Totoro, o la comunicazione con Dio

Nel mese di luglio Cogito et Volo pubblicherà i migliori contributi raccolti attraverso l’ultima Call for papers primaverile. Tra gli autori di questi ultimi verranno selezionati i futuri collaboratori del sito. I contributi già pubblicati sono reperibili qui. Per chi non avesse partecipato e volesse condividere le proprie idee e inviare un contributo singolo – articolo, racconto o poesia – è sempre possibile farlo: non smettiamo mai di metterci in gioco!

Per chi non lo conoscesse, Il mio vicino Totoro è un lungometraggio d’animazione del celebre regista giapponese Hayao Miyazaki, creatore di molti altri universi immaginari, che meriterebbe un articolo per sé. Totoro, uscito nel 1988, è forse uno dei personaggi più conosciuti e riconoscibili della produzione di Miyazaki, tanto da diventare, nel 1991, il logo dello Studio Ghibli, studio di produzione di questa e altre opere.

Per la trama semplice e per via delle giovani protagoniste, molti riducono il film a una semplice fiaba per bambini, sicuramente anche a causa della bassa considerazione che il mondo occidentale ha verso l’animazione, ingiustamente tacciata come infantile e, per questo, di poca importanza. Senza inoltrarci troppo sulla trama, per cui vi rimando alla visione del film (presente anche su Netflix), tratterò in questo articolo alcuni elementi che potrebbero non essere chiari a chi non ha dimestichezza con la cultura nipponica o con aspetti religiosi distanti, almeno apparentemente, dalla nostra realtà e che dimostreranno come i cartoni animati non sempre siano da prendere troppo alla leggera. Questo sarà solo un assaggio di analisi a uno dei temi presenti nel film ma quello che mi auguro è di suscitare curiosità e desiderio di scoperta.

Totoro e le due protagoniste della storia, la piccola Mei e la sorella maggiore Satsuki

L’elemento chiave, che accompagna tutta l’opera, è il rapporto tra l’uomo e Dio. Infatti Totoro, questa sorta di grande animale peloso, pur essendo frutto della fantasia di Miyazaki, è riconducibile alle miriadi di divinità che vivrebbero assieme agli uomini secondo lo shintoismo, la religione autoctona del Giappone. Totoro vive all’interno di un grande albero poco lontano dalla casa dei protagonisti, vive nello spazio incolto, opposto all’ordine culturale dell’uomo. Non è semplice, però, poterlo incontrare. La via per raggiungere la sua “casa” è scoscesa, una salita che inizia dal torii d’ingresso, una sorta di portale, un cancello che separa il mondo dell’uomo dal mondo del divino. Anche il passaggio segreto che scopre Mei, la più piccola delle due protagoniste, è un intricato tunnel tra rovi e radici, altro simbolismo di distacco, che sparisce quando Mei cerca di mostrare la via scoperta alla sorella maggiore e al padre. Per alcuni sarà un paragone azzardato ma nessuno può negare la similitudine, per noi più familiare, con Alice e la tana del Bianconiglio.

Un frame dal lungometraggio, realizzato dal regista giapponese Hayao Miyazaki

Si faccia ora attenzione a chi riuscirà effettivamente a vedere Totoro e i suoi “amici”. In effetti, oltre al grande orso peloso, troviamo altri due piccoli Totoro, il misterioso Gattobus e i nerini del buio, di cui facciamo la conoscenza nelle prime scene della pellicola. Solo le giovani protagoniste avranno la possibilità di conoscere le misteriose creature, invisibili agli occhi degli adulti, con una parziale eccezione: la nonnina. L’anziana signora, quando svela il mistero dei nerini alle bimbe appena conosciute, afferma che anche lei, quando era bambina, era in grado di vederli. La caratteristica comune di questi personaggi, oltre al genere femminile, è la loro età, più vicina alla morte, all’altro mondo, al divino, di quanto non lo siano gli adulti. Più vicine perché, le prime, sono nate da poco, non hanno ancora raggiunto la maturità e, pertanto, non fanno ancora parte a pieno titolo della civiltà dell’uomo. La seconda, in quanto anziana, ha concluso il suo ruolo attivo nella comunità ed è prossima alla morte. Non facendo parte del gruppo, sono tutte figure in qualche modo emarginate, “non umane” o comunque in misura minore rispetto agli altri e, di conseguenza, in grado di stabilire più facilmente una connessione con il divino. Una prova di questo lo abbiamo nel momento in cui le bimbe, assieme al padre, percorrono il labirinto di radici che poco prima aveva condotto Mei alla tana di Totoro, non più raggiungibile ora che con loro è presente il padre: adulto e per di più uomo!

Le protagoniste assieme a Totoro e al Gattobus

Una volta incontrata la divinità, resta il dubbio di come comunicare. Totoro non parla. Il divino non parla, almeno non con la lingua degli uomini. Ecco che si grida ai nerini del buio, si urla assieme a Totoro, e la comunicazione con il divino deve avvenire attraverso mezzi, in questo caso l’urlo, non riconducibili al normale linguaggio dell’essere umano, immerso invece nel suo di linguaggio, nella sua civiltà, e lontano dalla divinità. Per capire quanto questo sia condiviso da culture di tutto il mondo non serve andare tra gli sciamani e i loro stati di trance. Ecco che nella cultura araba il libro sacro, il Corano, da alcuni è tradotto anche come «grido» e, al contrario, la figura di Satana, detto «colui che bisbiglia», non parla ma sussurra. Basta restare all’interno del nostro stivale per riconoscere nel lamento funebre, studiato dall’antropologo De Martino, ancora una volta una comunicazione incomprensibile secondo la comune lingua dell’uomo.

Alcuni noteranno che più su ho accennato alla figura femminile come opposto a quella maschile, lasciandola un po’ in sospeso, ma non per nulla. Nella cultura giapponese tradizionale, la donna è per più versi collegata al divino. Ma questa è un’altra storia e si dovrà raccontare un’altra volta.

Il trailer de Il mio vicino Totoro

Articolo a cura di Mattia Pasotti.

avatar

Antropologo nipponista. Fotografo mancato. Docente a tempo perso. Affascinato da ogni forma di alterità, offro il mio piccolo contributo per portare lo “studio dell’uomo” sullo schermo di tutti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.