Hugo Boss: uno stilista per l’armata del terrore

Vi siete mai chiesti chi abbia realizzato le divise e quei simboli inequivocabili della seconda guerra mondiale che ancora oggi perseguitano l’immaginario collettivo?

Tra qualche giorno ricorrerà la Giornata della Memoria, un evento dedicato al ricordo delle deportazioni naziste nei campi di concentramento, e un anniversario fondamentale celebrato in tutto il mondo.

Ma ciò che pochi di voi sapranno è che il regime nazista, oltre ad essere una pagina buia e terribile nella storia internazionale, è anche una macchia sporca sulla coscienza di una della case di moda più famose e ricercate ancora oggi globalmente.

Si tratta di Hugo Boss, azienda tessile tedesca, leader nella creazione e confezionamento di abiti eleganti prêt-à-porter da uomo dal 1923. 

Fondato in quell’anno da Hugo Ferdinand Boss – da cui poi erediterà il nome – a Metzingen, in un primo momento come produttore di abiti sportivi e impermeabili, il marchio vide la sua massima fortuna tra il 1931 e il 1933, quando dopo un anno di grave crisi economica che portò l’azienda a dichiarare bancarotta, divenne la produttrice ufficiale delle uniformi per la Wehrmacht (le forze armate tedesche), le SS e l’Hitlerjugent (la gioventù hitleriana). 

Non solo le camice bianche, nere, brune e marroni e le divise nere prima per le SA (Sturmabteilung – “Regime d’assalto”, il primo gruppo paramilitare del Partito Nazista) poi per il NSDAP (Partito del Nazionalsocialismo tedesco dei Lavoratori), ma anche i ben conosciuti loghi nazisti rientrarono nel graphic design dell’azienda. 

Nonostante la collaborazione in questo senso fu passiva, in quanto non furono lo stilista o i suoi collaboratori a scegliere direttamente i tagli degli abiti, lo stile e i colori, i profitti che dai bilanci risultano essere stati ricavati in quel periodo furono stellari, tanto che Hugo Boss fu persino sospettato di essere lo stilista ufficiale del Fuhrer e dei suoi generali – tuttavia ad oggi non ci sono prove che lo confermino.

Ma non è tutto.

La collaborazione con il regime non si fermò solo a questo, bensì consentì allo stilista di utilizzare per la lavorazione e il confezionamento delle sue mise almeno 140 uomini polacchi ai lavori forzati e 40 prigionieri di guerra francesi, costretti a lavorare in condizioni disumane, tra fame e sporcizia, e intimiditi dalle guardie del Reich.

Caduto il regime e dato il via alla denazificazione nel 1945, Hugo Boss fu accusato di essere un fervente sostenitore della corrente e processato per il suo “aiuto alla macchina da guerra nazista”:  venne di fatti costretto a pagare una multa di 100 mila marchi e venne privato del diritto di voto, e così evitò la prigione. 

Benchè si fosse difeso affermando di essersi “fatto nazista” solo per convenienza economica, in ragione della sua azienda, documenti e registri attestano che fosse iscritto al partito già dal 1930 e che condividesse a pieno le idee della supremazia tedesca

Morì nel 1948 per un ascesso dentale e in quello stesso anno, terminata ormai del tutto la produzione di divise, il fatturato calò al punto da essere vicini al fallimento.  Nel 1953 l’azienda riprese la produzione confezionando eleganti abiti da uomo, che ottennero un grande successo nonostante il passato oscuro, e nel 1985 il marchio tornò ad essere quotato in borsa tanto che nel 1993 lanciò la sua gamma di profumi “Hugo”, uno dei quali – Hugo Boss The Scent – è al quarto posto nella classifica mondiale dei 10 profumi maschili più venduti al mondo

Eau de parfum: www.hugoboss.com
avatar

"La mente è il proprio luogo, e può in sé fare un cielo dell'inferno, un inferno del cielo."

1 Comment

  1. Questo orribile periodo aveva delle divise stupende. L’estetica nazista è ad oggi ancora sorprendente in quanto ad eleganza e fascino.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.