I GIALLORENZO sono già un cult

GIALLORENZO

Chi li conosce non può farne a meno, ma i GIALLORENZO non hanno mai premuto il piede sull’acceleratore del successo. Se anche domani si dichiarassero finiti, passerebbero alla storia lo stesso.

Se avete cliccato su questo articolo la domanda “Ma chi sono questi GIALLORENZO??” è quella che vi state facendo – o forse è proprio perché non lo sapete che l’articolo non l’avete aperto in principio, e ora non ha senso che lo spieghi, ma se l’articolo non l’avete aperto io non sto nemmeno parlando con voi – quindi, in breve, ve lo spiego. I GIALLORENZO sono 4 individui di sesso maschile muniti di 2 chitarre, 1 basso, 1 batteria e voce quanto basta, insomma, volgarmente: una band.

Foto dei GIALLORENZO su Spotify

Ma non una band qualunque. I GIALLORENZO sono la cosa che più si avvicina al concetto di band di culto che mi sia capitato sotto orecchio nella mia carriera di ascoltatrice musicale seriale. Un concetto che Wikipedia definisce “Un gruppo musicale che, pur non avendo raggiunto il successo nel grande pubblico, gode tuttavia di grande considerazione fra i propri ammiratori o della critica” e che io mi riservo di descrivere come un gruppo il cui numero di conoscitori è inversamente proporzionale all’intensità della stima immediata che ti assale verso uno sconosciuto quando scopri che ANCHE LUI ascolta quel gruppo.

GIALLORENZO, band crossover tra il solista montag e i bresciani Malkovic, segnati da una carriera tutta in sordina, sono riusciti, dal 2019 in poi, a fondere l’immaginario narrativo surreale, tipico della corrente indie, con suoni più complessi ed emo/punk (tradotto: un sacco di chitarre che fanno quello che vogliono, ma al momento giusto).

Un percorso artistico che visto dall’esterno – da chi non si capacita come cantare una frase quale “Vivi e non ti accorgi di che vive la tua vita” non gli abbia aperto le stesse porte del paradiso che un “Ti prego dimmi cosa mi manchi a fare” aveva aperto a Calcutta – è fatto tutto di up & down. Prima l’album di esordio eletto a miglior disco indie dell’anno, poi la pandemia, poi altri due album di pari livello, ma senza che nessuno di questi rappresentasse LA SVOLTA verso il grande pubblico (che, magari, non è nemmeno la conclusione più desiderata), una serie di live esplosivi, ma sempre di esigue dimensioni, e infine, una pausa annunciata “per un po’” e il dubbio, per i più affezionati, che questo grande amore sia appena nato e già finito.

Dal secondo album (FIDATY), la filosofica hit MEGAPUGNO che contiene la frase “vivi e non ti accorgi di che vive la tua vita”

Ma è proprio questa loro costante precarietà e finitezza che, alla fin fine, li rende oggetto di culto. Mentre chi li conosce non può farne a meno, i GIALLORENZO non hanno mai premuto il piede sull’acceleratore del successo: sono quello che sono, non quello che saranno o potrebbero essere. Se anche domani si dichiarassero finiti, per me e quei 3 conoscenti che li ascoltano, passerebbero alla storia lo stesso.

Mitologia metropolitana

Per me è comunque un disco molto coerente: è così marcio che crea una sorta di isola attorno ai personaggi che raccontiamo. Questo è un concept sull’isolazionismo, sulla solitudine, sulla cupezza

Marco Zambetti (batterista) su MILANO POSTO DI MERDA, in un’intervista su Vice

Venite con me, schiacciamo play. Siamo immersi nei suoni sordi e metallici di una qualunque metropoli che si muove senza curarsi di ferirti coi suoi spigoli – che poi anche stavolta sia la solita trita e ritrita Milano non è campanilismo, ma notizia certa, si veda il titolo del loro primo album, MILANO POSTO DI MERDA (2019) – una voce recita frasi sconnesse come i personaggi che sta raccontando. È la voce di Pietro Raimondi, in arte montag, principale autore delle canzoni dei GIALLORENZO, dove la mitologia di una grande città prende forma, componendosi dei soggetti più noti e stravaganti (es: il RASTA CHE FA LE FOTO o l’ideatore del METODO PERINDIANI), ma anche di quelli più familiari, come la ragazza già impegnata di cui ti innamori a una FESTA o il tuo miglior amico sopra le righe (BONTI). Tutti sono descritti dalla prospettiva di chi se ne sta nella sua solitudine atrofizzante e finisce per capire la natura di figure distanti meglio di chi le conosce veramente.

MILANO POSTO DI MERDA è il loro album di esordio e non ha tracce sbagliate; getta le basi immancabili per aprire la strada a tutto quello che sarebbe venuto dopo: i suoni sporchi, la confusione fastidiosa della vita universitaria, l’umido dell’inverno nel nord Italia e il ritmo che cambia sempre sul più bello, come per farti un dispetto.

