Perchè nei film la gente continua a baciarsi?

Nei gesti automatici che diventano sospetti si cela il seme della paura. Chi ne ha la responsabilità?

E’ possibile quantificare la pressione mediatica sull’argomento Covid-19?

Probabilmente dovremmo registrare tutti i minuti impiegati dalle tv e dalle radio a parlare di pandemia. Per i media “scritti”, dovremmo contare tutti i caratteri di ogni articolo per determinare quanto realmente il tema Covid-19 sia argomento principale.

Impresa piu facile a dirsi che a farsi!

Informazione propagandistica

L’informazione continua a svolgere in questi giorni difficili un ruolo fondamentale, ma non sempre consono. Le linee editoriali delle testate sono basate su valutazioni economiche e politiche, e non basterebbe un articolo per sviscerare questo argomento; in questo anno è emerso un comportamento da parte dei media che reputare insistente e terrorizzante risulterebbe eufemistico. Oserei dire, ai limiti della propaganda!

Non possiamo effettuare un calcolo analitico, ma di certo siamo in presenza di un bombardamento continuo di informazioni legate al Covid. Sarebbe opportuno dimostrare una qualsivoglia convergenza politica di tali comportamenti da parte degli organi di informazione, sicuramente di profitto, ma entreremmo in un ambito molto scomodo e la ricerca delle fonti per avallare queste tesi sarebbe indaginosa e a tratti quasi proibitiva.

La non curanza, però, porta a conseguenze psicologiche sulla popolazione in alcuni casi molto gravi. E’ stato pubblicato molto sul tema: dalle previsioni sui possibili effetti del lockdown avanzate a marzo 2020, la psicologia ha potuto, un anno dopo, accumulare quantità di dati impressionanti come fossimo in un enorme bolla sperimentale senza precedenti. Ma, ancora non viene affrontato il ruolo che l’informazione martellante ha in questa problematica.

La fonte piu eminente per cogliere i devastanti effetti di una propaganda del terrore è l’esperienza diretta dei soggetti che possano raccontare la propria storia.

Foto di Markus Spiske da Pexeles.com

Una storia…

Il pomeriggio dell’ 11 marzo 2020 ascoltavo le notizie che rimbalzavano ovunque. Sui giornali, radio, tv, social impazzava la conferenza stampa appena rilasciata dall’OMS in cui si dichiarava il covid-19 ufficialmente una Pandemia. Ricordo il mio particolare stato d’animo: non fui scosso dalla paura, anzi.  Quello che mi ripetevo era: “Ecco, il mondo ha ufficialmente fallito”. Lo sapevo e non ne ero sorpreso. Mi aspettavo questo ormai da qualche tempo e non di certo perché lo sperassi.  

Perche? Perche negli ultimi dieci anni ho assistito alla nascita di 5 nuovi virus endemici: Ebola, Aviaria, Sars, Mers, H1N1, letali e tuttora senza certezza di cura. Negli ultimi venti anni invece, avevo già assistito al crollo delle Torri Gemelle, a tre default economici mondiali, alla crisi del debito sovrano, all’austerity. Avevo visto la Grecia appesa ad un filo e l’Italia andarle a ruota e la natura cercare disperatamente il suo posto. Avevo assistito alle dimissioni di un Papa.  

La concentrazione di eventi accaduti dal 2000 ad oggi e il loro peso specifico ha generato in me, nel corso del tempo, un senso di avvicinamento o avvicendamento all’inevitabile. Quel pomeriggio di Marzo era una punto esclamativo ad una storia iniziata qualche decennio prima. Non fu una sensazione di morte fisica, legata ad una condizione sanitaria o medica nello specifico; per me stava iniziando il buio più buio prima dell’alba.

WHO from Pexels.com

Prima del Covid era gia iniziata la storia del fallimento del mondo.

Sorridevo ironicamente come chi gonfia il petto e sa di non essere stato colto impreparato. Avessi potuto, avrei risposto a quelle dichiarazioni: “Non mi fregate, lo sapevo che avreste fallito prima o poi”. Aspettavo da molto tempo il crollo dell’effimero muro innalzato dal mondo occidentale e tenuto insieme da fragilissimi fili di cotone. Quel muro, già profondamente scheggiato, stava venendo giù. Come scosse di terremoto, gli eventi accaduti dopo il secondo millennio avevano crepato la sfera politica, economica e religiosa. Ma il tassello sanitario era quello che avrebbe fatto cascare tutto come tessere di un domino.

Quella idea, partorita naturalmente dalla mia coscienza, non apparteneva (e non appartiene) a teorie complottistiche: avevo unito i puntini della storia e la sfiducia nel “sistema” aveva fatto il resto. Una consapevolezza che mi proteggeva dalla paura, dall’angoscia e dallo smarrimento.

