MADE IN FLORENCE: INTERVISTA AI CASSANDRA

La storia dei Cassandra è quella di tre ragazzi fiorentini che ce la stanno facendo, dopo aver superato molteplici ostacoli pur di perseguire i loro obiettivi

I Cassandra sono una band fiorentina composta da Matteo Ravazzi (voce), Francesco Ravazzi (chitarra) e Giovanni Sarti (batteria). Dopo molteplici anni di concerti dal vivo ed un album all’attivo (Campo di Marte) si ritrovano ora a rilasciare un nuovo singolo, che anticipa il successivo lavoro in studio: il singolo si chiama Sponsor ed è stato pubblicato il 6 ottobre 2023.

La band ama definirsi Dirty Pop e in questa intervista che ci hanno concesso scopriremo il significato di questo termine e tanto altro. Cominciamo!

Come vi siete conosciuti?

FR: Ci siamo conosciuti nel 2010, quando io e mio fratello Matteo avevamo un altro progetto a Firenze. Noi eravamo molto scarsi e prendevamo il tutto quasi come un gioco. Giovanni insieme alla sua associazione ci trovò un concerto, pur non conoscendoci: andammo a suonare e facemmo schifo come sempre (ride),però a quanto pare riuscimmo a trasmettergli qualcosa. Io dopo un po’ lo contattai su Facebook perché avevamo perso il batterista e gli chiesi se ne conoscesse uno. Io non sapevo nemmeno suonasse e lui rispose: “Io”.

GS: Trovai nella loro immaturità che sapessero scrivere già molto bene nonostante la poca esperienza. Abbiamo quindi iniziato a suonare insieme per 5/6 anni in un precedente progetto, che è finito… le vicende delle band sono sempre le stesse: è bello suonare, ma poi ci guadagni o no? Noi tre, da cinque che eravamo, siamo andati avanti. Con una produzione alle spalle, con i pezzi pronti ci mancava solo trovare un’etichetta: siamo stati tre anni fermi alla ricerca di qualcuno che si appassionasse al progetto, finché non abbiamo trovato la Mescal e da lì sono nati i Cassandra.

Da dove arriva il vostro nome?

MR: È una domanda per la quale tutti si aspettano una risposta di alto livello, ma in realtà il livello è molto basso. Davanti alla nostra sala una sera comparve una scritta: “Cassandra mi manchi”. Noi, che siamo sempre stati delle pippe a scegliere i nomi, trovammo che funzionasse. Prima diventò una canzone e poi da lì il nome del gruppo. La scritta accanto era “Lucia infame”, quindi fra i due abbiamo scelto sicuramente meglio (ridono).

Come definireste il vostro stile?

MR: I filoni principali sono due: uno è il cantautorato italiano dai grandi miti come Battisti, De Gregori, Dalla e Vasco fino a Cremonini, anche passando per il primo indie pop come Calcutta. L’altro è quello delle rock band, soprattutto quelle britanniche del nuovo millennio: Libertines, Arctic Monkeys e Strokes. Questi due filoni convivono e si prendono a cazzotti, ma il sound che esce fuori secondo me è un buon compromesso. È stato definito Dirty pop perché facciamo un pop appunto un po’ sporco.

Sporco in che termini?

MR: A livello di approccio che abbiamo noi alla musica. Anche nelle registrazioni, per esempio, teniamo quelli che possono essere degli errori o delle stonature minime della voce.

FR: Non c’è mai la ricerca del tecnicismo e tutto suona naturale. Anche durante le registrazioni è quasi sempre buona la prima: è tutto molto istintivo e di conseguenza, non essendo dei tecnici, il sound è dirty.

Cassandra, il brano che dà il nome alla band

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Dopo aver pubblicato 4 singoli è arrivato il vostro primo disco: che sensazione avete provato nel raggiungere questo traguardo?

MR: Il fatto che venissimo da due anni di Covid di totale immobilismo, anche del mondo della musica, ce l’ha fatto godere ancora di più. Ormai, tuttavia, nel 2023 il disco è forse puramente un feticcio per noi musicisti, una formalità. Quello che ci ha gratificati di più è stato aver trovato una realtà che ci permettesse di pubblicare la nostra musica. Poi siamo riusciti ad inanellare un bel tour da una trentina di date: sono queste cose a darmi soddisfazione.

FR: Ciò non è successo perché avessimo dei numeri incredibili su Spotify o partecipato ad Amici. Noi prima della Mescal non avevamo niente se non i nostri pezzi. Quindi, pensare che qualcuno si innamori così tanto dei pezzi tanto da investire su di noi è stata la soddisfazione più grande. Non avevamo mai avuto una persona che avesse creduto così tanto in noi come ha fatto il nostro produttore Marco Carnesecchi.

