Altro che Spotify, riscopriamo le playlist su nastro

Dopo il vinile è l’ora di riscoprire anche le musicassette e i walkman degli anni ’90. E con essi l’incertezza di un ascolto non più controllabile.

Nel mese di luglio Cogito et Volo pubblicherà i migliori contributi raccolti attraverso l’ultima Call for papers primaverile. Tra gli autori di questi ultimi verranno selezionati i futuri collaboratori del sito. I contributi già pubblicati sono disponibili qui. Per chi non avesse partecipato e volesse condividere le proprie idee e inviare un contributo singolo – articolo, racconto o poesia – è sempre possibile farlo: non smettiamo mai di metterci in gioco!

Fin da quando sono nato, mio padre mi ha cresciuto all’insegna della musica: dapprima quella italiana, che un bambino piccolo può apprezzare e capire meglio (il che vuol dire Fabrizio De André, nonostante i testi complicati che avrei capito dieci o quindici anni dopo), per poi passare alla collezione di musica hard rock e metal della sua adolescenza. Il tutto, però, girava attorno a dei piccoli oggetti di forma rettangolare, della dimensione di 10 x 6 cm, che gli appassionati di musica avevano già dimenticato e che gli hipster non hanno mai fatto tornare di moda: le musicassette!

Negli ultimi anni il vinile è diventato un vero e proprio status symbol della cultura hipster. Quando sarà il turno delle musicassette? Foto di tiburi.

Brevettata nel 1963 dalla Philips e presentata il 30 agosto dello stesso anno al Berlin Radio Show, una delle più antiche fiere di tecnologia in Germania, la Compact Cassette era stata pensata per la dettatura e la registrazione portatile, ma ben presto si diffuse molto velocemente in un altro ambito.

Le sue dimensioni ristrette, la facilità di trasporto e la quantità di tracce registrabili sul nastro magnetico contenuto al suo interno, infatti, ne fecero il supporto privilegiato per l’ascolto della musica; senza contare la possibilità di essere riprodotta in auto, fruizione non possibile con il vinile. Ma fu solo negli anni ‘70-‘80 che la nuova invenzione raggiunse il momento di massima notorietà, grazie soprattutto all’introduzione da parte della Sony del celeberrimo walkman, un riproduttore poco più grande della cassetta stessa che da quel momento in poi poteva essere riprodotta senza alcun ingombro. Ben presto, il walkman entrò a far parte della cultura cult dei ruggenti anni ’80, per poi rimanere un’icona dello stile di vita positivo e della musica synth pop del decennio. Si pensi, per esempio, al modello posseduto dal supereroe Marvel Star-Lord nella saga di film dedicata ai Guardiani della Galassia.

Leggi anche: la storia di Another brick in the Wall, una canzone senza tempo, che va perfettamente a tempo nel tempo in cui ciascuno sceglie di ascoltare i Pink Floyd.

Per quanto mi riguarda, da bravo appassionato di musica “vecchia” e di tutto ciò che è vintage, negli anni mi sono dedicato alla collezione di un centinaio di vinili (ma il numero è destinato ad aumentare), senza mai prestare troppa attenzione a quelle cassette che sono state il mio primo contatto con la musica. Qualche settimana fa, però, in uno di quei negozi di oggetti usati pieni di polvere, ho trovato un walkman degli anni ’90 funzionante e non ho potuto resistere al richiamo di scoprire un modo di vivere la musica diverso da ciò a cui sono abituato.

Il classico walkman Sony, disegnato e rivisitato da Sharan_Vijayagopal.

Sì, perché alla fine, sia quando scorro tra le mie playlist di Spotify, sia quando accendo il giradischi, io so perfettamente cosa ascolterò, potendo scegliere la coda di ascolto o il punto esatto in cui appoggiare la puntina. Oltre al fatto che sono sicuro della buona qualità delle canzoni. Ma tutto questo viene un po’ meno con le cassette, per vari motivi.

Quello più semplice è che il nastro non lo si può vedere, non si riesce a capire quando una canzone finirà, quindi se ti piace o hai voglia di ascoltarla, ben venga, altrimenti sei obbligato a far scorrere il nastro un po’ alla volta. Stando sempre attento a non perdere l’inizio di quella successiva. E poi, la canzone che vuoi ascoltare tu si trova sul lato A o sul lato B? E da che parte devo mettere la cassetta per ascoltare il lato su cui è incisa quella canzone? Il nastro è al punto giusto? Come faccio a trovare il punto giusto?

Leggi anche: la playlist Spotify ufficiale di Cogito et Volo, una selezione accurata di musica, parole e spunti di riflessione, effettuata da tutto il team del blog.

Se per certi versi tutti questi aspetti rendono l’ascolto un po’ difficile, quantomeno all’inizio, una volta superato l’ostacolo (o meglio, una volta fatta l’abitudine), l’ascolto delle cassette mi ha regalato qualcosa di nuovo: l’incertezza di un ascolto non controllato. Questo perché mio padre, come la maggior parte dei ragazzi della sua generazione, ha sfruttato uno dei vantaggi del nastro magnetico e si è registrato canzoni di album e artisti diversi sullo stesso nastro. O, ancora meglio, erano gli amici a farlo per lui, per fargli conoscere cose nuove, senza curarsi di indicare titolo, artista o anche solo qualche informazione generica. In questo senso, le playlist con cui Spotify ti propone brani che potrebbero piacerti sono nate in questo modo, anche se le cassette funzionano meglio, mentre con lo streaming hai subito mille informazioni nello spazio di una schermata, che ti distraggono dalla scoperta che stai vivendo. Con il walkman questo non è possibile.

L’indomabile nastro delle musicassette, foto di markusspiske.

Per fare un esempio, scavando nei cassetti dell’armadio di mio padre, ho trovato una custodia intitolata “The Doors”, solo che, quando ho fatto scorrere il nastro, mi sono trovato ad ascoltare tutt’altro. C’era una sola canzone della band indicata sul dorso; per il resto c’era una versione oltremodo lunga di Cocaine di Eric Clapton, qualcosa dei Led Zeppelin e quel leviatano psichedelico di 17 minuti che è In-A-Gadda-Da-Vida degli Iron Butterfly. Tutte canzoni che conosco, ma che non mi ricordo mai di ascoltare e che, probabilmente, se avessi saputo che erano contenute nella cassetta che avevo in mano, avrei deciso di non ascoltare.

Leggi anche: una riflessione sul nostro presente musicale. La musica di una volta era davvero migliore? È tutta colpa della trap?

È stato qualcosa di diverso, qualcosa di incontrollato, sia prima che dopo aver fatto girare le piccole bobine magnetiche e ai tempi di internet e dei social, che ci bombardano di informazioni anche per quanto riguarda l’ambito del music business, è stata un’occasione piacevole, grazie alla quale mi sono fatto guidare da qualcun altro in un’esperienza umana come quella dell’ascolto della musica. Una persona, in carne ed ossa, forse mio padre, forse un suo amico, ha registrato una playlist ad hoc, pur non conoscendomi: devo dire che ha un fascino diverso da un algoritmo che analizza ogni mia mossa.

Articolo a cura di Mirko Mattiuzzo. Immagine di copertina di Pexels.

avatar

Cogitoetvolo è un sito rivolto a chi non accetta luoghi comuni, vuole pensare con la propria testa e soprattutto essere protagonista del presente.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.