Il Bel Paese all’Eurovision

Statistiche, chicche e curiosità sui nostri connazionali al festival canoro europeo. Rinfreschiamoci la memoria…

In occasione della ripresa dell’Eurovision Song Contest come evento live a Rotterdam, la redazione di Cogito et Volo ha deciso di dedicarvi un breve speciale composto da articoli e contenuti social su Instagram e Facebook. Nei giorni del festival rimarremo aggiornati sulle performance in gara, senza dimenticarci di passare dal viale dei ricordi, per poi concludere con un commento finale dopo la serata conclusiva, il 22 maggio.

La tradizione ci vuole santi, poeti e navigatori, ma anche come creatori di competizioni musicali non ce la caviamo male; infatti leggenda narra, insieme a Wikipedia, che la nascita del nostro amato Eurovision Song Contest sia avvenuta proprio grazie all’input di un italiano. Nel 1955, Sergio Pugliese, un dirigente RAI, propose all’Unione Europea di Radiodiffusione di creare una gara canora continentale sul modello del già esistente Sanremo, la cui prima edizione era stata nel 1951, e la sua idea ebbe evidentemente successo.

Altra cosa però è la storia degli artisti che si sono susseguiti nel rappresentarci, dei metodi con cui sono stati scelti e delle loro belle o brutte figure, ed è proprio di questo che tratteremo nell’articolo di oggi.

Chi mandiamo all’Eurovision?

Strano ma vero, il binomio vincitore di Sanremo – partecipante all’Eurofestival non è un’invenzione dei giorni nostri. Già nella primissima edizione svoltasi Lugano, quando i partecipanti richiesti erano due, vennero spedite in missione canora le prime classificate a Sanremo 1956, Franca Raimondi e Tonina Toninelli. Non conosceremo mai la loro posizione in classifica – mai rilasciata per quella particolare edizione – ma sappiamo che si sono esibite cantando in italiano le stesse canzoni con cui avevano trionfato al Festival nostrano.

Audio originale dell’esibizione di Franca Raimondi all’Eurovision 1956 in cui cantò il brano Aprite le Finestre

Nei successivi anni di partecipazione il collegamento con Sanremo rimase sempre, a maglie più o meno strette. Per esempio ci furono edizioni in cui al vincitore del Festival veniva richiesto di portare in Europa un inedito nuovo di zecca, e altre, invece, in cui a partecipare furono i secondi o i terzi classificati. Anche dopo la lunga pausa di riflessione dell’Italia – tra il 1997 e il 2011 -i primi due chiamati a ri-partecipare all’Eurofestival, Rapahel Gualazzi e Nina Zilli, vennero selezionati in quanto vincitori di Sanremo Giovani. Ci sono state tuttavia alcune eccezioni, come il breve periodo negli anni ’70 in cui la scelta fu collegata alla vincita di Canzonissima, oppure l’edizione 2014, in cui Emma Marrone fu mandata in Danimarca su incontestabile giudizio della dirigenza Rai, purtroppo classificandosi fra gli ultimi.

Emma nel 2014 si esibisce sul palco dell’Eurovision cantando La Mia Città, classificandosi 21esima

Ci si potrebbe chiedere se quello di Sanremo sia un buon criterio, e, qualche malalingua, potrebbe anche insinuare che questo collegamento tra i due concorsi faccia sentire il suo peso nella scelta del vincitore all’Ariston, dove sempre più spesso vediamo trionfare ritornelli catchy e orecchiabili. Una cosa è certa: questo metodo ‘salomonico’ ci ha quasi sempre garantito un buon posizionamento e soprattutto evitato litigi fra vari artisti e case discografiche.

C’è chi vince e c’è chi perde

Andiamo al sodo: l’Italia in questa competizione si è arresa al ruolo di eterna seconda, almeno da qualche anno. Rinfreschiamoci la memoria e facciamo un salto nei tempi gloriosi in cui qualcuno è veramente riuscito nell’impresa di accalappiarsi i favori dei nostri cugini europei. La primissima vittoria italiana fu conquistata nel 1964 da Gigliola Cinquetti, che andò fino a Copenaghen per cinguettare – perdonate il pessimo umorismo – Non ho l’età. La nostra seconda e ultima vittoria risale, invece, a ben trentuno anni fa, quando nel 1990 Toto Cotugno si esibì con Insieme: 1992, lasciando probabilmente il pubblico folgorato dalla sua capacità di prevedere il futuro. Da allora calma piatta.

Toto Cutugno si esibisce a Zagabria come partecipante all’Eurovision nel 1990.

Certo, qualcuno recentemente si è avvicinato al podio: lo stesso Raphael Gualazzi arrivò secondo nel 2011, forse come sintomo di gioia per il ritorno del Bel Paese al Festival, dal quale si era allontanato per un decennio a causa di non ben definiti screzi tra organizzatori europei e la dirigenza Rai. Sconvolgente rimane il terzo posto de Il Volo nel 2015 che aveva fatto sperare in una facile vittoria, giocandoci la carta della lirica. E infine Mahmood, che nel 2019 portò i suoi ritmi orientali a Tel Aviv, guadagnandosi solo il secondo posto, sorpassato da un cantautore olandese.

Ma non dobbiamo abbatterci se non siamo dei vincitori seriali, d’altra parte tendiamo raramente a occupare le ultime posizioni. In tutta la storia del concorso abbiamo collezionato solo un fondo classifica, nel 1966, quando niente di meno che Domenico Modugno gareggiò con Dio come ti amo. Canzone che peraltro ebbe in Italia discreto successo e da cui fu addirittura tratto un cosiddetto musicarello, in cui cantava e recitava Gigliola Cinquetti. Tra gli altri brani poco fortunati ricordiamo La mia città di Emma, che arrivò ventunesima, ma comunque non ultima, e quello di Francesca Michelin nel 2016, ovvero la versione italo-inglese di Nessun grado di separazione.

Una giovanissima Francesca Michelin si esibisce con il suo brano in doppia lingua italiano\ inglese.

Con un’ultima osservazione sullo stile italiano all’Eurovision bisogna riconoscere la fedeltà alla nostra lingua madre, che poche volte è stata tradita a favore del respiro più internazionale fornito dall’inglese. Questa integrità morale e artistica sembra essere particolarmente apprezzata dagli altri paesi che non mancano mai di assegnarci qualche sostanzioso punteggio nella serata finale. Una curiosità? Gli unici ad aver avuto il coraggio di presentarsi con un brano in inglese furono Al Bano e Romina, in entrambe le edizioni in cui parteciparono.

Sognare un cuoricino tricolore

Logo ufficiale italiano per l’Eurovision.
(fonte Wikipedia)

Ogni anno si rinnova la speranza di uscirne vincitori, e questa edizione gli occhi sono tutti puntati sui Maneskin con il loro stile unico e innovativo. Facendo i nostri migliori auguri alla rock band non resta che chiederci: se conquistassimo il podio, dove si svolgerebbe il nostro Eurovision? Speriamo di scoprirlo e potervi partecipare presto!

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Studentessa di Giurisprudenza che mangia Pop Culture a colazione e ve la racconta nel tempo libero. Trovo sempre il pelo nell'uovo ma non per questo disprezzo la frittata. Metà ironica, metà malinconica. Da grande voglio fare la Mara Maionchi. (@jadesjumbo)

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