Raccontateci la genesi di Sponsor:

MR: È un pezzo a cui io tengo molto, perché è uno di quelli che quando li scrivi e arrivi in fondo ne sei contento, nonostante sia un pezzo pesante mi serviva scriverlo. Ha anche determinato l’arrangiamento del disco: volevamo un suono bello caldo per il singolo, quindi, provammo a registrarlo in presa diretta. Poi ci abbiamo preso gusto invece e abbiamo registrato tutto il disco in questa maniera. Sponsor ha subito molte volte molti cambiamenti, perché prima era più simile ai lavori dei CSI, però poi ci sembrava troppo pesante, quindi, l’abbiamo fatta un pochino più frizzante.

FR: Siamo passati dai CSI agli ABBA in un attimo (ride).

MR: È uno di quei pezzi scritti a metà, perché io avevo una strofa e mancava il ritornello, quindi, Francesco ha scritto questa filastrocca, questa melodia che era fondamentale per non rendere tutto il pezzo una palude affossante: così ha un effetto agrodolce. Fondamentale è stato poi il lavoro del nostro produttore, che ha messo tutti i pezzi a posto rendendoli efficaci.

FR: Non è così scontato avere una persona esterna che ha quella sensibilità per capire un pezzo non scritto da lui, ma che ascoltandolo poche volte riesce a individuare quali sono i punti che funzionano di più e quindi è bravo a rimescolare tutto. A quel punto però si inizia a discutere: magari scrivo una cosa che mi fa emozionare, poi arriva lui e dice che fa schifo. Quando scrivi un pezzo ci metti sempre qualcosa del tuo e quindi automaticamente per te ha un valore che non è lo stesso degli altri.

GS: Non è una cosa facile: ci vuole molta fiducia fra i componenti di una band e il produttore, perché ci possono essere anche discussioni pesanti.

MR: La fiducia è importante. Quando viene criticato il tuo operato bisogna sapere replicare e non è banale. Bel lavoro, lo consiglio a tutte le persone che hanno problemi di autostima (ride).

L’ultimo singolo dei Cassandra, Sponsor

Quali sono le vostre principali fonti di ispirazione?

MR: Io ho molte fonti di ispirazione, però quando vado a scrivere testi e melodie faccio cose sempre molto lontane da quello che ascolto, perché ciò che mi viene istintivamente di fare non vi corrisponde. A me piacerebbe comporre per esempio come i Rolling Stones, ma non ci riesco: io scrivo in modo molto personale, perché non essendo un virtuoso ho cucito il mio modo di cantare e di scrivere su quello che so fare. Non penso a delle reference e questo è un grosso problema per Marco, perché in studio quando realizzi un pezzo devi avercene per migliorare il lavoro del produttore. Noi invece non sappiamo mai cosa rispondergli.

FR: Ieri sera è successo proprio questo. Stavamo lavorando su un pezzo e puntualmente è arriva la fatidica domanda. Allora pensandoci su è emersa come reference Lana Del Rey, che ha dei suoni molto riverberati, però è la mia idea di quell’artista lì che probabilmente non è la sua: è veramente un gioco strano questo qui. Ora stiamo provando un nuovo percorso di scrittura lavorando direttamente su delle basi che Marco fa e che noi completiamo con degli aggiustamenti.

MR: Invece dal vivo la reference ce l’ho ed è quella dei frontmen attivi sul palco come Piero Pelù, Mick Jagger e Vasco.

GS: Quando sei sul palco a nudo tiri fuori la tua interiorità. Se per vent’anni hai ascoltato Stones o Verdena fino allo sfinimento, magari eseguirai fill come li farebbero i loro batteristi, perché li hai interiorizzati, però non ne sei realmente consapevole.

FR: Ho visto per anni video di Rolling Stones, Led Zeppelin, Jimi Hendrix e Stevie Ray Vaughan, è naturale che quando vai sul palco ti venga da fare come loro.

Progetti per il futuro?

MR: Ovviamente c’è un disco da preparare. Inoltre, torneremo a fare quello che ci riesce meglio, ovvero suonare dal vivo. Infine, stiamo già scrivendo, perché fare canzoni è tra le poche cose certe nella nostra vita e lo facciamo in maniera continua sperimentando sempre.

FR: Non c’è ancora una data ipotetica per l’album, ma con una visione abbastanza realistica nell’anno a venire… non lo sappiamo neanche noi, ma sappiamo che uscirà (ridono).


Dopo averci narrato la loro storia ed esposto il proprio approccio alla musica, i Cassandra rimangono vaghi sulle loro prossime mosse. In attesa di ulteriori sviluppi non ci resta che scoprirli con il loro ultimo singolo Sponsor.

Buon ascolto!

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Studente di Linguaggi dei media ed inguaribile nostalgico del rock dei decenni passati. Ascolto sempre tanta musica e di generi sempre diversi per espandere le mie conoscenze. Nel tempo libero suono anche la chitarra e stilo classifiche. (@luca_gilmour70)

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