… e il bue disse all’asino: “Cornuto!”

La malizia è negli occhi di chi guarda: l’inutile scandalo del nudo nell’arte

Nella vita ci sono delle cose che ci auguriamo continuamente di non sentire o di non vedere, tuttavia succedono ugualmente sfuggendo al nostro controllo, rendendoci impotenti e lasciandoci attoniti. Viene spontaneo chiedersi se ci redimeremo mai o se siamo destinati ad un inarrestabile declino. Viene da chiedersi se abbia ancora senso sperare in un futuro migliore guardando una madre che, visto il turbamento del figlio di fronte ad un seno scoperto in una rivisitazione della Giuditta di Klimt, preferisce mostrare il proprio disappunto al proprietario del locale per la scelta del quadro “scandaloso” piuttosto che spiegare al figlio che quella versione riprende uno dei lavori più famosi di uno dei maggiori esponenti della Secessione Viennese.

Gustav Klimt Judith I (1901), 84 x 42 cm

È vasta l’ignoranza di chi invece di istruire il figlio sulle origini del quadro illustrandogli un pezzo di storia dell’arte, lo stimola a provare vergogna e scandalo di fronte a un seno nudo. Dove sta scritto che nudità è sinonimo di volgarità e scandalo? Nudità è tante cose. È fragilità, è seduzione,  erotismo, bellezza, vicinanza, è stupore nel notare la definizione del muscolo scolpito alla perfezione. Perché rendere tabù qualcosa di naturale? Non è forse al proprio seno che quella madre ha allattato il proprio figlio nelle prime settimane dopo il parto? Non è forse un atto di negazione quello a cui lo sottopone imponendogli di provare vergogna verso un seno nudo?

Venere di Cnido (360 a.C.)

E questo stesso bambino andando a scuola e sfogliando i libri di storia dell’arte non si imbatterà forse continuamente in seni, genitali maschili e posteriori nudi delle sculture di epoca greco-romana? Senza contare poi che ogni generazione che passa i bambini diventano sempre più precoci.  Cosa crede quella madre, di proteggerlo dall’impurità di questo mondo sporco, di preservarlo e lasciare la sua anima immacolata e pura, di inglobarlo
in una bolla impermeabile che non verrà intaccata dalla sporcizia incatramata del mondo? E per quanto tempo potrebbe riuscirci?

Forse se lo recludesse a casa, ma mandandolo all’esterno come può pensare che suo figlio non si imbatterà in
compagnetti più esperti che lo illumineranno su parole “scandalose” come sesso, pene, vagina, sedere? I bambini per natura sono molto curiosi e percepiscono la malizia e la vergogna. Un nudo non è indiscutibilmente indice di volgarità, ma se la malizia è negli occhi di chi guarda, un bambino imparerà ad etichettare come “scandaloso” ciò che desta turbamento nel genitore, nel maestro, nell’amichetto o in chiunque gli sia accanto in quel momento.Se solo la madre avesse spiegato al bambino chi fosse Klimt e gli avesse insegnato a vedere la bellezza in quel seno scoperto invece che volgarità… Se solo tutte le madri e i padri del mondo insegnassero ai propri figli a non provare vergogna di fronte alla nudità nell’arte, a non avere timore di essere un maschietto che piange o una femminuccia a cui piace il calcio, se solo infrangessero tutti i tabù della società che non fanno altro che chiuderci nella paura
dell’altro, del diverso, della conoscenza o della semplice natura. Così scrive Charles
Dickens ne Il Canto di Natale:

Erano un bambino e una bambina. Gialli, scarni, cenciosi, arcigni, selvaggi; ma prostrati anche nella umiltà loro. Scrooge indietreggiò, atterrito. Tentò di dire allo Spirito, il quale glieli additava, che quelli erano due bei bambini; ma le parole gli fecero groppo, anzi che partecipare alla enorme menzogna. “Spirito! son figli tuoi?”, domandò Scrooge. “Sono figli dell’Uomo”, rispose lo Spirito chinando gli occhi a guardarli. “E a me s’attaccano, accusando i padri loro. Questo bambino è l’Ignoranza. Questa bambina è la Miseria. Guardati da tutti e due, da tutta la loro discendenza, ma soprattutto guardati da questo bambino, perché sulla sua fronte io vedo scritto: “Dannazione”, se la parola non è presto cancellata”. “Non hanno un rifugio?” domandò Scrooge, “non c’è per loro un sollievo?”. “E non ci son forse prigioni?”, ribatté lo Spirito, ritorcendogli contro le sue proprie parole. “Non ci son forse case di lavoro?”.”

Il proprietario del locale ha poi chiamato l’autrice della rivisitazione della Giuditta di Klimt chiedendole di modificarlo, domandandole cortesemente se potesse dipingere sul seno scoperto un drappo che lo coprisse. Ho risposto che piuttosto che coprire il seno mi sarei ripresa il quadro. Il quadro è ancora lì. L’arte non deve accettare
compromessi, non deve essere censurata e dev’essere libera di esprimersi, sempre.

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Sono una persona semplice, vado dove mi porta l'istinto. Credo nel sarcasmo e nell'ironia, ma anche nella bellezza della luce filtrata da una serranda, nel tramonto in riva al mare, nella risata che ti toglie il fiato. Credo in un mondo che ci fa sentire scardinati e perennemente in bilico, ma ogni tanto, se abbiamo fortuna, possiamo sentirci nel posto giusto al momento giusto. Della vita ho capito solo una cosa: che non ho capito niente.

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