Per crescere un bambino, ci vuole un villaggio.

Una riflessione e analisi sulla maternità, come augurio per la festa della mamma.

Oggi, 10 Maggio, in Italia, si celebra la festa della mamma, una festa che fin dalla sua nascita è stata ricca di dibattiti, a causa della complessità nel descrivere un tema così delicato. Abbiamo quindi deciso, come augurio per questa festa, di dedicare un articolo di analisi e riflessione sulla maternità, grazie all’aiuto di un’esperta nel settore. Angela Babetto è un’ostetrica, libera professionista, laureata in ostetricia nel 2018, presso l’Università di Padova. In seguito si è formata presso la scuola elementale di arti ostetriche per l’assistenza fisiologica al pre-concepimento, gravidanza, parto, e post parto fin all’anno del bambino, ha seguito un corso sulla salute fisiologica a Firenze, sull’allattamento dell’OMS, e svariati corsi per la riabilitazione del pavimento pelvico. Ora lavora prevalentemente come ostetrica a domicilio, e presso l’associazione il Melograno di Padova.

Innanzitutto, abbiamo voluto conoscere meglio Angela e la sua professione.

Foto presa da Pexels.com

Che cosa ti ha spinto a scegliere questa professione? C’è stato un momento nella tua vita in cui hai capito di voler fare l’ostetrica? Che cosa significa svolgere questo mestiere?

Non saprei dirti il momento preciso in cui l’ho capito, è stato un percorso in cui pian piano ogni tassello è andato al giusto posto. Fin da piccola passavo molto tempo in compagnia di mia nonna materna. Lei come lavoro faceva l’infermiera ad assistenza domiciliare, e a volte mi portava con sé. Quel suo mondo e il suo modo di accompagnare, assistere e prendersi cura dell’altro mi ha sempre affascinato. Così, fin da piccola in me si è sviluppato il desiderio di praticare una professione in cui mi sarei dedicata agli altri. Quando avevo 14 anni mia mamma rimase incinta del mio fratellino più piccolo. Io seguii tutta la gravidanza con estremo interesse, accompagnandola alle visite, assistendo al momento in cui scoprimmo che sarebbe stato maschio, fino a al giorno della sua nascita. Mi diedero tra le braccia quel piccolo fagottino, nato da appena un’ora, poi lo portai al nido e a fare il primo bagnetto insieme a mio papà e quell’emozione mi ha segnata. Queste due importanti esperienze della mia vita mi hanno portato a capire che l’ostetrica era quello che volevo fare, e nient’altro.

Per me essere ostetrica significa camminare accanto alle donne e alle famiglie, accompagnandole nella loro vita.
Affianco la bambina nella conoscenza del menarca (la prima mestruazione); la ragazza nell’educazione sessuale e alla contraccezione; la giovane donna nel scoprire la sua fertilità e nell’affrontare le eventuali problematiche fisiche e psicologiche, la mamma nell’assistenza alla gravidanza fisiologica, al parto, all’allattamento, allo svezzamento; la famiglia nell’affrontare i problemi riguardanti la genitorialità; la donna nella prevenzione del tumore al seno e al collo dell’utero, nella riabilitazione al pavimento pelvico e nel cammino verso la menopausa. Ognuna di noi ostetriche sceglie poi in che ambito specializzarsi, ma la cosa più importante per me dell’essere ostetrica è proprio quello stare accanto, non davanti, non dietro, ma accanto! Il tutto per poter accompagnare la donna nella magia e nella bellezza dell’essere donne.

Vogliamo ora approfondire maggiormente la figura della madre. In base alla tua esperienza esiste un motivo preponderante che spinge alla scelta di essere madri? C’è un fattore comune a tutte le madri?

