La cavalletta in armatura

cavalletta

Il racconto di una cavalletta che viene guardata, per una volta, con occhi diversi e che diventa, da insetto, un vero e proprio simbolo.

Frinisce, leggera, scalando uno stelo d’erba
Vive libera in salti e lievi voli
Sfidando il regno verde del prato

Conquista le corolle dei fiori
Inarcando le antenne all’aperto
S’innalza nella tiepida estate
La sua voglia di raggiungere il cielo
.

Ammira il sole d’agosto
Si nasconde nell’ombra incantata
È una placida cavalletta addormentata
Quella che tanto ti fa spaventare

Non calare la mano feroce
Su un insetto che respira innocente
Offrile invece un segno di pace
Per mostrarle un viso clemente
.

Rappresentazione artistica della cavalletta del racconto

Ho trovato un posto magnifico per sentirmi immerso nella vegetazione. Guardo l’impercettibile movimento della natura lungo la strada acciottolata: si apre incontaminata tra campi biondi su cui il sole si appoggia leggero, mentre il vento le fa da cornice spostando le foglie.
Seguo con l’occhio il danzare del grano, ma prima che lo sguardo arrivi all’orizzonte ecco che tu gli tagli la strada, cavalletta arrogante, rubi la scena al sole con il tuo apparire improvviso.

Salti? Voli? Cosa fai, mi domando: appari, nulla più.

In un solo istante e per pochi secondi attiri l’attenzione della Natura su di te, con il tuo goffo saltare, il tuo finto volare. Sei un pezzo di ramo secco che prende vita, che graffia il silenzio rompendo il vento, cercando attenzioni; ti sento forte ma ti vedo appena, mi passi davanti come uno schizzo di fango, non mi mostri da dove sei partita né dove ti sei lanciata.
Porti con te quella sensazione di ribrezzo con cui avvolgi lo spettacolo intorno a me. Non so se volevi saltarmi addosso o se ci riproverai, potevi andare ovunque e sei venuta proprio qua vicino, come un fulmine a ciel sereno.

Rimango a guardarti, dopo averti ritrovata fra l’erba: mi avvicino un po’ per farti sentire di non essere la benvenuta, con il tuo colore tra il grigio e il marrone, così simile ad una brace ormai spenta, insipida. Con movimenti ampi e dondolanti, conquisti la meta sulla punta delle zampe, senza fare rumore, allungando gli arti inarrestabili, pieni di arpioni per poterti aggrappare ovunque con facilità; sulla testa grigia, uno sguardo freddo e vorace, da sommergibile dotato di zampe che si muove solitario sul fondale marino.

Rimango a guardarti, così spigolosa verso l’esterno, dall’aspetto così primitivo e compatto: ti porti addosso un mantello di cemento, un vestito che somiglia all’armatura di un cavaliere maledetto che cammina lento, incutendo paura con il suo arrugginito sferragliare.
Ti fai vedere, ti avvicini, ma non ti lasci toccare; al minimo dubbio fai un salto in direzione opposta alla mia. Forse un po’ ti capisco, sai? Forse non siamo troppo diversi, e anche a te l’armatura serve per vivere nel mondo protetta da tutti i pericoli. Hai voglia di farti vedere, ma paura di farti conoscere – Anche tu stai tutta chiusa in te stessa, nonostante io sia qui che ti guardo e mi chiedo se allora, lì sotto, non ci sia un mondo molto più fertile dell’aridità che mostri all’esterno.

Ti guardo più da vicino e mi sembra di capirti meglio. Vivi sfiorando il terreno, mimetizzandoti, ma vuoi vedere il mondo come lo vede una stella: ora lo riconosco, nonostante quello che si vede dall’esterno dietro all’armatura c’è un cuore, un cuore indomabile e passionale che sprizza di curiosità, che pur silenzioso trabocca d’amore per la vita.

Senza rincorsa ti lanci, come una corda di chitarra pizzicata da un lampo, salti nel vento con la forza dei sogni che corrono nel cielo. Ad ogni salto, hai il desiderio che quello slancio si trasformi in un volo. Ti fisso mentre te ne vai, e vivo quel momento che vale una vita, mentre sei in volo, mentre ti muovi come un elicottero che si crede farfalla; per pochi istanti vedi finalmente il mondo dall’alto, come lo può vedere solo la stella che tanto ammiri e a cui vuoi somigliare, aprendo le zampe che ora non fanno più paura a nessuno ma mettono gioia in chi vede l’ombra di una stella di giorno e in chi sente la voglia di abbracciare il mondo, come te.

Salti e voli, voli e salti, in continuazione, sempre più lontano da me, che mi godo lo spettacolo: lo spettacolo di una cavalletta che guizza fuori da un mare del grano, e salto dopo salto cavalca, sperando sempre nel salto che la farà volare.

Immagine di copertina a cura dell’autore
Poesia iniziale a cura di: Chiara Tomasella

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Sono uno studente di Beni Culturali di Verona, mi piace viaggiare sia nella vita reale che attraverso i libri, sempre con la voglia di imparare qualcosa di nuovo. Cerco di esprimere come posso quello che penso e che sento attraverso la scrittura, a volte attraverso l'ironia.

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