Joe Biden è (quasi) il nuovo presidente degli Stati Uniti

Il candidato del Partito democratico è a un passo dalla vittoria: lo scrutinio è quasi giunto al termine e il risultato sembra sempre più chiaro

Cogito et Volo dedica alle elezioni presidenziali statunitensi uno speciale con approfondimenti sul sito e contenuti extra su Instagram e Facebook. Esploreremo le principali tematiche della campagna elettorale in corso, vi guideremo nella sfida tra Biden e Trump e commenteremo i risultati e le conseguenze, per l’America e per il mondo. Qui trovate tutti gli articoli già pubblicati.

I media americani non si stanno esponendo troppo, forse memori di quanto accaduto quattro anni fa con previsioni e sondaggi palesemente sbagliati. Sta di fatto che Joe Biden, il candidato del Partito democratico, è davvero ad un passo dall’essere il prossimo Presidente degli Stati Uniti. Al momento può contare su 253 grandi elettori certi, contro i 214 dello sfidante Donald Trump. Ne mancano, dunque, appena 17 per la vittoria finale, che ormai sembra vicina.

La situazione: mancano cinque Stati, tra parentesi i grandi elettori assegnati. In North Carolina (15) il presidente uscente Donald Trump ha un vantaggio di 80 mila voti, quando lo spoglio è arrivato al 95%. L’impressione è che possa effettivamente vincere questo Stato, nonostante siano considerati validi i voti per posta arrivati fino al 12 novembre, purché spediti entro il 3. In Pennsylvania (20) Trump è avanti di circa 160 mila voti, quando è stato scrutinato il 91% delle schede. Manca parte di quelle arrivate per posta, che sono in maggioranza per Biden e che potrebbero garantirgli un sorpasso al fotofinish. In ogni caso, lo scrutinio non terminerà prima di venerdì mattina, ora italiana. In Georgia (16), con il 96% delle schede scrutinate, Trump è avanti di 19 mila voti. Mancano però da scrutinare 50 mila voti provenienti da aree densamente popolate, dove Biden sembra essere andato molto bene. Anche qui è attesa una possibile rimonta, ma non avremo risultati definitivi fino a notte inoltrata, ora italiana. In Arizona (11) e Nevada (6) la situazione sembra essere più chiara. In entrambi i casi lo spoglio è arrivato all’86% e Biden ha un buon margine di vantaggio, che dovrebbe mantenere, tanto che Fox News gli ha assegnato l’Arizona già nella mattinata italiana del 5 novembre. Per quanto riguarda il Nevada, ci saranno aggiornamenti alle 18 italiane, per l’Arizona bisognerà attendere l’1 di notte, ora italiana. Non sono, invece, più contendibili Michigan (16) e Wisconsin (10), gli Stati della “rust belt” che nel 2016 avevano consegnato a Trump la vittoria: sono passati ai democratici. Dunque, per diventare il prossimo presidente degli Stati Uniti a Joe Biden è sufficiente vincere in Arizona e Nevada.

L’elaborazione grafica curata dal New York Times: Biden è avanti in Nevada e Arizona, che sarebbero sufficienti per la vittoria finale, ma sembra poter recuperare anche in Pennsylvania e Georgia.

In un anno sorprendente e pieno di imprevisti come il 2020, le elezioni americane non potevano certamente essere una passeggiata. Tra i vari scenari che avevamo ipotizzato nei giorni e nelle settimane precedenti al 3 novembre, si è realizzato quello più al cardiopalmo: un lunghissimo, eterno conteggio dei voti in un testa a testa all’ultimo ballot. C’era chi pensava di assistere ad una vittoria di Biden con ampio raggio ed era sicuro di poter andare a dormire nella notte tra il 3 e il 4 novembre ad un orario decente e con il cuore leggero, intorno alle 6 di mattina, sperando che la Florida si sarebbe colorata di blu nella cartina della CNN (che ormai ci si è stampata sulle palpebre). Ovviamente non è successo.

Questa attesa estenuante è già di per sé qualcosa di nuovo, è già qualcosa di importante, un momento storico: è dovuto soprattutto al voto per posta, che sebbene sia una pratica in uso da anni, quest’anno ha avuto un gran successo per via della pandemia, facendo sì che più di 80 milioni di schede siano arrivate in anticipo per posta e tante debbano ancora arrivare (c’è tempo fino al 12 novembre). In più, essendo il governo degli Stati Uniti federale, ogni Stato decide da sé come conteggiare i voti, quando e quali contare prima. Siamo in un momento di stallo, attendiamo notizie nelle prossime ore (in America è notte, dopotutto). Possiamo però già dire qualcosa di interessante su queste elezioni.

