Le pulsar e la nebulosa Mano di Dio

La nebulosa Mano di Dio non è una normale nebulosa: al suo interno si trova una pulsar. Scopriamo insieme di cosa si tratta.

La nebulosa Mano di Dio non è una normale nebulosa con dentro una nana bianca: dentro a quel puntino luminoso infatti si trova una pulsar. PSR B1509-58 è una pulsar a circa 17,000 anni luce nella costellazione del Compasso scoperta dall’Osservatorio Einstein nel 1982.  La sua età è di approssimativamente 1700 anni ed è situata in una nebulosa la cui estensione è di 150 anni luce. Il nome, Mano di Dio, deriva dallo straordinario fenomeno che questa stella è in grado di generare. La NASA la definisce infatti così:

Una stella di neutroni in rapida rotazione che sprigiona la propria energia nello spazio circostante creando strutture complesse e affascinanti, compresa una formazione che ricorda una grossa mano cosmica.

Fonte: NASA

Che cosa sono le pulsar?

Le Pulsar (che sta per PULsating stAR) sono state scoperti casualmente nel 1967 al Mullard Radio Astronomy Observatory di Cambridge da una giovane studentessa di dottorato, Miss Jocelyn Bell, sotto la supervisione del professor Antony Hewish dell’ Università di Cambridge. Dagli studi di Bell è stato rilevato accidentalmente un segnale pulsato estremamente regolare, proveniente da un oggetto chiamato CP 1919, che si ripete ogni giorno alla stessa ora con un periodo di 1,3 s.

Credits: Cambridge University

La natura fisica delle pulsar è stata dibattuta dopo questa scoperta, la più plausibile si ebbe da Pacini che propose che le pulsazioni fossero originate da una rotazione di una Neutron Star (stella di neutroni – NS). A causa del disallineamento tra l’asse di rotazione e l’asse magnetico, le pulsar irradiano raggi radio dai loro poli magnetici, che possono essere osservati sotto forma di impulso solo quando il raggio intercetta la nostra linea di vista. Questo è detto modello del faro.

Le pulsar sono oggetti autogravitanti tenuti in equilibrio dalla pressione di degenerazione dei neutroni che principalmente li costituiscono.

Essi godono condizioni fisiche estreme:

  • densità media elevata ρ ~ 1014 g cm-3 ;
  • massa di circa 1,4 masse solari con dimensioni paragonabili a quelle di una città (R ∼ 10 km);
  • alta velocità di rotazione (tra 0.001 s – 1 s);
  • elevato campo magnetico superficiale (B ∼ 108−14 G, per confronto il Sole ha un campo magnetico di 1G).

Come si rilevano le pulsar?

La possibilità dell’esistenza di questi oggetti era stata teorizzata nel 1934, anno in cui si è ipotizzato che una stella di neutroni potesse essere il prodotto dell’esplosione di una supernova. Infatti, quando una stella massiccia si avvicina alla fine della sua vita nella sequenza principale, gli elementi leggeri nel suo nucleo si esauriscono e la combustione nucleare cessa. La pressione di radiazione ridotta non può più sostenere la pressione gravitazione stellare e il nucleo collassa, formando un NS. Gli strati esterni della stella rimbalzano dal nucleo solido e vengono espulsi in una supernova.

Credits: Parsec blog

Ad oggi, secondo l’Australia Telescope National Facility (ATNF), sono note circa 2800 pulsar a rotazione e circa il 97% di loro si vede nella banda radio. I differenti tipi di pulsar sono raffigurati nel diagramma P − P˙ (cioè il diagramma evolutivo delle pulsar radio).

Le pulsar giovani e ordinarie sono concentrati nel piano galattico, invece le pulsar normali continuano a girare verso il basso, fino a superare la cosiddetta linea della morte, dove l’emissione radio si spegne e le pulsar diventano non rilevabili.

Credits: Pngkey

A cosa servono le pulsar?

La scoperta delle pulsar ha confermato l’esistenza di stati della materia prima solo ipotizzati, come la stella di neutroni, e impossibile da riprodurre in laboratorio a causa delle alte energie necessarie, gravitazionali e non. Inoltre, le pulsar millisecondo hanno consentito un nuovo test della relatività generale in condizioni di forti campi gravitazionali. Sono in corso degli studi per verificare la fattibilità di utilizzare le pulsar al millisecondo per determinare con precisione la posizione di un oggetto che si muove a migliaia di chilometri all’ora nello spazio profondo.

Una scala temporale basata su misurazioni di pulsar funziona in modo del tutto indipendente dalla tecnologia a orologio atomico utilizzata, non si basa su scambi tra stati di energia atomica ma sulla rotazione di stelle di neutroni.

Ingegnere di navigazione Stefano Binda, supervisore del progetto PulChron.

Il progetto dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) dal nome PulChron mira proprio a dimostrare l’efficacia di una scala temporale basata sulle pulsar per la generazione e il monitoraggio dei tempi di navigazione satellitare.

Fonte immagine di copertina: NASA

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Studio Astrofisica presso l'Università degli Studi di Palermo. Amo sorprendermi e chiedermi il perché delle cose. E cerco di vivere ogni giorno portando avanti i sani principi del metodo scientifico galileiano. "Pochi perché nella vita valgono più di qualsiasi come"

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