CO2: ripulire il mondo si può?

Sembra che l’unica soluzione alla sovrabbondanza di CO2 nell’atmosfera sia rappresentata dalla sua eliminazione. Come farlo?

Hot topics, immancabili tra le notizie quotidiane di giornali e telegiornali, sono gli effetti del celeberrimo riscaldamento globale. Le immagini di nubifragi che ci sono recentemente giunte da Piemonte, Germania, Londra e Cina lasciano poco spazio all’ottimismo.

Il confine tracciato dall’accordo di Parigi sul cambiamento climatico, il quale poneva come obiettivo di limitare a 1.5°C l’aumento della temperatura media mondiale, è stato valicato. Esso prevedeva infatti che la concentrazione di diossido di carbonio (CO2) non superasse le 350 ppm (parti per milione). Purtroppo quest’anno la concentrazione ha raggiunto le 410 ppm.

L’anidride carbonica agisce infatti da serra, catturando il calore proveniente dall’energia solare e creando una bolla calda attorno alla Terra.

Immagine a cura di Markus Spiske su Unsplash

Sembra quindi che ora l’unica salvezza sia rappresentata dall’eliminazione della CO2 già presente. A tal proposito, l’eccentrico e visionario CEO di Tesla, Elon Musk, ha indetto il 22 aprile 2021 (giornata mondiale della Terra) un concorso con un montepremi totale di 100 milioni $. L’imprenditore premierà chi troverà una tecnica fattibile ed efficace per la dissoluzione dell’anidride carbonica nell’atmosfera.

Vediamo quindi alcuni metodi pensati per tale scopo.

Batterie che assorbono la CO2

Un gruppo di ricercatori del MIT, nel 2019, ha presentato il progetto di batterie in grado si assorbire l’anidride carbonica. Ben lontane dall’immagine delle stilo da inserire nel telecomando, si tratta di scatole contenenti delle lastre cariche attraverso le quali viene fatto passare un gas contente CO2. Punto di forza di questo metodo è l’assenza di vincoli sulla concentrazione di diossido di carbonio nel gas. Questo si traduce nella possibilità di lavorare anche in condizioni ambientali di temperatura e pressione.

Animazione a cura del MIT rappresentate l’intero processo di cattura della CO2

Durante il processo di carica della batteria la CO2 viene intrappolata dal materiale, mentre durante il processo di scarica questa viene rilasciata. Una volta uscita dal dispositivo, l’anidride carbonica può essere raccolta in serbatoi.

Il professor Voskian, coordinatore della ricerca, sottolinea l’innovazione del processo, data la sua semplicità e l’assenza di reazioni intermedie che potrebbero portare alla produzione di prodotti di scarto altrettanto dannosi per l’ambiente.

Sfruttare la natura

Un’altra soluzione potrebbe arrivarci gettando uno sguardo al mondo che ci circonda. Sono diverse le possibilità che si aprono quando si pensa a neutralizzare il diossido di carbonio naturalmente.

  1. FORESTE – Ogni anno le foreste assorbono circa il 10% delle emissioni totali di CO2, pari a circa 3 tonnellate metriche. Tuttavia, uno studio dell’ETH di Zurigo ha evidenziato come un’opera di riforestazione atta all’eliminazione completa dell’anidride carbonica sia impossibile: sarebbe necessaria una superficie pari agli USA.
  2. HUMUS – L’humus nel terreno contiene una grande quantità di CO2. Durante i moderni processi agricoli l’humus non ha possibilità di formarsi, portando al rilascio di un enorme porzione di anidride carbonica. Uno studio della SWP (l’istituto tedesco per la sicurezza internazionale) ha evidenziato come si potrebbe diminuire il rilascio di diossido di carbonio di un quantitativo tra i 2 e i 5 milioni di tonnellate istituendo “riserve di humus”.
  3. BIOCHAR – Il biochar è un materiale ottenuto riscaldando sostanze organiche in particolari condizioni di pressione e concentrazione d’ossigeno. Esso permette alla biomassa di non decomporsi, prevenendo il rilascio di CO2 nell’ambiente circostante. Una volta polverizzato, il biochar può essere usato come fertilizzante agricolo. Lo studio sopra citato della SWP evidenzia come questa opzione potrebbe risparmiare il rilascio di una quantità di anidride carbonica compresa tra i 0.5 e i 2 milioni di tonnellate.
  4. RACCOLTA SOTTERRANEA – Partica già utilizzata dalle compagnie petrolifere norvegesi, raccogliere la CO2 nelle profondità terresti sembra essere una possibile soluzione. Tuttavia, questa porta con sé delle controversie dato il rischio di perdite e terremoti sul lungo termine. Valida alternativa adottata in Islanda è invece la mineralizzazione dell’anidride carbonica, legandola alle rocce basaltiche.
  5. OCEANI – Un’altra soluzione proposta si basa sulla fertilizzazione degli oceani. Aumentando il contenuto nutritivo degli oceani (aggiungendovi sostanze come il ferro), si incoraggerebbe lo sviluppo e la crescita dei plankton, che assorbirebbero così più CO2 atmosferica. Rimane purtroppo una tecnica assai controversa, dato il rischio di sovra-fertilizzazione.
Immagine a cura di Jon Flobrant su Unsplash

Quanto costa la CO2

La problematica maggiore, quando si parla di sviluppare tecnologie in questo campo, è il costo. Utilizzare il biochar porterebbe a spendere dai 30 ai 120$ per tonnellata smaltita, mentre lo stoccaggio sotterraneo va dai 100 ai 300$ per tonnellata. La riforestazione si rivela quindi essere la soluzione più economica (con 50$ per tonnellata) ma purtroppo inapplicabile su larga scala.

Oltre a ciò, bisogna prendere in considerazione anche tutti gli effetti collaterali che le tecniche sopra presentate portano con sé.

Gli ostacoli verso un mondo più pulito si rivelano essere ancora tanti, molti dei quali apparentemente insormontabili. Non vi è quindi momento migliore per iniziare ad investire in sviluppo, ricerca e prototipazione affinché si possa fare marcia indietro riattraversando l’allarmante limite dei 350ppm.

Da parte nostra non resta che cercare di non peggiorare la situazione minimizzando la nostra impronta ambientale.

(In copertina: Pawel Czerwinski per Unsplash)

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Ciò che sappiamo è solo una goccia, ciò che ignoriamo è un oceano. - Isaac Newton

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