Chi si ferma non è perduto

Davvero sicuri che compiere duemila (distr)azioni al minuto aumenti la nostra efficienza?

Segni l’agenda mentre parli al telefono e controlli le mail al computer. Nel frattempo, qualcuno nella stanza richiede la tua attenzione, stai già pensando a cosa preparare per pranzo e come passare la sera. Stai seguendo tutto allo stesso modo? Probabilmente no. Non starai davvero prestando attenzione al PC, né tantomeno afferrando la discussione dell’interlocutore al telefono. Ma allora perché sottoporsi alla tortura del multitasking?

Multitasking (credits to Chiara Siracusa)

Siamo nell’epoca della frenesia: sempre più veloce, ma sempre più efficiente? Se si tratta di macchine e computer può darsi, ma per quanto riguarda la macchina uomo, questo è fuori discussione. È chiaro ormai da tempo alla comunità scientifica (sebbene essa stessa si trovi nel podio della classifica “predicare bene e razzolare male”).

Quante volte poi abbiamo sentito la frase “chi si ferma è perduto”? Quale senso di inadeguatezza ha fatto scaturire in noi. Il doversi per forza confrontare con gli altri, procedere al passo nella stessa corsia.  

L’epoca della frenesia: neurobiologia del multitasking

Sebbene la parola stessa possa darci l’idea di attività svolte in contemporanea, in realtà si sta costringendo il nostro cervello a passare repentinamente da un’azione all’altra ed effettuarle in successione rapida (per gli anglofili switching rende bene l’idea).

Multitasking, quanto mi costi

Analisi sull’attività  cerebrale in soggetti impegnati (artificialmente, nel corso di esperimenti) in diverse attività allo stesso tempo, hanno mostrato che la struttura cerebrale non è adatta a questo. Nel caso di piccole attività quotidiane, nella peggiore delle ipotesi lasciamo cadere qualcosa o dimentichiamo l’oggetto della conversazione. Ma alcune situazioni possono diventare molto pericolose.

  1. In termini di tempo, ricercatori, quali Rogers e Monsell, hanno valutato che i tempi di reazione, quando si cerca di saltare da una cosa all’altra, sono significativamente maggiori. Il controllo esecutivo, infatti, ha due fasi distinte ma complementari. La prima è la “scelta dell’azione”, la seconda è l’”attivazione” per focalizzare la nostra attenzione su quella precisa scelta. Le fasi si succedono in maniera inconscia, ma se passiamo ad una nuova azione immediatamente, il rischio è che si sovrappongano, con ridotta efficienza e conseguentemente più probabilità di errori. Non stiamo dando al cervello il giusto tempo di riassettarsi, aumentando la competizione delle azioni per la sua totale attenzione. Specialmente se si tratta di compiti difficili o con cui non siamo familiari.
  2. Neuroscienza: molecole ed energia. Neuroscienziati come Levitin, ci ricordano che lo stress causato da troppe attività è reale, indicato da livelli secreti di cortisolo e adrenalina. Le informazioni vengono processate da aree sbagliate del cervello e non nell’ippocampo, quindi non verranno ricordate. In termini energetici, le riserve di glucosio vengono prosciugate, diminuendo l’efficienza dei processi e aumentando la stanchezza. Inoltre, la durata della nostra attenzione viene ridotta di molto. Da ricordare quando si programma una lezione ad un pubblico di studenti o ascoltatori, la nostra attention span è di una quindicina di minuti, leggermente superiore negli adulti. Significa che il cervello ha bisogno di pause, e se le prenderà da sé, se non gliele concediamo noi. Forzarlo con il multitasking può diminuire questo già breve intervallo, rendendoci più distratti e smemorati.
L´intervallo di attenzione varia con l’età e importantissimo nel settore scuola.
Credits to National Cancer Institute (Unsplash)

Tutta colpa della modernità?

È un dato di fatto che viviamo nell’epoca del multitasking. I giovani sono i cosiddetti nativi digitali, e forse ne sono più affetti perché non lo hanno imparato, ma sono nati invischiati in questa rete (in tutti i sensi del termine). Ma riguarda tutti ormai. Il nostro nuovo coltellino svizzero è lo smartphone, con mille funzioni ed informazioni di tutti i tipi sempre a disposizione: è lui l’apoteosi del multitasking.  

Smartphone come coltellino svizzero 2.0 (Credits to Chiara Siracusa)

Aggiornare il feed piace ai nostri cervelli

Avere il mondo a portata di mano è estremamente eccitante. Abbiamo l’illusione, potente e diabolica di poterlo controllare. Il multitasking produce un circolo di dopamina nel momento di acquisire stimoli sempre nuovi. Stimoli che vengono tradotti in produzione endogena di oppioidi nei centri della ricompensa del cervello, portandoci alla ricerca di piccole distrazioni nuove e soddisfacenti, anziché completare dei compiti unici e più grandi.  Sentiamo un senso di realizzazione, gli ormoni della ricompensa vengono scaricati, anche in corrispondenza del senso di novità che ci sommerge quando vediamo il feed aggiornato dei social, o la nostra casella dei messaggi/e-mail. Non a caso feed significa “nutrire”.

Tecnologia: odi et amo.

Pur senza demonizzare uno strumento estremamente utile e che ha davvero rivoluzionato in positivo le nostre vite, si deve ammettere che una fonte di stress lo è. Come diminuirlo?

Togliendo le opportunità, spegnendo ogni tanto le notifiche o il cellulare, chiudendo le mille schede che non ci servono nel nostro motore di ricerca. La ricezione è immediata e continua, interrompendo la nostra concentrazione, in maniera quasi invadente. Non è tanto “torniamo a carta e calamaio”, ma piuttosto un prendiamoci del tempo e degli intervalli specifici da dedicare a chiamate, mail e messaggi.

Cercando di essere più consapevoli di come ci sentiamo e cosa vorremmo. Se siamo più coinvolti in qualcosa, per passione, le distrazioni ci tenteranno di meno. Ed essendo questione di abitudine, è chiaro che la cosa possa essere acquisita e trasformata in una buona prassi.

Pinball (credits to Wes Hicks, Unsplash)

L’essere assaltati da fatti (o pseudofatti), lancia l’attenzione del nostro cervello come la famosa pallina di Pinball. Sballottolato da una cosa all’altra, si ritrova a filtrare cosa è interessante, importante o no. E a scuola, per esempio, questo interferisce con l’apprendimento, così come sul luogo di lavoro con la produttività, incrementando in entrambi i casi rischio di esaurimento e stress.

Equilibrio, come sempre

La durata della nostra attenzione è limitata, e ci ricorda dell’importanza delle pause, di fermarci e riposare. È chiaramente un bisogno dalla durata e frequenza soggettiva, ma è di tutti.

Siamo in una società ed è giusto fare qualcosa per noi, ma anche contribuire per il bene di tutti, senza però il sacrificio estremo, senza correre a perdifiato come ci hanno sempre insegnato.  E dal punto di vista di un’italiana all’estero, quale lo stupore di vedere fuori una cultura del lavoro molto più rispettosa del singolo e della famiglia. Equilibrio dunque, facile a dirsi, impossibile a trovarsi, ma doveroso da ricercare. 

Prendi fiato.

Per approfondire

Your Brain Map: Learning Strategies for Everyone (opencolleges.edu.au)

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Bianconiglio da Alice nel Paese delle Meraviglie (Disney)

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In bilico tra lettere e numeri, tra agende e ispirazioni fugaci. Perché alla fine “desiderosi di creare, di generare e di divenire” bisogna amare la vita.

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