Ode alla scienza

Di fronte ai tempi record della campagna vaccinale, la grande e discussa protagonista rimane la scienza. Perché dobbiamo fidarci di lei?

Fin dai tempi più antichi, l’esigenza di comprendere il mondo che ci circonda – dall’ elemento più piccolo fino al sole, le stelle e l’universo intero – ha spinto l’uomo a cercare di dare delle risposte univoche e fondate alle eterne domande che lo attanagliavano. Conoscere i fenomeni che lo circondavano infatti consentiva non solo di alimentare la sua curiosità ma gli permetteva di progettare una forma di difesa verso quegli eventi inspiegabili, come terremoti, alluvioni, eruzioni vulcaniche, che erano e sono ancora oggi, causa di atroci sofferenze.

La nascita della “curiosità” scientifica

Le prime argomentazioni riguardo questi fenomeni furono affrontate in una cornice religiosa, mitologica, filosofica. Col progredire della civiltà, con la rivoluzione scientifica e con l’Illuminismo, la curiosità dell’uomo prese una direzione differente: la sua attenzione si spostò non più verso verità assolute, bensì verso l’esamina di fenomeni definibili e separabili. Non bastava semplicemente chiedersi «Che cos’è la vita?», «Cosa c’è sopra di noi?» ma «Quali minuscole particelle compongono ogni essere vivente?», «Come si muovono i pianeti?». Fu proprio così, che nacque la scienza.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

L’importanza del metodo scientifico nell’era di internet

Da Galileo in poi, infatti, il suo ruolo fu percepito come un unico motore di progresso della nostra civiltà. In quegli anni, l’introduzione di un metodo di analisi dei fenomeni scientifici, che da ipotesi opportunatamente verificate arrivava a conclusioni certe e inconfutabili, ha rappresentato una netta linea di confine tra ciò che è scienza e ciò che è mitologia, filosofia o semplice “aneddoto”. Oggigiorno, con Internet e il continuo fluire di notizie gratuite e veloci, risulta chiaramente più semplice affidarsi a fatti, più o meno attendibili, piuttosto che teorie scientifiche accuratamente analizzate e verificate. Immaginiamo un nostro antenato, che vede un suo simile morire dopo aver mangiato una mela. Ecco, un’interpretazione comune dei fatti farebbe pensare «la mela è avvelenata! Buttiamola via!».

Foto di Prawny da Pixabay

Nel pensiero comune questa conclusione andrebbe bene e probabilmente nel corso della storia ha anche contribuito a salvare molte vite. Tuttavia una corretta interpretazione scientifica dei fatti permetterebbe di stabilire che la coincidenza temporale tra la morte e la digestione della mela potrebbe anche essere una mera casualità. Allora seguire il pensiero comune ci avrebbe spinto erroneamente a buttare via una mela in realtà sana.

Gli scopi e i limiti: che cosa chiediamo alla scienza

Uno degli errori più comuni circa il nostro atteggiamento nei confronti della scienza è quello di pretendere da essa verità di tipo assoluto, quasi a considerarla una vecchia maga, capace di dare risposte a qualsiasi domanda, non comprendendone invece la sua dinamicità e perfettibilità.

Sappiamo come gli scopi dello studio scientifico, siano principalmente tre: la comprensione, la spiegazione e la predizione. La prima ci fornisce l’essenza del fenomeno, la seconda ci dice il perché avviene in un modo piuttosto che in un altro, la terza invece la predizione, la più specifica e complessa, è quella che cerca di farci comprendere il modo in cui la scoperta di un dato fenomeno influenzerà il mondo che ci circonda. È proprio quest’ ultimo aspetto ad essere il più affascinante, intrigante ma allo stesso tempo imperfetto.

Prendendo come esempio una semplice molecola di gas, da una corretta e laboriosa analisi in laboratorio, si possono dedurre con certezza le sue caratteristiche chimico-fisiche e le sue condizioni inziali, ma sarà impossibile, in seguito a una collisione con altre particelle di un gas, riuscire a prevedere la sua esatta posizione. Un po’ come pretendere di conoscere a priori tutte le possibili conseguenze che le nostre azioni avranno sulla nostra vita. La scienza, in fondo, studia tutto ciò che è vita e di quest’ ultima è probabilmente la più fedele rappresentazione.