Poi c’è stato FIDATY (2020)- non un’esortazione che pecca di inglesismo ma il nome della celeberrima tessera Esselunga – un secondo capitolo discografico più sperimentale, telegrafico, ma anche caldo, perché scritto dal punto di vista di un innamorato. MEGAPUGNO, la sua traccia di apertura, è una hit filosofica da poco più di 1 minuto che si fa ascoltare in loop e che in realtà tratterebbe della violenza frutto di frustrazione che sono in grado di covare le metropoli. In questi 7 pezzi la linea del cantato perde ogni timore di separarsi da quella melodica per poi riunirvisi nei momenti più opportuni. Se ci sono.

Ci ho provato a provare qualcosa sul ponte
Solo freddo mi usciva dalle ossa corte

(…)

Forse sono stato troppo
Chiuso in tante cose che
Io stesso non conosco di me
Hai fatto i tuoi esperimenti
Ci hai provato e non ne esci
Parti ancora verso un altro reset

Testo di PROVARCI, singolo del terzo album SUPER SOFT RESET

In SUPER SOFT RESET (2022) ritornano gli spigoli della vita, e il freddo, con un genere definito emo/ lo-fi dai diretti interessati e tendente al heavy metal da chi ha alzato troppo il volume per sbaglio. È un album maturo, forse un po’ frustrato, come il protagonista di PROVARCI che non esce mai vincente dai suoi tentativi ed è costretto a resettarsi e crederci un’altra volta. Anche con questo lavoro riescono ad essere iconici: dopo 2 anni di Pandemia un album essenzialmente nervoso non poteva che essere azzeccato.

Ma come si diventa una band di culto?

Perché questi 4 soggetti in formazione musicale dovrebbero essere oggetto di culto? Ancora prima dell’estro artistico – per ora evidentemente apprezzato da una cerchia ristretta che non gli concede date in programma ad Assago Forum – i GIALLORENZO hanno tutti quegli elementi che danno al culto il suo carattere mistico.

Innanzitutto ci vogliono delle origini mitologiche: il signor GIALLORENZO è morto nel suo appartamento in un palazzo di Milano – forse lo stesso dove alcuni componenti della band abitavano – e nessuno se ne è accorto per qualche mese. Solo dopo essere passato a miglior vita è diventato l’inconsapevole intestatario di una band indie-rock (pardon, emo-punk-lo-fi). O almeno così narra la loro bio di Spotify e un’intervista su Vice.

live giallorenzo
Live dei GIALLORENZO al MIAMI 2022 (foto dell’autrice)

Fase di rivelazione: ogni culto ha un momento dove il suo santone se ne sta a stretto contatto col pubblico prima di sparire nel nulla. In questo caso siamo tutti molto fortunati perché è ancora in corso. I GIALLORENZO possiedono un gruppo Telegram di 180 persone, dove è concesso interagire direttamente con i loro componenti (VOTO ACCESSIBILITA’: 10). Lì – dove sembrano tutti così a proprio agio che io non ho ancora capito se è perché si conoscono tutti o perché non si conosce nessuno – il nonsense è il linguaggio comunemente in uso e si possono fare domande quali la corretta temperatura a cui lavare la maglietta del merch (ricevendo serissima e pronta risposta).

E poi l’elemento più importante: il mistero sulla loro reale esistenza. I GIALLORENZO sono un crossover, un puzzle di artisti che volendo funzionano da sè e dove ogni componente, prima e dopo il momento GIALLORENZO, ritorna a farsi i fatti suoi a tempo indeterminato. Hanno un funzionamento simile a quello delle Cioccorane in Harry Potter, un giorno si esibiscono al MI-AMI Fest o in località del sud Italia dove i fan più sfegatati, ossia gli unici che hanno, organizzano le macchine per andarli a sentire, e il giorno dopo ti comunicano che la band è in pausa fino a data da destinarsi. Insomma, se vuoi essere un fan dei GIALLORENZO una buona dose di fede non può mancare e, mentre ognuno di loro sta facendo altro, spetta a te tenerli uniti nella tua mente e nelle tue playlist di Spotify.

Va bene così. Questo ci basta. Mentre mi preparo ad affrontare l’inverno sapendo che, all’occorrenza, ci sarà un loro brano che si chiama CONDIZIONI METEO CRITICHE ad attendere me e gli altri sfollati del trasporto pubblico, mi rendo conto che è la probabile compiutezza del loro percorso a renderli in qualche modo perfetti (almeno nel senso secchione e latino del termine). E va bene anche parlarne come se fossero estinti senza avere la minima idea di cosa succederà nel breve periodo, per esempio se si presenteranno a Sanremo o usciranno con un nuovo album di 20 tracce. Se così sarà, allora noi cultori potremo semplicemente dire di aver assistito alla fase della resurrezione.


FONTI: Intervista di Elia Alovisi su Vice

PER APPROFONDIRE: La guida di Milano Est secondo i GIALLORENZO

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Studentessa di Giurisprudenza che mangia Pop Culture a colazione e ve la racconta nel tempo libero. Trovo sempre il pelo nell'uovo ma non per questo disprezzo la frittata. Metà ironica, metà malinconica. Da grande voglio fare la Mara Maionchi. (@jadesjumbo)

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