Cultural shock: la Svizzera oltre la cioccolata

Non bisogna fare affidamento ai luoghi comuni, prodotti di retaggi culturali vetusti. Tuttavia, alle volte ci azzeccano alla grande.

Paese che vai usanza che trovi. Ed è proprio vero. Basta attraversare una catena montuosa per trovarsi catapultati in un altro universo dove non esiste sapone intimo (logico data l’assenza del bidet) e il riso può essere al massimo di tre varietà.

Tuttavia, questa volta non stiamo parlando della Francia ma della Svizzera signori. E se poi ci affacciamo meglio, ci renderemo conto che anche solo passare da un cantone all’altro coincide con una scossa di grado 6 nella scala Mercalli delle abitudini quotidiane.

L’esperienza personale mi porta a parlare del cantone francofono del Vaud e quello germanofono di Zurigo, sugli altri preferisco rimanere neutrale.

L’incubo dell’immobiliare

Se avete avuto un’esperienza abitativa in Svizzera saprete perfettamente delle difficoltà disumane che s’incontrano durante la ricerca di un alloggio. Due volte ho dovuto cercare casa e per due volte mi sono ritrovata a una settimana dalla data del presunto trasloco con le valigie in mano ma senza un indirizzo al quale portarle.

A cosa addurre queste difficoltà? Sicuramente la burocrazia non aiuta. Se sei un giovane studente in mobilità che si ritrova a dover affittare un appartamento, fornire un garante svizzero è fuori discussione. La maggioranza dei casi richiede infatti all’affittuario di fornire i documenti del famigerato garante svizzero: un cittadino svizzero che si assume tutte le responsabilità economiche in caso di danni o mancati pagamenti. Per cui, a meno di chiedere alla nonna di chiamare la prozia il quale figlio è emigrato nella patria per adozione del cioccolato ormai 20 anni orsono, il subaffitto diventa l’unica valida alternativa. O forse no?

La mia gentilissima proprietaria di casa ci aveva infatti offerto un’alternativa molto allettante (allettante per chi però non si sa): il deposito di garanzia. Depositando una cospicua somma nel forziere della banca del villaggio, dove nessun bandito potrà toccarla, ci si assicura così sulla buona condotta degli inquilini. Ma c’è solo un modo per ottenere un deposito in meno di un mese: versando la somma in contanti.

Da qui la storia, ormai leggenda, di come in una settimana con la mia coinquilina ottenemmo 4650,- CHF e li esportammo in Svizzera custoditi in un taccuino sotto il reggiseno.

La posta svizzera

Nel XXI secolo vige la legge non detta che per ricorrere alle istituzioni sarà sicuramente disponibile una casella di posta elettronica pronta a ricevere moduli e bollettini oppure un numero verde che consumerà inesorabilmente la nostra giornata al ritmo di musichette baldanzose. In Svizzera di bollettini da pagare e moduli da compilare ce ne sono parecchi. Partendo con l’Odissea che è il permesso di soggiorno ed arrivando all’assicurazione sulla casa, passando per l’assicurazione sanitaria, il plico di documenti da sbrigare pare una torre di Pisa pronta a crollarti addosso. Come recapitarli? Come si viene catturati dal braccio dell’amministrazione cittadina? Semplice: con la posta.

Tutte le mattine, ligio al dovere, il postino passa con il suo giacchetto giallo. Tutte le sere, rientrando in casa, puoi star sicuro che troverai una lettera nella cassetta. La lettera per confermare la ricevuta del tuo pagamento, quella per chiederti in quale progetto investire i soldi comunali, quella che ti avvisa della nuova sede dell’ufficio postale, quella che ti ricorda che la lavatrice condominiale è fuori servizio, quella che ti conferma che ieri hai sopportato per un’ora il tecnico del frigo e la lista potrebbe continuare ancora per molto.

Insomma, gli svizzeri adorano spedire lettere, e non hanno paura di abusare del loro efficientissimo sistema postale. Anche se inviare una mail contenente i codici sconto per l’abbonamento al bike sharing risulterebbe più economico non si privano della gioia che costituisce trovarsi la buca piena di buste e bustine, persino quelle del tè (tratto da una storia vera).

Die Post. Fonte: nzz.ch

Il treno

Alla parola treno, quello che potrebbe saltare in mente è un antiestetica scatola di latta veicolo di ritardi e cancellazioni. Se non si è disposti a sborsare cifre considerevoli per una freccia, bisogna accontentarsi delle frecce delle paludi: i regionali. In Italia guardiamo con diffidenza a questi mezzi, che promettono la puntualità grazie allo svincolo dall’asfalto e le lunghe colonne delle ore di punta che esso comporta. Ma l’unica cosa che puntualmente arriva è il ritardo nei casi più fortunati, la soppressione della corsa negli altri.

In Svizzera quella dei treni invece è una faccenda molto seria. Così seria, che per sottolinearne l’importanza nazionale le ferrovie sono note con l’interminabile acronimo SBB CFF FFS, per ogni lingua ufficiale del paese meno una.

I treni costituiscono in Svizzera quasi una metropolitana nazionale e risultano più efficienti dei bus. In poco più di tre ore è possibile percorrere tutta la Confederazione Elvetica passando da Ginevra a San Gallo. Grazie alla galleria del San Gottardo (con i suoi 57km il traforo ferroviario più lungo al mondo), in meno di tre ore da Zurigo si arriva a Milano centrale. A sottolineare l’affidabilità del sistema ferroviario anche l’interminabile offerta di abbonamenti. Dal seven25, al metà-prezzo, passando per l’abbonamento generale si può star certi di trovare quello che fa al caso proprio.

Insomma più semplice prendere il treno che la macchina. Inoltre vasta l’offerta di vagoni: bici friendly, bimbo friendly, affamato friendly nessuno ha il diritto di sentirsi escluso.

Vagone di seconda classe con tanto di area orso. Scherzavo! Si tratta dell’area bimbi. Fonte: Natalia

Schweizerdeutsch

Arriviamo all’ultimo trauma e forse anche il più grande: la lingua.

Fintantoché uno abita nella parte francofona resta abbastanza all’oscuro della leggenda dello Schweizerdeutsch: il tedesco svizzero. Uscendo però dalla comfort zone ci si rende subito conto che le peggiori voci al riguardo sono tutte vere. Lingua degli dei? Probabilmente. Abbandonate ogni speranza voi che entrate se vi accingete alla conquista della Svizzera possedendo nel vostro Pokédex linguistico solo la carta del Hochdeutsch (il tedesco della Germania). Le due si assomigliano come il portoghese al rumeno. Come se non bastasse inoltre, ogni cantone ha una sua variante di tedesco: più sono distanti geograficamente e meno si assomiglieranno le due varianti di Schweizerdeutsch.

Fortunatamente nelle grandi città l’inglese è trasversale e pure l’insospettabile farmacista incanutita dal tempo è in grado di passare da quello che pare celtico all’inglese senza lasciar trasparire lo sconforto causato dalle scarse abilità dell’interlocutore.

Che dire, anche la Svizzera è quindi patria di stramberie che non terminano sulla lingua ma potrebbero continuare con la tastiera del PC tedesca e la pasta che scuoce sempre. Tuttavia per ora mi fermo qui, con l’accesa curiosità di sapere quali siano invece gli shock con i quali lo Stivale tormenta le povere anime che si accingono ad espatriarvi. Perché si sa che la bellezza sta negli occhi di chi guarda e così anche il trauma culturale.

In copertina: Foto di Sigmund su Unsplash

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Ciò che sappiamo è solo una goccia, ciò che ignoriamo è un oceano. - Isaac Newton

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