Spesso chi realizza una ricerca o una scoperta scientifica difficilmente ha già in mente i benefici che il mondo circostante ne trarrà.  Chadwick o Rutherford non avrebbero mai pensato che i loro studi sulla radioattività avrebbero avuto un tale peso in campo medico, in particolare nella cura del cancro, né Hertz scoprendo le onde radio, aveva in mente le telecomunicazioni.  Quando Michael Faraday, in seguito alla scoperta dell’elettricità, tenne una conferenza alla Royal Academy e un membro del Parlamento inglese gli chiese: «A cosa serve quest’ esperimento», egli rispose: «È come chiedersi a cosa serva un bimbo appena nato!». Quel bimbo sarebbe poi divenuto l’industria elettrica, oggi risorsa fondamentale per la nostra vita.

Perché dunque investire nella scienza?

Questa è sicuramente una domanda legittima, se si pensa come ad esempio solo il budget del Cern, il più grande laboratorio di ricerca della fisica delle particelle, si aggiri attorno al miliardo di euro l’anno. Ci si potrebbe giustamente domandare il perché e l’utilità di impiegare così tante risorse per qualcosa che non ha apparentemente un immediato vantaggio.

Perché non dedicare dunque questi fondi per aiutare direttamente chi ne ha più bisogno?

Suor Mary Lacuna

Fu questo il contenuto della lettera inviata nel 1970 da Suor Mary Lacuna, missionaria attiva in Zambia, al direttore della Nasa Hert Stuhlinger, reo secondo lei, considerati i successi del programma Apollo, di voler condurre una costosissima missione spaziale su Marte. Nella lettera di risposta inviata alla suora, Stuhlinger argomentò le sue ragioni tramite un racconto.

Scrisse che circa 400 anni prima, in un piccolo villaggio, vi era un uomo che si dilettava a rifinire delle lenti, che montava su dei cilindri, con i quali si divertiva ad osservare oggetti molto piccoli. Un giorno, un conte che passava per caso da lì, si entusiasmò delle scoperte dell’uomo e decise, non solo di assumerlo, ma di finanziare la sua ricerca. La decisione del conte scatenò la rivolta degli abitanti del villaggio, che inferociti pretendevano che quei soldi dovessero essere destinati ad altri scopi, per loro più importanti. Solo il tempo poi diede ragione al conte, infatti, quello strano ma curioso oggetto di cui si era invaghito, è conosciuto oggigiorno come microscopio e ha contribuito negli anni a un rapidissimo sviluppo degli studi e della ricerca scientifica, riuscendo a salvare milioni di vite umane.

Foto di Anna Shvets da Pexels

Una battaglia da vincere

L’ ultimo anno appena vissuto ha messo a dura prova l’intero mondo scientifico. La scienza sta oggi affrontando la più grande sfida dell’ultimo secolo. La progressione dell’attuale campagna vaccinale dimostra come la sua risposta sia stata forte, coraggiosa e rapida. Tanti sono stati i plausi, gli elogi ma altrettanti sono, soprattutto in questi ultimi giorni, le polemiche, i dubbi, le incertezze. Arriverà il giorno in cui si riconosceranno i meriti e si analizzeranno gli errori, ma fino a quando quest’immane sfida scientifica non sarà stata vinta, proprio come fece quel conte in quel piccolo villaggio, non ci rimane altro che affidarci a lei.

In copertina: foto di Artem Podrez da Pexels

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Studente d'Ingegneria, amante del mondo, della bellezza, dei numeri. La scrittura mi permette di unire la cultura umanistica con la scienza, due mondi apparentemente distanti ma in verità complementari, indispensabili l'uno per l'altro. Cerco di vivere la mia vita alla costante ricerca di un'incognita “x", in grado di dare una risposta a tutte le mie domande. Come scriveva Montale “sotto l’azzurro fitto del cielo qualche uccello di mare se ne va; né sosta mai, perché tutte le immagini portano scritto: più in là”!

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