Nomadland, l’incertezza del sogno americano

Nomadland

Dopo aver vinto il Leone d’oro a Venezia e due Golden Globe, il film di Chloé Zhao Nomadland punta all’Oscar come miglior film

Cogito et Volo dedica anche quest’anno una particolare attenzione alla corsa agli Oscar 2021, con approfondimenti sul sito e contenuti extra su Instagram e Facebook. Daremo un’occhiata da vicino a tutte le otto pellicole candidate per il miglior film, con recensioni e curiosità, e commenteremo i risultati finali all’indomani della notte degli Oscar, che si terrà il 25 aprile. Qui trovate tutti gli articoli già pubblicati.

Nomadland è il film che saremmo andati incuriositi a vedere al cinema. Dopo essersi aggiudicato il Leone d’oro alla 77esima edizione del Festival del Cinema di Venezia, il film ha fatto incetta di premi ricevendo riconoscimenti internazionali da parte delle più prestigiose rassegne cinematografiche. Dagli USA e dal Canada al Regno Unito e all’Europa, tutti rimangono incantati da Nomadland e dalla magistrale regia di Chloé Zhao, che nella narrazione romanzata della vita della protagonista – la sessantenne Fern, interpretata da Frances McDormand – riesce a racchiudere la crudezza e la profondità di un documentario.

Frances McDormand in Nomadland, candidata per il premio Oscar come miglior attrice. Credits: Starlight Pictures

Empire, Nevada: la Grande recessione e l’incertezza del sogno americano

Nomadland è una pellicola dalla trama molto semplice, che segue alcuni mesi della vita di Fern. Fern ha sessant’anni e durante la sua vita ha sempre lavorato. Impiegata come contabile nella grande città di Empire, in Nevada, si ritrova in poco tempo a perdere il marito e il lavoro. Sono gli anni della grande recessione, considerata dagli economisti una delle peggiori crisi economiche del XX secolo. La crisi del mercato immobiliare americano dovuta ai mutui sub-prime innescò a catena un tracollo finanziario, che portò alla bancarotta della Lehman Brothers, e una crisi industriale, che causò la chiusura di molte attività produttive. Tra queste la US Gypsum plant, impresa impiegata nella produzione di cartongesso, che sorgeva ad Empire da ben 88 anni. Chiusa l’azienda, Empire non aveva senso di esistere, al punto che il suo codice postale fu rimosso, trasformando la città in un luogo fantasma.

Tramite una lettera di Frances McDormand, Amazon ha concesso le riprese in una vera warehouse. Credits: Starlight Pictures

Per chi perde il lavoro all’età di Fern non è affatto semplice ricominciare. I contratti di lavoro a cui riesce ad avere accesso sono pochi, a breve termine e dai ritmi sfiancanti. Nel corso del film la vediamo lavorare per Amazon, cucinare in una catena di fast-food, partecipare al raccolto delle barbabietole. Quasi con noncuranza, ma allo stesso tempo con una cura documentaristica, la regista Zhao pone l’attenzione su queste realtà sommerse, che diamo per scontate, in cui però la dignità del lavoro è quotidianamente minata dalle condizioni stremanti.

Nomadland, la terra dei nomadi moderni

Senza un’entrata fissa di denaro ed essendo costretta a lasciare la città dove si era stabilita, Fern decide di attrezzare un furgone e comincia per necessità ad attraversare gli Stati Uniti. «I am not homeless, I am houseless» ci tiene a puntualizzare, sottolineando la differenza tra chi è senza dimora e chi invece decide di appartenere alla strada. Durante il suo viaggio si trova infatti a fare la conoscenza di persone di tutte le età che hanno deciso o sono stati costretti ad abbracciare una vita non convenzionale, su quattro ruote. Alcuni dei personaggi che incontra non sono affatto inventati: è il caso di Bob Wells, nomade per scelta e autore di libri e video sulla vita in camper, che nel film interpreta una visione romanzata di se stesso.

Bob Wells, autore di libri e video sulla vita in camper. Credits: Starlight Pictures

Bob, Linda, Angela sono solo alcuni degli attori non professionisti nel cast di Nomadland che prendono parte alla narrazione di Fern contribuendo con la loro vera storia. Sono vandwellers, residenti dei camper e soprattutto sono persone reali. La vanlife sta diventando sempre più di tendenza, proponendosi come la nuova frontiera del lusso: popola le bacheche dei social come l’ennesima esperienza da provare per una vacanza alternativa – a patto che tutto, dagli interni alla carrozzeria, sia sinteticamente instagrammabile. E poi arriva il reportage camuffato da film di Chloé Zhao, che scostandoci dagli occhi i filtri fotografici ci mette di fronte alla quotidianità nomade, fatta di ingegno, fai da te e forte resilienza.

Chloé Zhao, orgoglio cinese poco gradito in patria?

Con Nomadland Chloé Zhao non colleziona soltanto premi ma anche primati. La regista è infatti la prima donna di nazionalità cinese a vincere un Golden Globe e a vedere la propria pellicola candidata agli Oscar. Se in un primo momento la notizia era stata accolta con grande orgoglio in patria, le cose sono cambiate quando gruppi nazionalisti che operano sul web con funzioni di censura hanno cominciato a diffondere spezzoni di interviste rilasciate in passato dalla regista. La principale accusa nei suoi confronti è quella di non essere “abbastanza cinese”: in fondo si è formata e lavora all’estero e ha criticato il suo paese d’origine, definendolo come un posto in cui ci sono bugie ovunque. In seguito, le date pianificate per il lancio del film nelle sale sono state cancellate e ancora non si sa quale sarà la sorte di Nomadland in Cina. Ad Hong Kong la principale emittente televisiva, Television Broadcasts Limited (TVB), ha annunciato che non trasmetterà la cerimonia degli Oscar. Quella che è stata annunciata come una “decisione puramente commerciale” coincide con la nomina di Nomadland e con quella del documentario Do Not Split sulle proteste democratiche ad Hong Kong. Solo il tempo dirà se Chloé Zhao otterrà anche in patria il riconoscimento che merita.

Dove guardarlo? In Italia Nomadland sarà disponibile su Disney+ a partire dal 30 aprile.

Credits immagine di copertina: Starlight Pictures

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Milanese, biotecnologa e bioinformatica. Curiosa per natura ho scelto di dedicare la mia carriera alla scienza. Di fronte a tutto ciò che passa sotto la lente di ingrandimento della mia curiosità, cerco sempre di ricordarmi che per trovare risposte bisogna fare le giuste domande.

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