Mare fuori: un incredibile inspiegabile successo

Premessa

La serie TV Mare fuori, dopo essere approdata sulla piattaforma Netflix e dopo l’uscita recente della terza stagione, pare aver riscosso un notevole successo. Il prodotto RAI, ormai uscito nel 2020, è diventato un vero e proprio culto, trovando numerosissimi fan sia tra gli adulti che tra gli adolescenti. Il frutto di tutto questo successo è dovuto ad una serie di fattori che analizzeremo nel corso di questo articolo.

Sarò parecchio critico: a mio avviso è un’opera che riporta il mondo delle serie TV italiane indietro di 20 anni. Se è pur vero che un enorme successo c’è e l’aspettativa nei confronti di Mare fuori rimane alta, questo di certo non è dovuto a una qualità intrinseca della serie, che rimane un prodotto mediocre.

Immagine tratta dalla serie

Il mix dei punti dolenti è vario: a partire dalle scarse capacità attoriali dei personaggi, passando per i notevoli buchi di trama, passaggi della narrazione forzati, una storia irrealistica soprattutto sotto il profilo giudiziario; una regia sommaria che mostra tutti i suoi limiti nei flashback e in quelle scene di snodo che avrebbero dovuto avere una intensità maggiore, ma che appaiono invece insipide.

C’è qualcosa che non va

I temi trattati sono molteplici, anche se il filo conduttore della storia è essenzialmente quello narrativo di un’ipotetica realtà.

Siamo all’interno di un Istituto Penitenziario Minorile, ispirato al carcere di Nisida di Napoli. I punti centrali sono il tentativo da parte dell’amministrazione dell’istituto di aiutare i ragazzi a riscattarsi da una vita dedita alla criminalità. Infatti all’interno dell’IPM sono detenuti tutti ragazzi che hanno commesso dei reati molto gravi: troviamo omicidi, camorristi, stupratori, spacciatori, rapinatori. Partendo dalle storie individuali di ognuno, Mare fuori cerca di intrecciare una storia omogenea che possa in qualche modo filare dritto, con uno scarso risultato.

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La bandiera retorica sventolata dalla produzione RAI, nel suo vano tentativo di porsi in contrasto con altre serie tv che trattano il tema della criminalità, ree di spettacolarizzare il male e di influenzare negativamente i comportamenti dei ragazzi, come dovrebbe essere stato per Gomorra o Romanzo Criminale. È in parte anche questo che ha decretato il successo della serie, ma analizziamo punto per punto tutti gli aspetti salienti di Mare fuori.

Trama

Carmine Di Salvo e Filippo Ferrari sono due persone molto diverse tra loro: il primo ha l’aspirazione di diventare un parrucchiere professionista, ma proviene da una famiglia camorrista dalla quale desidera allontanarsi per costruirsi un futuro migliore. Il secondo è un pianista, originario di una famiglia benestante di Milano, che si trova in vacanza nella città partenopea con tre amici, accusato di omicidio colposo. Entrambi finiscono per essere arrestati e trascorrono il periodo di custodia cautelare in un carcere minorile, dove incontrano problemi con Ciro Ricci, un capo camorrista e figlio di un boss locale.

Filippo e Carmine sviluppano un’amicizia molto profonda che ha un’influenza incisiva sull’IPM, dando il via a una serie di eventi significativi all’interno e all’esterno del carcere.

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Nel frattempo la direttrice dell’istituto Paola Vinci assieme al comandante Massimo Esposito e all’educatore Beppe Romano si sforzano di recuperare in ogni modo possibile i giovani che abitano l’IPM. Ognuno di loro, grazie alle proprie esperienze personali e lavorative, cerca aiutare i ragazzi a capire che esiste sempre una via alternativa alla criminalità.

Personaggi

Il cast è veramente ricco di personaggi, troviamo adulti e ragazzi interagire all’interno e fuori dell’IPM. Purtroppo le cose interessanti da dire sugli interpreti e sui personaggi non sono particolarmente positive. È abbastanza lodevole il tentativo di creare un ventaglio di personaggi più o meno rappresentativi di tutta la società penitenziaria minorile e dei quartieri napoletani, ma il risultato è assai mediocre.

