era la sua visione. Non direi mai che ha fatto un lavoro così meraviglioso, e un lavoro rispettoso nell’onorare una situazione particolare, ma che dovevano fare la mia versione della storia. Anche se vorrei davvero che l’avesse fatto.

Sinceramente, non lo so se il cinema possa salvare la Storia, sicuramente può addolcirla, descriverla in modo profondo e renderci più sensibili ad essa e può indubbiamente aiutare a diffondere la verità. Forse non si può salvare la Storia e nemmeno addolcire questa di storia, ma Quentin Tarantino ci propone un’alternativa. Il nostro regista ha preso una posizione sulla vicenda ed ha deciso di modificarne il finale con la sua arte, invitando tutti quanti a salire sull’unica macchina del tempo esistente: proprio il cinema.

Immagini tratte dal film Once upon a time in Hollywood

“Fino al giorno in cui mi minacciarono di non lasciarmi più leggere, non seppi di amare la lettura: si ama, forse, il proprio respiro?” (Harper Lee) Ciao a tutti! Sono Mirjam e faccio parte del team di blogger di Cogito! Scrivo di ciò che vedo, mi piace leggere, ascoltare musica, fare foto e prendere una valigia e scappare tutte le volte che ne ho l'occasione.

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