Passione o ossessione?

“Mi nacque un’ossessione. E l’ossessione diventò poesia.” Alda Merini

Proseguono le puntate del racconto di Giada Penello: ecco il link all’episodio precedente.

Il quarto anno cambiammo ancora alcuni insegnanti. La professoressa di latino e quella di filosofia furono entrambe sostituite da professoresse con dubbie capacità di insegnamento e conoscenza sulla materia. L’incompetenza negli insegnanti non l’ho mai tollerata. Si può essere esageratamente severi ma tollerabili; si può essere insegnanti con una visione limitata. Si può essere esuberanti, ma essere totalmente impreparati, non conoscere la materia che si insegna, ritengo sia gravissimo. Infatti, in questi casi, a causa dell’ignoranza degli insegnanti, gli alunni sono costretti a essere altrettanto ignoranti, a sprecare il loro tempo sul tergiversare di queste persone, quando potrebbero investirlo in qualcosa di più proficuo. 

Mi chiedo ancora quante cose mi sono persa, con quel tempo che mi hanno rubato a non insegnarmi nulla, chissà cos’avrei potuto scoprire. Inoltre, la nuova insegnante di filosofia metteva ancora più in crisi il mio umore già instabile. 

L’anno prima quella materia si era rivelata, per me, un angolo di possibilità. L’avevo trovata interessantissima, mi piaceva la sensazione che mi dava studiarla, come se la capacità di pensare si elevasse ad un livello superiore, e oltre a tutto questo riuscivo anche a prendere dei bei voti, non paragonabili a quelli dei geni della classe, ma, comunque, soddisfacenti. Con la prima interrogazione di filosofia del quarto anno, quell’angolo di felicità si trasformò in un nuovo Muro del Pianto. 

Ricordo ancora la sensazione di aver portato a termine una buona prova, disfatta, in un secondo, da un incomprensibile cinque e mezzo. Mi ricordo che pensai: “Come diavolo è possibile?” e subito dopo “No, anche questa materia no. Come faccio a stare dietro a tutte queste cose?”. Mi sentivo davvero impotente davanti a tutti quei fallimenti. Perdevo già la testa per assicurarmi un sei nelle altre materie, sia a livello di impegno che a livello psichico: il fatto che si aggiungessero storia e filosofia alla lista mi faceva pensare che sarei morta. Per sopravvivere all’ennesimo “non vai bene”, in che cosa dovevo trasformarmi?

Meritavo di morire per Carmen, per la mia inadeguatezza, di inchinarmi sbavante a lei, senza alcuna dignità, per colpa della mia infinita stupidità. Se avessi potuto tirarla fuori dal mio corpo, quella stupidità l’avrei presa a pugni, fatta a pezzetti e bruciata, avrei tenuto in serbo per lei le peggiori cattiverie della mente umana. Mi prendevo a pugni la testa da sola, mentre ero a casa, ripetendomi quanto fossi stupida, urlando sul cuscino per non disturbare i vicini. 

Una pazza. Il mio ritratto era quello di una donna totalmente pazza, per propria colpa, che tutti avrebbero dovuto evitare. 

Immagine tratta da Pexels

Non mi ero mai resa conto di quanto perdessi la lucidità ogni volta che stavo con lei, come entrassi in uno stato di trance in cui aveva il pieno controllo. Per questo non avevo mai nutrito sospetti sulla sua natura, nemmeno quando aveva iniziato a logorarmi. Con Mattia è diverso, l’amore di cui parla Dio è diverso. Non crea dipendenza, anzi semmai è facile che si affievolisca e sia proprio tu a cercare di tenerlo in vita. Non ti costringe a lui, ma come ho già detto ti rende più libero, libero anche di smettere di amare. 

Per quanto sia inspiegabile e richieda fiducia e fede, non ti priva della ragione, anzi ti chiede di metterlo in discussione e alla prova, per ricordarti che sei tu ad averne il controllo, a sceglierlo. Carmen non si è mai fatta scegliere, si è sempre insinuata meschinamente nella mia vita.

L’amore di Dio e di Mattia non ha mai avuto come intento quello di consumarmi, di usufruire del mio corpo, della mia anima, per farsi strada nel mondo, ma, piuttosto, si sacrifica per la mia vita, per la mia felicità. L’amore di Dio e di Mattia si prende cura delle mie debolezze, dei miei difetti, accettandoli, cercando di migliorarli; Carmen, invece, per i miei difetti mi abbandona, mi umilia. Carmen è una passione o, come la chiama Mattia, un’ossessione che consuma, che mi manipola, è avara e superba; Mattia e Dio sono un amore che crea un terreno fertile, che rende liberi, è solidale e si umilia. Per quanto non abbia capito tutto ciò per molto tempo, è proprio allora che iniziai a nutrire un certo odio per Carmen.

Odiavo come mi aveva resa, odiavo il non potermene liberare. Anche se ora avevo Mattia, odiavo che la mia felicità fosse vincolata a lei. Avrei voluto estirparla dal mio corpo, anzi avrei voluto non averla mai conosciuta. Capivo che era la burattinaia della mia vita, che ogni cosa che facevo, che pensavo, dipendeva sempre e solo da lei.

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Odio ed amo. Perché lo faccia, mi chiedi forse. Non lo so, ma sento che succede e mi struggo.

A Catullo era toccata una sorte migliore della mia, perché si era innamorato di una semplice donna, mentre io amavo Carmen. Il suo lamento in confronto al mio lo ritenevo stupido, lui che Carmen la possedeva, si preoccupava per una donna.

Avevo sempre l’illusione che i poeti del passato, avendola incontrata, mi capissero almeno un po’. Mi sembrava che Petrarca lo comprendesse, mi sembrava che la sua bella Laura fosse proprio la mia Carmen. Ma, maledetto stronzo, lui ci era riuscito a renderla sua, mentre a me sfuggiva sempre più lontana.

Dato che io non potevo averla e tutti loro l’avevano avuta, iniziai non solo ad invidiarli, ma a odiarli. Cosa avevano loro più di me? Erano solo nati in un epoca in cui Carmen si concedeva più facilmente, perché nessuno ne capiva il vero valore e, quindi, non era così ambita. Tutti super fortunelli, che, probabilmente, non si erano fatti nemmeno la metà del culo che mi ero fatta io e se, invece, se lo erano fatti, beh, vaffanculo, potevano lasciarne una fetta anche per gli altri. 

Ma Carmen c’era ancora, eccome se c’era. Mi sfilava davanti agli occhi con quelle altre principessine altezzose, che erano sempre più brave e degne di me e di tutti quelli come me, che la desideravano intensamente ma non l’avrebbero mai avuta. Odiavo ormai chiunque fosse più intelligente, chiunque sapesse anche un minimo di cose più di me. Come facevano? Cosa mi ero persa, io, nel percorso? Dove stavo buttando il mio tempo? Insomma, come era accaduto che, da essere la prima e unica scelta di Carmen, fossi diventata il suo scarto? Forse, cavolo, non ero io ad essere il problema, ma lei. Lei, che era cambiata così tanto, che mi aveva ingannata, che faceva di tutto per farmi impazzire. E allora perché mai continuavo a desiderarla?

Immagine di copertina tratta da Pexels

Prendere la penna in mano mi rende terribilmente felice. Fin da piccola mi sono innamorata del mestiere di scrivere, poteva essere il classico romanzo rosa, invece porto le cicatrici sul corpo di questo amore. Combatto ogni giorno per conquistare un pezzo del mio sogno, vivere di parole, perché anche se mi fa soffrire ne sono terribilmente innamorata.

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