Questa è una domanda molto difficile. C’è chi sente fin da bambina che vorrebbe essere madre, per altre il desiderio arriva più tardi, altre donne si trovano ad esserlo, altre ancora non lo vogliono e non lo vorranno mai. Sicuramente è una scelta molto personale, spinta da motivazione diversissime tra loro, ma tutte egualmente rispettabili e da rispettare. Sicuramente essere madre è un gesto di un grande amore, con tutte le sue mille sfaccettature, e con tutta la complessità nel racchiuderle tutte. Per far comprendere la difficoltà di definire cosa significhi essere madre, voglio fare una riflessione su un tipo di madri di cui spesso ci dimentichiamo: le madri poli-abortive, o le madri che fisiologicamente non riescono a diventare madri. In loro, in quelle famiglie, c’è stata l’idea, la preparazione per avere un figlio, ci si è innamorati di quel bambino che doveva venire al mondo, insomma ci sono tutti i sentimenti che ritroviamo nell’essere madri. Poi però quel figlio nel qui ed ora non c’è, per cui la società dimentica che quelle donne sono state e sono a loro modo madri, e dimenticarsi di loro è ignorare il loro dolore, la loro storia, quando invece andrebbe valorizzato. Ecco perché in un certo senso non amo questa festa, perché mi spaventa l’idea di quante madri si possano sentire escluse, quando invece il loro essere madri è valido e unico quanto quello delle altre. C’è quindi un mondo di madri che dovrebbe essere valorizzato che avrebbe bisogno di maggiori diritti e assistenza e che non viene invece considerato.

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C’è una frase che mi piace molto e che dico sempre alle mamme: “Non esiste la madre perfetta, ma la madre giusta per quel bambino”. Quindi, ritornando alla tua domanda, tutte le madri sono diverse, ogni madre ha la sua caratteristica ed è bene che sia così. Molte volte, soprattutto nei primi mesi, le mamme tendono a mettersi in confronto con le altre: “Il mio bambino dorme sempre, l’allattamento al seno si è avviato perfettamente” mentre tu mamma hai un figlio che non dorme mai, o utilizzi il latte artificiale, e per questo pensi di non essere o fare abbastanza. Consiglio: non fate confronti con le altre mamme! Ogni bambino, ogni storia, ogni famiglia è diversa ed è bellissima e perfetta nella sua diversità! Piuttosto di guardare le altre e confrontarle con voi, sforzatevi di guardare il bello nel vostro bambino e nella vostra famiglia! C’è sempre!

Vorremmo ora analizzare come viene percepito questo ruolo nella società, e capire quali sono i maggiori ostacoli, che cosa pensi significhi essere madre oggi in Italia?

Sono consapevole del fatto che su molti campi ci sia stato un passo in avanti rispetto al passato, ma più verso la direzione di rendere le donne come gli uomini, quando le donne in realtà sono differenti agli uomini. Cerco di spiegarmi meglio attraverso un immagine che trovo molto esplicativa.
Ci sono tre persone davanti a un muro, che cercano di guardare al di là. Uno molto alto che vede perfettamente oltre il muro, uno di media statura a cui manca veramente poco per vedere oltre, e l’ultimo molto basso che non riesce nemmeno in pinta dei piedi a vedere cosa c’è dietro. Ora, per come la società ha inteso l’uguaglianza, pensa che io debba fornire a tutti e tre uno stesso rialzo per vedere oltre al muro, magari con una misura prestabilita, per cui il terzo soggetto in realtà è solo più alto, ma non riesce ancora a vedere oltre. L’uguaglianza invece è diversa, dovrebbe dare a tutti le stesse possibilità e libertà, dando metaforicamente il giusto rialzo in base alla condizione, ossia tenendo conto della diversità. La donna ha conquistato la possibilità di lavorare, e già con delle riserve, ma ha dovuto rinunciare per lo più al suo essere donna.

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Essere madre è un valore ancora poco considerato, e spesso se lo sei, puoi avere tempo di essere solo quello. È molto difficile essere mamma e al tempo stesso anche donna, lavoratrice, moglie. La società dà ancora poco peso alla famiglia. Lo stiamo vedendo tantissimo in questo tempo di crisi per il Covid-19! Gli aiuti alle famiglie sono pochi e insufficienti e portano molte famiglie a considerare il licenziamento di uno dei genitori per poter andare avanti, e spesso in automatico è la donna che rimane a casa. Credo che ci sia ancora molto da fare per poter rendere eguale il ruolo di genitore, per far si che non sia scontato che solo la madre debba accudire i figli, che ci sia invece una divisione paritaria del compito tra i due genitori. In questo i nostri fratelli nordici come la Finlandia sono molto avanti nei tempi. Basti pensare che a inizio anno hanno aumentato il congedo parentale a ben 14 mesi, divisibili equamente tra madre e padre, mentre, in Italia, la madre ha un congedo di massimo 5 mesi retribuiti al 100%, poi al 30%, mentre il padre ha solo 7 miseri giorni, per assistere madre e figlio. Siamo lontani anni luce da ciò che dovrebbe essere e questo è solo un esempio di mille altri che si potrebbero fare!

