Ferita invisibile

L’anima umana di una torre sconosciuta

Torre abbandonata al fiume liberato,
Vuotata dal tempo
Trafitta dal vento
Sospiri osservando chi ti ha scordato
Quel mondo che sempre così vicino ti è passato,
Ricordi ormai lontani

Mentre nell’acqua scompari
Conosci la paura dell’uomo non amato
Morire prima del tempo
Morire nel silenzio.

Rielaborato da Google Maps

La poesia è ispirata a ciò che rimane di una torre veronese, detta “Torre della Catena”. Si tratta di una torre scaligera di epoca medioevale, la quale, all’epoca, dava il nome a Porta Catena. Da lei prende il nome anche Ponte Catena, costruito nel 1925, sebbene la torre sia più vicina a Ponte Risorgimento (costruito però solo nel 1968); in mezzo a questi due ponti e in mezzo all’Adige, ciò che rimane della Torre della Catena sono solo resti abbandonati, inagibili e soprattutto sconosciuti a molti, nonostante siano ben visibili.

La storia della Torre inizia con Cangrande della Scala: fu per volere del più conosciuto e amato esponente della dinastia Scaligera che venne eretta una cinta muraria a difesa delle borgate di San Procolo, San Zeno e Ognissanti.

Dopo il completamento delle mura, avvenuto tra il 1321 e il 1325, la principale porta d’accesso per chi veniva da nord era Porta Catena, oggi ben visibile in via Porta Catena: è riconoscibile per il suo essere formata da un arco a tutto sesto sormontato da un alto muro nel quale si aprono tre feritoie. Superata questa Porta ci si trovava di fronte a Porta Fura, eretta in epoca comunale: oltre quest’ultimo ingresso, ci si trova in quella che oggi è via Torretta, toponimo che ben indica la situazione storico-edilizia di questa zona. La cinta muraria voluta da Cangrande era munita di ben ventidue torrette, sei delle quali ancora visibili e quattro tra queste ancora complete o quasi (una in particolare si trova a metà di via Torretta).

La più esterna delle Torri era la nostra, Torre Catena: costruita in mezzo al fiume a scopo militare e doganale, per effettuare il controllo delle imbarcazioni che da nord arrivavano in città, la Torre si sviluppava su due piani e ospitava probabilmente un corpo di guardia. Su di essa erano fissate due catene, una che chiudeva permanentemente il lato sinistro del fiume e una che poteva essere rimossa sul lato destro, in modo da agganciarsi all’inizio delle mura. Quest’ultima obbligava le barche che trasportavano merci a fermarsi per pagare i dazi doganali: la catena veniva alzata e abbassata per permetterne o impedirne il passaggio.

Tratto da Margherita Bolla – Verona Romana

Nel corso del tempo, il complesso di Porta Catena e Porta Fura fu interessato prima da interventi veneziani, poi, nella prima metà dell’Ottocento, da rimaneggiamenti austriaci: le mura furono rinforzate e adattate, e tra le due porte ne venne costruita una terza, con un arco a tutto sesto molto solido e spesso.

Nonostante questo complesso di mura racchiuda quasi sette secoli di storia, ad oggi rimane troppo poco conosciuto e sicuramente troppo degradato: muri e porte storiche sono imbrattate, nascoste nel verde e lasciate a se stesse, così come la Torre della Catena che sorge in mezzo al fiume, affogata in un senso di abbandono e desolazione.

Nell’epoca del suo splendore ha visto il mondo passarle vicino, chiunque entrava a Verona per via fluviale passava da lì: resiste ancora oggi, ma purtroppo è destinata a scomparire, se non altro dalla mente della gente, perché sebbene sia una parte di storia affascinante non è valorizzata né conservata.

Da qui la paura di crollare e morire prima del tempo, nel silenzio, perché forse qualcuno non se ne accorgerebbe nemmeno se accadesse oggi, quando invece meriterebbe più riconoscimento e attenzioni. Questa è anche la paura dell’uomo, la paura di rimanere solo, di non essere apprezzato nonostante abbia molto da dare e di conseguenza la paura di scomparire agli occhi del mondo.

Così come quella torre, anche una persona può ritrovarsi vuota e ferita, con un pugno di rimpianti in tasca, un mare di ricordi intorno e un cuore che pesa di malinconia;
un periodo difficile, una delusione, una mancanza, qualcosa che tutti possono aver provato e conosciuto – qualcosa che ognuno vive a modo proprio, anche se tutti noi in queste situazioni diventiamo fragili, anche quando non lo facciamo vedere, pur vicini a cadere da un momento all’altro. Bisognerebbe apprezzare di più ciò che ci circonda, conoscere, senza fermarsi alle apparenze, le torri diroccate che possono essere gli individui che incontriamo sulla nostra strada, perché sulle spalle possono avere più di una storia da raccontare.

Foto di copertina a cura dell’autore
Qui invece una fonte per approfondire la parte storica.

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Sono uno studente di Beni Culturali di Verona, mi piace viaggiare sia nella vita reale che attraverso i libri, sempre con la voglia di imparare qualcosa di nuovo. Cerco di esprimere come posso quello che penso e che sento attraverso la scrittura, a volte attraverso l'ironia.

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