Il primo lockdown non l’ho nemmeno avvertito: tre esami all’università, un po’ di meritato riposo dal lavoro. Tanti hobby dimenticati e ripresi: il pianoforte, la scrittura, i libri. Un po’ di jogging serale e soprattutto una magnifica scusa per non andare la sera nel solito pub, per le solite code, per il solito menù. E poi il traffico: era sparito in città.

Life Matters da Pexeles.com

Ho visto per la prima volta la paura negli occhi di chi credeva che il mondo fosse infallibile. Chi credeva di essere perfetto nella sua vita superficiale, che avremmo potuto continuare ancora per molto in quel superfluo fatto di cocktail, disco music e programmi tv trash, si sarebbe ricreduto. Ho sempre sostenuto un mondo diverso, sensibile e concreto da raggiungere con impegno e sacrificio. E mi inorgoglivo sempre di più perché avevo previsto tutto.

Non si trattava di un sadico gioco; mi proteggevo perché conoscevo la storia. Nell’incertezza del pericolo e del momento, chiedevo aiuto alla storia. Avevo letto e studiato situazioni simili e confidavo nel ricorso storico. Cosi facendo non avrei permesso al Covid di modificare la mia mente, ma solo la mia routine. Ma non ho mai smesso di proteggere me e gli altri, di seguire le regole, di prestare attenzione e di credere alla gravità di quello che stava accadendo.

Anche io ho costruito il mio muro. E anche il mio muro di protezione è crollato.

Un film dentro un film

È iniziato tutto con un fastidio mentre guardavo un film: i protagonisti si abbracciano, si baciano, la gente assembrata sullo sfondo. Perche si abbracciano? Perchè sono tutti senza mascherine? Cosa sta succedendo?

Stavo iniziando a guardare i film con sospetto. Quel mondo non era più il mio, quei gesti non erano più miei e io non me ne ero accorto. Provavo fastidio in quelle scende di recita televisiva che simulavano una vita lontana; quel fastidio divenne disagio, poi pericolo, fino a diventare paura.

E’ stata questa la mia linea d’ombra.

Il Covid ha modificato la mia mente, il mio comportamento e il mio modo di fare e guardare le cose. Non è sufficiente dire che mi sono allontanato dalle persone; il problema sta nei piccoli gesti, negli incontri in pianerottolo con estranei che guardi con circospezione, nei passaggi sui marciapiedi affollati all’ombra del pericolo del contagio. Il nido della paura piu profonda è lì, nei gesti automatici che diventano sospetti. La distanza sociale è un illusione se ti senti cosi vicino all’amico positivo dell’amico che hai incontrato per tre secondi in strada. E il tuo mondo è ormai circoscritto a due luoghi e le solite persone: lavoro e casa e credo non sia nemmeno sufficiente per evitare il pericolo del contagio.

Perché questa caduta?

Perché dopo dieci mesi da quella conferenza stampa sono crollato sotto i colpi incessanti della comunicazione. Covid, positivi, vaccini, pandemia, morti, varianti, polmoniti, ricoveri. Il nemico comunicativo è più attrezzato e ha vinto alla distanza. Goccia a goccia, si è insinuato nella mia mente lavorando nel tempo e scardinando l’armatura di cui mi ero forgiato.

Ho resistito fino a che ho potuto, ancorandomi a conoscenza e storia ma mantenendo lontano le ombre del fanatismo. Un difficile equilibrio da mantenere, una strategia vincente per un po’ di tempo e poi caduta sotto la mitragliatrice informativa dei media.

E dov’è la responsabilità degli organi informativi ?

Le testate giornalistiche di ogni tipo dovrebbero fare ciò che la sanità sta facendo con gli ammalati: fornire riparo, protezione e cure. Questo non avviene per logiche del tutto vacue che nulla hanno a che fare con la protezione psicologica e quando questa guerra sarà vinta, forse un giorno ne dovranno rispondere. Nel frattempo non devo cercare colpevoli della paura, perché so già chi sono.

In copertina “L’ ultimo Bacio” film di G. Muccino. Immagine da https://www.cubemagazine.it/2021-02-06-l-ultimo-bacio-film-stasera-in-tv-cast-trama-curiosita-streaming/

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Io sono Arnaldo Berardi. Sono nato a Bari il 7 Dicembre del 1989 di un piovoso giovedì d’inverno. Attualmente studente del corso di “Strategie per i mercati internazionali” presso la facoltà di Economica dell’Università di Bari “Aldo Moro”. Sono assetato di conoscenza e vivo la mia vita nella consapevolezza che la cultura sia l’unica via per l’evoluzione dell’anima. Il sogno da realizzare è quello di poter divulgare cultura che possa arrivare a chiunque in qualsiasi parte del globo, indistintamente.

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