Manca da parte della politica e della società una reale valorizzazione e assistenza alle famiglie. Viviamo in un mondo che ci considera quasi esclusivamente come lavoratori e nient’altro, e di conseguenza la famiglia cade sempre in secondo piano con tutte le conseguenze negative che questo comporta. Non viene dato il giusto tempo e il giusto supporto fisico e psicologico alla madre e alla famiglia e questo può essere solo un danno non solo per la singola persona, ma anche per il benessere sociale.

Dato che hai già fatto un accenno prima, ci puoi dire cosa sta comportando, secondo te, essere madri al tempo del Coronavirus?

Molte mamme, soprattutto le neo-mamme, mi riferiscono che questo periodo di isolamento ha permesso di mantenere fuori dalla porta i giudizi e i consigli non richiesti. Spesso, infatti, le donne si sentono inadeguate e oltre modo preoccupate a causa di persone che si intromettono nella loro genitorialità, non permettendo di seguire invece un maestro fondamentale, l’istinto, e soprattutto negandogli la libertà di compiere le proprie scelte. Inoltre, molti papà si trovano per la prima volta a passare molto più tempo con i propri figli, o almeno più dei quei famosi 7 giorni del congedo permesso dallo Stato. Questo ha permesso alle mamme di avere molto più aiuto e supporto in casa, rispetto a prima, permettendo a loro di sentirsi non solo mamme 24 ore su 24, ma anche donne che possono curarsi di se con un bel bagno caldo, o con quello che ognuna di noi preferisce di più, senza avere il pensiero dei figli, che stanno con il papà. Insomma si è potuto fare esperienza di quel che significa una divisione paritaria del ruolo di genitori, e della bellezza di poter passare più tempo di valore con i propri figli, e di avere più tempo da dedicare al proprio benessere fisico. Oltre a tutte queste cose, sicuramente positive, le famiglie però soffrono anche molto però per le difficoltà, che il virus ha comportato, soprattutto nel non poter uscire, o portare i bimbi al parco, o farli giocare con gli amici. I bambini si annoiano molto ed è difficile dare sempre un’alternativa attraente, per poterli distrarre. Inoltre ci si può trovare disorientati ed in difficoltà nel non avere aiuti da parte dei nonni o degli amici di famiglia, che spesso costituiscono un supporto fondamentale nei momenti di incertezza, o quando si intraprende un nuovo percorso, come quello di diventare genitori. La situazione dunque ha fatto emergere lati positivi e negativi, da cui sarebbe meraviglioso se nascesse una profonda e concreta riflessione a livello politico, che porti a sostanziali cambiamenti nell’ambito della famiglia.

Infine ti chiediamo c’è un messaggio particolare o un augurio che vorresti fare alle madri, in questa festa a loro dedicata?

Mamme siete forti e siete perfette per il vostro bambino! Vi voglio dire anche che la maternità non è solo rose e fiori e che è giusto e normale sentire che a volte non ce la si fa. A volte può essere dura, ma non abbiate paura di esprimere il vostro bisogno di aiuto. Create intorno a voi una rete di sostegno familiare, amicale e anche professionale, a cui possiate sempre chiedere aiuto, un aiuto sincero e senza giudizi! Un bellissimo detto africano dice: “per crescere un bambino ci vuole un villaggio” ed è proprio vero! Non siete sole, e noi ostetriche siamo qui per aiutarvi!

Prendere la penna in mano mi rende terribilmente felice. Fin da piccola mi sono innamorata del mestiere di scrivere, poteva essere il classico romanzo rosa, invece porto le cicatrici sul corpo di questo amore. Combatto ogni giorno per conquistare un pezzo del mio sogno, vivere di parole, perché anche se mi fa soffrire ne sono terribilmente innamorata.

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