Mediamente gli attori non sono convincenti, molti hanno problemi di dizione e di espressività e questo contribuisce a rendere alcune delle scene chiave della serie piuttosto limitate e poco intense. Coerente invece con il contesto la scelta di utilizzare dei soprannomi, cosa piuttosto tipica nella città di Napoli: il Pazzo, il Chiattillo, la Pecora, Tarantella, Pirucchio ecc…

In generale sono chiaramente gli adulti gli interpreti migliori: degni di nota sono la direttrice Paola Vinci interpretata dalla ben nota Carolina Crescentini, famosa per la serie italiana Boris; il comandante Massimo Esposito interpretato da Massimo Recano; ottimo lavoro per il cantante Raiz che interpreta Don Salvatore Ricci in un ruolo calzante anche per il suo aspetto.

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I giovani

Tra i giovani invece degni di nota farei decisamente meno nomi. Se paragoniamo Mare fuori a precedenti prodotti che coinvolgevano giovanissimi interpreti non possiamo dire che sotto questo aspetto sia stato fatto un grande lavoro. Vi sono sicuramente alcuni giovani che hanno del potenziale e che convincono maggiormente come Artem Tkachuk, già interprete nel film La paranza dei bambini, e che in Mare fuori è Pino O’ Pazz, un ragazzo molto irrequieto e vivace. Ma al di là di pochi sprazzi interessanti e di prove attoriali complesse, il quadro generale è comunque modesto.

La forza e la debolezza di Mare fuori passa però anche attraverso ai numerosissimi personaggi. Se da un lato è vero che l’avere così tanti protagonisti è servito a far entrare in empatia quanti più spettatori possibile, è anche vero che una massa così importante risulta ingestibile nel corso delle puntate e lo spazio a disposizione per i singoli nel minutaggio complessivo è limitato. Questo porta a una scarsa caratterizzazione dei personaggi e alla difficoltà di mostrare una vera evoluzione degli stessi, con l’effetto di creare diverse lacune e contraddizioni nel corso della storia.

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Insomma, i beniamini degli spettatori, per quanto di buona volontà e più o meno rappresentativi della società, non riescono a mostrare tutto il loro potenziale, venendo di fatto “bruciati” da una mancanza di spazio e di approfondimento, creando dei personaggi stereotipati e banali.

Musiche

Punto di forza di Mare fuori: le musiche sono sorprendentemente interessanti. Contribuiscono al successo popolare della serie, ma anche sotto il profilo della qualità rendono il prodotto TV interessante. Le musiche e la colonna sonora sono affidate a Stefano Lentini che porta una preponderanza della musica classica, segno di purezza, una sorta di Arancia Meccanica che attraverso l’uso lindo e candido del pianoforte cerca di pulire le coscienze da chi l’ha macchiata con la criminalità.

Completano il quadro le ormai iconiche canzoni cantate dai ragazzi stessi, che sono entrate nelle orecchie degli ascoltatori come dei tormentoni. La voce adolescenziale e il cantico di malinconia, crudezza, sofferenza trasformano le canzoni nate dal carcere in un gospel moderno fatto di rap, pop e canzone napoletana.

Ambientazioni

Se i personaggi sono macchiettistici, stereotipati o banali, lo stesso possiamo dire della rappresentazione del carcere minorile, della città di Napoli e della Camorra. A dire il vero di Napoli vediamo poco, giusto qualche quadretto e ripresa fugace, per contestualizzare la storia.

Anche l’IPM viene rappresentato in maniera anomala, sembra quasi un collegio o una scuola, probabilmente frutto della retorica “salva vita” della serie. Tanto è vero che questo aspetto, voluto, verrà sottolineato anche nel corso della serie stessa.

L’elemento ambientale più caratteristico è il mare fuori che dà anche il titolo alla serie. Una metafora di speranza che si mostra al di là delle sbarre dell’IPM.

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IPM, Napoli e Camorra

Se i personaggi sono probabilmente uno dei punti più bassi della serie, al secondo posto non può che esserci la storia e l’irrealisticità narrativa degli aspetti giudiziari e criminali.