È stata registrata l’affluenza alle urne più alta di sempre, pari a più del 65% degli aventi diritto di voto, e quindi più di 150 milioni di voti. Sono percentuali che non si registravano dal 1908, quando però il diritto di voto non era ancora stato concesso alle donne. Nel 2016 l’affluenza era stata del 55,7%. A livello di voto popolare, Joe Biden è stato il candidato alle presidenziali più votato di sempre (al momento il New York Times segna 71.962.752 voti). Ha superato anche il record precedente, detenuto da Barack Obama, che nel 2008 era stato eletto con 69.498.516 voti. E il numero è destinato a salire di molto: deve essere ancora scrutinato un quarto dei voti della California, lo Stato più popoloso, roccaforte dei democratici. Secondo le stime, Biden potrebbe arrivare alla cifra record di 80 milioni, pari al 52% dei votati. Si badi bene che anche Donald Trump potrebbe arrivare ad una cifra molto alta, quasi a 70 milioni di voti, ben sette in più rispetto al suo personale risultato del 2016. Cosa ci dice tutto questo?

In situazioni straordinarie c’è bisogno di un impegno civile straordinario. Solo limitandoci a quest’ultimo anno dell’amministrazione Trump, in America ne sono successe tante: la pandemia ha causato più di 200.000 morti e messo in difficoltà l’economia, ha creato tante divisioni all’interno del paese tra i vari Stati, sia per via delle differenti maniere di trattare l’epidemia da parte dei governatori, sia per la mancanza di decisioni forti dal governo centrale. Ci sono stati i numerosi e violenti scontri in seguito alla morte di George Floyd per il movimento dei Black Lives Matter. C’è stata la morte della giudice della Corte Suprema Ruth Bader Ginsburg. C’è stata la procedura di impeachment contro Donald Trump.

L’America ha reagito. Non tanto esprimendo una preferenza per Joe Biden, quanto partecipando al voto come mai prima. In un momento così delicato e complesso, queste elezioni sono state vissute come le più importanti della storia americana recente. La stampa ha insistito molto su questo nei mesi scorsi. Lo ha fatto molto anche Biden nella sua campagna elettorale. L’ha fatto Barack Obama con il suo ultimo discorso in sostegno dell’amico ed ex-vice presidente: un discorso forte, potente, uno dei migliori della campagna. Si ha l’impressione che non ci sia in gioco “solo” la presidenza, ma che sia a rischio la struttura e la natura stessa della democrazia americana.

L’ultimo, emozionante messaggio dell’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama prima delle elezioni del 3 novembre

In questo senso, devono farci riflettere la reazioni opposte dei due candidati all’esito del voto. Donald Trump si è autoproclamato vincitore già nel corso della notte elettorale. Ha poi denunciato brogli, chiesto di bloccare il voto Pennsylvania, di riconteggiare le schede in Wisconsin e di fare chiarezza sull’Arizona, dove ad un certo punto erano state formulate stime errate. Tutte accuse e stime senza alcun fondamento, come certificato anche dagli osservatori dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Insomma, ha urlato molto. Joe Biden, invece, ha affrontato la notte così come ha impostato tutta la sua campagna elettorale: con pacatezza e rispetto. Ha invitato tutti a recarsi al voto, non ha mai insultato il rivale, né risposto ad attacchi personali. Non ha alzato la voce nemmeno quando Trump ha cercato di forzare la mano proclamandosi vincitore. Ha tenuto una conferenza stampa stando attento che tutti mantenessero il distanziamento fisico, come ha sempre fatto (a differenza del suo rivale, che continua ad organizzare affollati comizi). E in quella conferenza stampa ha detto una cosa semplice e commovente: se vittoria dovrà essere, non sarà di Biden, ma della democrazia americana, «e non ci saranno Stati blu o rossi».

Conferenza stampa di Joe Biden del 4 novembre, ora americana, disponibile sul suo profilo Twitter. Da qui è tratta anche l’immagine di copertina dell’articolo.

L’America è con il fiato sospeso: ha bisogno di ritrovare unità e stabilità, ha bisogno di un leader in grado di calmare gli animi, di prendere decisioni. Biden sarà l’uomo adatto? Non lo sappiamo. Ma di sicuro la sua lunga carriera politica ha un che di rassicurante. Sarà in grado in queste straordinarie circostanze di dare risposte efficaci, altrettanto straordinarie? Lo vedremo, forse. Quello che importa ora, è che gli americani si siano fatti sentire.

Articolo a cura di Martina Raule e Alvise Renier.

avatar

Cogitoetvolo è un sito rivolto a chi non accetta luoghi comuni, vuole pensare con la propria testa e soprattutto essere protagonista del presente.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.