Beyond the lyrics: Battle Symphony – Linkin Park

«Se la mia armatura si spezza la rifonderò di nuovo insieme»

Ben oltre la metafora bellica americana

Battle Symphony, sinfonia di battaglia. Un inno alla sopravvivenza. La solita americanata sullo star bene nonostante? Anche, forse. Ma qualche piccolo dettaglio in questa canzone le dà una luce particolare, rendendola l’ennesimo tassello dell’animo più introverso e tormentato dei Linkin Park.

L’album

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Credits: Linkin Park

One More Light (maggio 2017, Warner Bros Records e Machine Shop Records) è il settimo e ultimo album dei Linkin Park. Ultimo per sempre, perché il frontman Chester Bennington morirà suicida ad appena due mesi dalla sua uscita, il 20 luglio 2017.

Nel gennaio dell’anno prima Mike Shinoda aveva preannunciato l’arrivo di nuovi brani “really personal and revealing”, testimoniando il grande investimento emotivo che l’intera band aveva fatto nel comporli. Ma One More Light non arriva granché né ai fan, che lo definiscono “venduto”, né alla critica, che l’ha considerato la prova tangibile del definitivo distacco della band dal rock.

Innegabile che le sonorità siano del tutto pop e da qui “commerciali”. Completamente estinti gli scream di Chester Bennington, addio riff di chitarra, il tutto sacrificato sull’altare del sintetizzatore. Una conversione simile a quanto – ma con precedenti rock molto più soft – è accaduto ai Coldplay da Mylo Xyloto in poi.

Cover del singolo One More Light. Credits: Linkin Park

Mossa tattica per vendere di più o rivoluzione interna? Adeguamento alla moda o esplorazione stilistica? Per quanto diluiti in un sound meno intenso, i contenuti non mancano in One More Light. La canzone omonima è quasi il testamento di Chester e parla di suicidio con chiarezza inedita, accostandovi anche un (autentico?) barlume di speranza. E poi c’è Battle Symphony, anche lei impregnata di un ottimismo che fatica a reggersi in piedi.

Eppure la copertina dell’album mostra dei bambini a Venice Beach al tramonto. Una spensieratezza che, dichiarò Shinoda a Kerrang!, è quella che i membri della band provavano quando le loro famiglie si radunavano insieme. La vicinanza umana come antidoto alle amarezze della vita.

Beyond the lyrics

Battle Symphony si apre con una scena da Joker: sangue, sirene ululanti, un protagonista ramingo con tanta strada in vista (I got a long way to go) e altrettanta alle spalle (and a long memory). E se in uno scenario del genere i nemici potrebbero sembrare in carne e ossa, il ritornello chiarisce che non è affatto così. Il problema è sempre interno, come i Linkin Park ci hanno avvezzati a comprendere.

Difatti, quando si spengono le luci (when they turn out the lights) arrivano i mostri. La battle symphony potrebbe sembrare una marcetta bellica al cui ritmo ci si dà coraggio, ma è invece il lamento delle voci interiori. Finché c’è luce, finché la quotidianità si manifesta nella sua ingombrante positività, sopravvivere è meno doloroso, ma quando il buio incombe ecco arrivare la sinfonia demolitrice. Le voci interiori che urlano il loro inquietante messaggio.

Che tutto il mondo sia davanti a me non è di grande consolazione, perché il mondo è l’immobile spettatore che compare quando, nel buio, si medita sull’accaduto.

Bisogna quindi farsi forza da soli: if my armor breaks I’ll fuse it back together, se la mia armatura si rompe la rifonderò insieme. Non è facile ricostruire un’armatura fatta a pezzi, bisogna saldarli insieme, non basta accostarli. È il duro lavoro di chi tenta di rimettere in sesto per l’ennesima volta le proprie autodifese. Questo verso è il climax della canzone e di certo la sua frase più celebre.

Per favore, non arrenderti con me è una frase che potrebbero pronunciare in tanti: la stessa battle symphony, che prega la sua vittima di sopravviverle, oppure Chester, che chiede a chi lo ama di non mollare la presa stancandosi della ciclicità delle sue sofferenze. Potrebbe essere anche un invito rivolto a se stesso, per non arrendersi.

La seconda strofa ricalca in parte i temi della prima, di cui il senso di abbandono e lo straniamento (they say I don’t belong). La symphony è il metronomo di una solitaria sconfitta. Ma c’è un ma, c’è uno spiraglio. Alla musicaccia frastornante si sovrappone il suono di una voce amica (the sound of your voice) che fa cambiare direzione e verso al dolore, ricacciandolo indietro (puts the pain in reverse).

Ora si può andare avanti spediti, senza illusioni. Anche se, nel bene o nel male, quando si spengono le luci eccola tornare, come torna il ritornello, l’impertinente battle symphony.

Una battaglia persa?

Che conclusioni trarre da una canzone dai contenuti “forzuti” quando chi la scrive si è poi tolto la vita? Questi discorsi sono tutti carta straccia, ingredienti di una lista della spesa presso un mai frequentato mercatino dell’allegria?

Decisamente no. La depressione è una malattia, e l’iter di chi ne soffre è contorto, per certi versi ridondante. L’intera discografia dei Linkin Park è un intersecarsi di vita e morte, e lo stesso Chester Bennington sorrideva in foto una settimana prima di smettere per sempre. Ciò non toglie valore alle sue dichiarazioni precedenti, ai suoi tentativi, né forza al suo gesto.

Che la battle sia stata persa è solo l’ultima parte di una lunga storia. Una storia intensa e travagliata che è stato un piacere raccontarvi.

Non sono perfetto, la vita è disordinata, ma sai una cosa? Ho quello che serve dentro di me per raccogliere i pezzi, rimetterli insieme, rispolverarmi e andare avanti.

Chester Bennington in un’intervista per Upset Magazine

(Immagine di copertina tratta dal lyric video ufficiale di Battle Symphony, Linkin Park)


Questo articolo è l’ultimo di uno speciale Beyond the lyrics sui testi più iconici dei Linkin Park, la band più votata dai nostri followers su Instagram. Trovate qui tutti gli altri pezzi pubblicati, e qui tutti gli altri Beyond the lyrics a cura della redazione.

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