A cavallo di un protone
Un libro illustrato per accompagnare i più piccoli nel mondo delle particelle elementari
Tutto ha inizio con la Curiosità.
Spesso, Curiosità e Creatività passeggiano a braccetto, scambiandosi domande e idee: il mondo brilla, quando s’incontrano, vivacizzandosi come non mai. È l’atmosfera in cui giocano i bambini, scoprendo la realtà passo passo e lasciandosi incantare dalle sfumature inaspettate di ciò che li circonda.
Ma è possibile spiegare le regole della fisica ad un bimbo di otto anni? Descrivere scientificamente gli atomi e spingersi oltre, definendo protoni, elettroni, neutroni… e addirittura scherzarci su?
Simone Baroni cerca di fare proprio questo, all’interno del suo racconto: prendere per mano Giulia e Luca, i due giovanissimi protagonisti della storia, e accompagnarli nel vivo della fisica delle particelle, coinvolgendoli in un viaggio nei regni quantici della materia.
Scoprire qualcosa di nuovo
Uno dei primi espedienti per avvicinarsi al microscopico mondo delle particelle subatomiche è l’esperimento dei saggi alla fiamma. Facile da condurre, affascinante da vedere, è un must per ogni insegnante che voglia portare la sua classe in un laboratorio di chimica… e lasciarla a bocca aperta.
Nato da un progetto di Faraday, il becco Bunsen è un bruciatore portatile che genera una “fiamma ossidante”, ovvero una fiamma ad alta temperatura colorata d’azzurro. Se un metallo viene esposto a questo intenso calore, è possibile notare un cambiamento nel colore della fiammella, che assumerà un aspetto diverso in dipendenza dal tipo di metallo utilizzato: così, il rame scintillerà di verde, come anche il boro; il litio farà sfavillare di rosso la fiamma, come il radio; il sodio, invece, emetterà un colore aranciato, vicino alla tonalità che produce il calcio.
Come dite? Cosa c’entra, questo, con le particelle?
Ebbene, il motivo della colorazione della fiamma è l’eccitazione degli elettroni del metallo sottoposto al suo calore. Energizzati dai 1400°C della fiammella, gli elettroni sono in grado di compiere un salto quantico e di emettere luce su diverse lunghezze d’onda, ciascuna tipica dell’identità del metallo saggiato. Il maestro Saverio, alter ego di Simone all’interno del racconto, spiega tutto questo con un gioco che richiede pochi ingredienti: due sgabelli di diverse altezze che rappresentino i livelli energetici degli elettroni coinvolti nel salto; alcune palline colorate che rappresentino l’energia data dal calore; due bambini che si facciano allegramente coinvolgere nella scena teatrale. Il tutto, sotto gli occhi di un lettore partecipe e sorridente.
La camera a nebbia
La camera di Wilson, inventata nel 1899 e perfezionata nel 1912, è una sorta di scatola raffreddata contenente vapore di alcool, predisposto a condensarsi quando qualcosa interviene ad alterarne lo stato. Quel “qualcosa”, in un contenitore isolato dall’ambiente, sono i raggi cosmici: composti di molteplici particelle diverse, lasciano tracce differenziate in base all’identità della componente subatomica entrata in contatto con l’alcool. I nuclei di elio, nello specifico, lasciano tracce più corte, nette e spesse; le particelle beta (che non sono altro che elettroni) si manifestano con tracce più sottili e a volte accidentate; i muoni, invece, lasciano scie più lunghe e rettilinee.
Il fisico americano Carl Anderson ha scoperto l’esistenza dei positroni tramite una camera a nebbia; Saverio, invece, coglie l’occasione per raccontare ai suoi due compagni di viaggio la radioattività ambientale, pur senza menzionarla. Vediamo di che si tratta, utilizzando solo un pizzico di complichese.
Nei luoghi che visitiamo tutti i giorni è presente una radioattività naturale, all’interno della quale si è tranquillamente sviluppata la vita. Un elemento nello specifico decade producendo elioni (detti anche “particelle alpha”): questo elemento è il radon, presente naturalmente nelle rocce e nel suolo ma capace di concentrarsi maggiormente nelle stanze e nei luoghi chiusi. Per questo, la normativa prevede una regolamentazione dei livelli di radioattività negli ambienti di lavoro, fissando un livello massimo per individuo pari a 3mSv (millisievert, un’unità di misura del danno derivato dalle radiazioni). Le particelle alpha visualizzate nella camera a nebbia arrivano, per la maggiore, da questa caratteristica e innocua radiazione ambientale.
Giocare con la scienza
I paragrafi che avete appena letto danno una vaga idea della reale complessità di quanto Simone riesce a spiegare in maniera divulgativa e giocosa all’interno del suo libro: agli adulti non è vietato cogliere i singoli spunti e approfondirli autonomamente, o integrare le informazioni presenti qualora il bimbo-lettore chieda di sapere di più.
Vi consiglio perciò di sfogliare questa fiaba, lasciandovi accompagnare dalla Curiosità nella sua passeggiata 🙂
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Immagine di copertina a cura di Fernando Aliste Sunkel