Il pensiero dominante

Va diffondendosi sempre più una cultura che si dichiara “alternativa” al politicamente corretto e contraria al “pensiero imposto dall’alto”. Una riflessione.

A pochi giorni dalla finale del mondiale di calcio il noto giornalista sportivo e opinionista di Mediaset Paolo Bargiggia ha pubblicato sul proprio profilo Twitter un post molto polemico nei confronti della nazionale francese.

Una nazionale completamente autoctona, un popolo di 4 milioni di abitanti, identitario, fiero e sovranista: la #Croazia, contro un melting pop di razze e religioni, dove il concetto di nazione e Patria é piuttosto relativo: la #Francia. #iostoconlacroazia 🇭🇷 #WorldCup

— Paolo Bargiggia (@Paolo_Bargiggia) 11 luglio 2018

Nella stringatezza dei suoi 280 caratteri il tweet entra a gamba tesa – tanto per usare il gergo calcistico – su due questioni molto sentite, anche nel nostro paese: la presenza degli oriundi tra le fila della nazionale e più in generale l’opposizione tra due modelli di stato, la «società aperta» e la nazione «sovranista». Come non è difficile immaginare, la mobilitazione dei social e l’annessa polarizzazione politica della questione sono state immediate. A fronte delle miriadi di accuse di xenofobia e razzismo, ecco spuntare l’hashtag #iostoconpaolo. Tra i tweet, le risposte e le condivisioni pubblicate sul profilo del giornalista tra il 12 e il 13 luglio si trovano bandiere croate per ogni critica, ma anche e soprattutto manifestazioni di sostegno: da Mirko che lo apprezza perché «dice quello che pensa e si espone senza problemi», fino a Mark che rincara le accuse alla nazionale francese, «esempio di colonialismo». Nel mezzo spuntano insulti a Mario Balotelli – mai legati al colore della pelle, bensì alla sua «testa calda» e scarsa abilità calcistica -, al Partito Democratico e alle magliette rosse, ma anche il richiamo ai recenti fatti di Ventimiglia – è lo stesso Bargiggia a tirarlo in ballo, accusando il «popolo bue» di aver dimenticato – e a tutti gli italiani suicidatisi per aver perso il lavoro – sottinteso «a cui nessuno pensa mai». Insomma, quanto basta per far scoppiare un caso mediatico e portare Mediaset a prendere le distanze dalle affermazioni del proprio dipendente, il quale ha approfittato di un’intervista rilasciata ad AGI per raccontare la propria versione dei fatti.

La difesa di Bargiggia esula dal contenuto trattato e si basa invece su un assunto generale molto semplice: nella società in cui viviamo chi agisce e parla “fuori dal coro” viene emarginato e duramente accusato, almeno finché non ritira le proprie affermazioni.

Il mio caso è emblematico – afferma il giornalista – per dimostrare che il pensiero dominante travolge tutto, tu non puoi avere una posizione diversa che vieni tacciato di razzismo.

La domanda a questo punto sorge spontanea: che cos’è questo «coro» e soprattutto ci siamo dentro o no? L’idea di un pensiero dominante va di pari passo a quella di una società che agisce come fosse un corpo unico e dunque come un insieme più o meno vasto di persone che condividono passioni, pulsioni e convinzioni. Si tratta di una schematizzazione sempre più in voga nell’opinione pubblica e nell’agone politico e non è difficile comprendere perché: la società e il pensiero che la dominerebbe sono entità astratte cui si possono attribuire tutti i mali di questo mondo (quante volte abbiamo sentito frasi del tipo «l’uomo è infelice perché vive in una società egoista»?). Quando parliamo di pensiero dominante solitamente abbiamo ben presente una schematica descrizione: è il pensiero del “politicamente corretto”, degli intoccabili (omosessuali e Chiesa), della libertà privata “incondizionata”, del progresso scientifico a tutti i costi e dell’utilitarismo come filosofia di vita. Di fronte a questo modo di agire di noi “pecoroni”, uomini come Bargiggia si ergerebbero come baluardi del «vero» pensiero libero, come ricorda Enrico sul profilo Twitter del giornalista: «Quello che è davvero difficile da trovare, è un giornalista che pensa con la sua testa, invece di piegarsi al pensiero unico di regime (sinistro)». Non stupisce dunque che il web si schieri soprattutto dalla parte dell’esperto di calciomercato, la cui opinione è percepita come “genuina” e soprattutto opposta alle logiche di un pensiero dominante sempre “imposto dall’alto”. In fin dei conti, come ricorda Bargiggia stesso, il reato d’opinione non esiste in Italia e la parola razza compare persino nella nostra Costituzione, dunque tutte le accuse che hanno fatto seguito al suo tweet sarebbero in realtà basate soltanto sulla prurigine causata da un pensiero “non allineato”.

Qual è il rischio di questo modo di ragionare? L’intolleranza. Sembra paradossale ma non è tanto il contenuto del tweet a fomentare l’odio razziale, quanto la difesa assunta da giornalista. La crociata contro il pensiero dominante porta a screditare i principali “creatori” di pensiero, ovvero giornalisti, scrittori, uomini di cultura e intellettuali, rei di voler occultare la verità. L’idea che vi sia un pensiero dominante “imposto dall’alto” ha che fare inevitabilmente con la logica del complotto. Il passo successivo è accettare derive sempre più estreme, come sta accadendo anche nel nostro paese. Quando nel 2014 più di trecento migranti perirono in mare l’opinione pubblica italiana esplose di sdegno e tutti – dal governo a Papa Francesco – si impegnarono formalmente affinché qualcosa del genere non potesse più accadere. Che cosa rimane oggi di quello sdegno positivo? Come siamo passati dalla condivisione del dolore allo sdoganamento dell’odio in nome di un pensiero dominante da combattere?

Quello di Paolo Bargiggia è un tweet come tanti, diventato notizia quasi per caso. A preoccupare non dev’essere il post, ma la mentalità che lo sottende, che pian piano sta facendo molti proseliti. Non si tratta di essere “buonisti”, ma di osservare la realtà con spirito critico: il pensiero dominante non esiste. Esistono le opinioni, le correnti di pensiero, i partiti politici, gli orientamenti religiosi e filosofici. Esiste la complessità. Il rischio di farci vincere dalla semplificazione è dietro l’angolo. In questo senso occorre ribadirlo: le parole del giornalista di Mediaset sono da condannare a prescindere dalla propria scuola di pensiero, perché rispolverando il concetto di razza si dimostra retrogrado, anti-storico e anti-scientifico.

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Perdutamente affascinato dalla domanda che il pastore errante dell'Asia non riesce a trattenere di fronte al cielo stellato: «Che fai tu Luna in ciel?». È lo stupore il sale della vita! Amante della realtà in tutte le sue sfaccettature: continuamente teso alla ricerca della meraviglia e dell'infinito. Acerrimo nemico dell’indifferenza e terribilmente curioso, assetato di conoscenza, inguaribile ottimista. Scrivo per andare oltre, al cuore della realtà.

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