Spesso nel corso delle puntate assistiamo a situazioni anomale per il mondo giuridico, ma pur mettendo da parte questo aspetto, sacrificato per meglio esaltare la storia, non possiamo fare altro che notare una certa forzatura nello svolgimento dei fatti.

La trama è anche piena di buchi, molti eventi vengono lasciati in sospeso, altre cose non vengono spiegate o semplicemente vengono lasciate morire. Insomma una storia che manca di logica, fluidità e di coerenza. In particolare la narrazione che viene fatta della Camorra risulta essere piuttosto stereotipata.

Ci sono principalmente due clan che si fronteggiano nella storia, quella dei Di Salvo e dei Ricci. In realtà non si conosce bene il territorio controllato dai due gruppi criminali e a chi possano ispirarsi le due famiglie nella vita vera. Ad ogni modo, la narrazione del cosiddetto “Sistema“, che ai fini della trama dovrebbe essere centrale, appare invece molto banale, volta per lo più ad “appagare” l’occhio del telespettatore che si aspetta di vedere quanto rappresentato.

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La spettacolarizzazione del male

La serie si pone in contrasto con lo sviluppo di film e serie tv del passato che a detta di alcuni “critici” avrebbe influenzato negativamente i giovani. Manipolati da una sorta di spettacolarizzazione della criminalità e fascinazione del male.

Questo prodotto Rai invece dovrebbe narrare la realtà, o meglio alterare la realtà, portando una visione più ottimistica per i giovani. Serie tv come Gomorra, Romanzo criminale o film come La paranza dei bambini, avrebbero creato situazioni e personaggi in cui gli spettatori si sarebbero immedesimati e che li avrebbe poi portati a delinquere.

Ovviamente questa è una paura infondata, in primis perchè non vi è alcuna evidenza che questo sia avvenuto. Inoltre le serie come Gomorra sono narrative della realtà, quindi descrivono fatti, modi di fare e di esprimersi che sono tratti da storie veramente accadute. Con l’obiettivo di descrivere le cose per come sono, non alterarle, è la serie quindi che assorbe il vissuto e non viceversa.

Mare fuori cerca invece di porsi in contrasto con il passato di prodotti cinematografici e televisivi simili che trattano gli stessi temi, deformando però la realtà con il risultato di creare un mondo surreale e stereotipato.

Immagine tratta dalla serie

Tutto questo è utile? Direi di no, perché la violenza e la criminalità vengono viste ogni giorni nei quartieri e nelle strade in cui i giovani vivono. Rappresentare scene irrealistiche da action movie rende solo ridicola la narrazione.

I motivi del successo

Eppure com’è possibile tutto questo enorme successo per una serie così modesta? A ben guardare sono diversi gli addendi che contribuiscono a rendere Mare fuori un prodotto di così grande culto.

Il primo è il fortissimo campanilismo: i progetti televisivi che provengono dalla città partenopea hanno sempre, indipendentemente dalla qualità, generato un grande successo (e ve lo dice uno che la conosce bene quella terra, avendola vissuta); l’attaccamento degli abitanti per una qualsiasi cosa che racconta di Napoli porta sempre con sé motivo di grande orgoglio.

Trattandosi di un prodotto RAI è stata fatta una enorme pubblicità e spessissimo il cast è finito in televisione, addirittura sul palco di Sanremo. Pertanto l’essere un prodotto pervasivo e onnipresente ha contribuito ad arrivare nelle case di milioni di spettatori. A rincarare la dose è stata la distribuzione Netflix per le prime due stagioni, una piattaforma in grado di influenzare con il suo palinsesto, la scelta del fruitore del servizio.

Le musiche coinvolgenti e la sigla che diventa una sorta di jingle radiofonico, timbro e icona dell’intera serie («ce sta o’ mar’ for»).

Infine i temi trattati: moltissimi e spesso visivamente ingestibili, ma che danno una percentuale di “contentino” a tutti gli spettatori, ma che trasforma tutta la tematica della serie in una traccia di tipologia D della prima prova di maturità, ossia una ricerca di retorica e banalizzazione dei temi volta all’accondiscendenza del telespettatore che in qualche modo si sente appagato.

Immagine tratta dalla serie
Conclusioni

Nel suo complesso non mi sento di accodarmi alle lusinghe lanciate da altre recensioni. Mare fuori è una serie che tratta dei temi importanti in modo banale e confusionario, che entra nel cuore dello spettatore inondato dal vittimismo dei protagonisti. Purtroppo si è persa una occasione di produrre un prodotto vincente esportabile in tutto il mondo, in continuità con altre serie vincenti del passato, rimanendo relegato alla solita serie all’italiana.

Tutte le immagini sono tratte dalla serie.

Sono nato a Brescia nel 1994. Laureato in Giurisprudenza, lavoro in banca, pratico Muay Thai, mi interesso di criminologia, diritto, economia, storia e cinema. Scrivo per diletto, per passione e offrire un punto di vista personale rispetto a quello che ci circonda.

2 Comments

  1. Appunto lei è di Brescia e quindi ha di certo i suoi pregiudizi in primis nei confronti del cast di giovanissimi attori in genere del sud .Mi chiedo se per esempio i vari riconoscimenti che ha ottenuto Massimiliano Caiazzo dalla critica siano stati dati da fans giovani in calore o se oggettivamente ,come credo ,l’attore è bravo ed in parte come ripeto la maggior parte dei critici sostiene .
    Vuole un’idea fresca fresca partorita in questa immensa calura? Crei lei una serie ambientata a Brescia e con attori locali ,che tocchi temi capaci di colpire tutti ,giovani e adulti : se basta il campanilismo ce la può ampiamente fare e in bocca al lupo per la riuscita .
    Ps il 2 luglio Massimiliano Caiazzo sarà a Trieste (città in provincia di Napoli ovviamente ) a ritirare l’ennesimo premio , immeritato ovvio in base al suo illuminato parere (scevro da ogni pregiudizio ) vedremo come sarà accolto
    Pss ovviamente di serie che sono capolavori siamo circondati ,forse per questo si apprezza una serie capace di emozionare anche i non di madre lingua? Ah saperlo

    1. Gentile Flora,
      la ringrazio per il suo commento, anche se avrei preferito ricevere dei commenti più incentrati sul contenuto di ciò che è stato scritto anziché attacchi personali. Tuttavia, risponderò volentieri. Come avrà notato, il mio cognome è “Attanasio” e, come lei sa, non si tratta di un cognome bolzanino. Sono cresciuto nel rione Sanità, vicino alla storica casa di Totò, e parlo fluentemente il dialetto napoletano. Sono profondamente immerso nella cultura partenopea e, per essere sincero, credo che sia proprio nella Sanità che si respiri la vera essenza di Napoli. Pertanto, ritengo di essere una delle persone più qualificate per commentare un’opera come “Mare fuori”. Inoltre, posseggo una vasta conoscenza della cinematografia campana, il che potrebbe spiegare il motivo per cui mi sono permesso di scrivere una breve recensione sulla serie. Tuttavia, devo ammettere che non essendo né un regista né un produttore, non sarei il candidato ideale per creare una serie o un film ambientato a Brescia. Fortunatamente, ci hanno già pensato Ermanno Olmi con il bellissimo “Albero degli zoccoli”, il maestro Pasolini con “Salò” o, se preferisce un esempio più recente, Guadagnino con “Chiamami col tuo nome”. Inoltre, ci sono molte opere che riguardano Brescia e i suoi dintorni con attori giovani. Non è il campanilismo (quasi del tutto assente a Brescia) ad essere il motore di spinta di un prodotto cinematografico.

      Riguardo a Massimiliano Caiazzo, uno dei protagonisti, posso dire che è sicuramente uno dei ragazzi più talentuosi, e nel corso della serie si vede chiaramente la sua crescita artistica. Anche al di fuori della serie, le esperienze cinematografiche che ha avuto dimostrano una buona maturità artistica. Non conosco approfonditamente il festival ShorTS di Trieste, ma se non sbaglio il premio viene assegnato per l’insieme delle opere realizzate e non per una singola prova attoriale a una giovane promessa, ma potrei sbagliarmi.

      Detto ciò, anche ammettendo che Caiazzo si salvi, i problemi evidenziati nell’articolo rimangono. Una rondine non fa primavera e la trama, la sceneggiatura e la regia sono nettamente carenti.

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