Piccole donne

Una danza che non passa mai di moda

«Nessuno dimenticherà Jo March», afferma la stessa Jo in una scena di Piccole Donne, nelle sale italiane dal 9 gennaio. Mai parole furono più giuste; perché il personaggio principale del grande classico di Louisa May Alcott aspira a scalare le stelle e sedersi sull’alto trono dei personaggi intramontabili; chissà, magari a parlare con Elizabeth Bennet o a bere un bicchierino accanto a Dorian Gray. Ma partiamo dal principio. Era il lontano 1868 quando la scrittrice pubblicò per la prima volta un romanzo che parlava della vita di quattro sorelle, una più diversa dell’altra, e di come affrontassero l’età della crescita, le loro passioni e i loro dolori. Era un libro che parlava di quattro ragazze qualunque, ma era destinato a divenire uno dei più grandi successi letterari mai visti. Una storia che ha incantato milioni di persone, insomma, grandi e piccine e che è stato rappresentato più e più volte. Perseverare è umano, e a quanto pare lo è anche trasporre, di questi tempi. A ricordarlo alle schiere più giovani, è il nuovo e pimpante riadattamento del romanzo, a opera della lanciatissima Greta Gerwig. Lei che praticamente è cresciuta con questo libro e lo ha amato fin da quando era bambina, riesce a regalare due ore di film evitando il già visto delle scorse sette rappresentazioni – tra cinema e teatro – pur rimanendo fedele al romanzo. E visto che ha ricevuto ben sei nomination ai prossimi Oscar, tanto male non deve essere, no? In attesa di vedere che cosa il destino ha in serbo per questo film cerchiamo di fare mente locale.

Greta Gerwig – qui in veste di regista e sceneggiatrice – ci racconta così come vede le Piccole Donne della Alcott e sceglie di immortalarle in due differenti momenti della loro vita: durante la vivace giovinezza passata nell’amorevole seppur povera casa familiare e – sette anni dopo – nella meno felice età adulta, in cui tutte e quattro le sorelle devono scendere a patti con la vita e le sue difficoltà. La regista in questo caso, decide di usare dei flashback per l’età giovanile e sceglie due tipi di inquadrature diverse per i differenti periodi: predilige movimenti veloci per l’età dell’innocenza – quando tutto sembrava più semplice – e adopera un tratto più lento per delineare la fase dell’età adulta. D’altronde la Gerwig è abituata a raccontare le famose «paturnie» adolescenziali, già ampiamente sviscerate nel suo precedente successo Lady Bird.

Il cinema di Greta è un cinema di impronta ampiamente teatrale, si può intendere benissimo da molte inquadrature che richiamano i famosi quadri teatrali, ma anche dall’importanza che sia attori che regista danno ai gesti e ai movimenti dei vari personaggi nel film: un profondo sospiro, una mano che stringe un libro, uno sguardo perso nel vuoto.

Immagine tratta dal film Piccole Donne

Grande importanza in questo film hanno le arti; anzi, sembra che ogni sorella sia la custode di una in particolare. Così vediamo la dolce e timida Beth muovere le dita su un bel pianoforte, la fiera e altezzosa Amy ambire alla vita da artista, la tenera e paziente Meg dilettarsi nella recitazione mentre cerca di prendersi cura delle sorelle. E poi c’è Jo. L’intrepida, indomabile, irascibile Jo. La «causa persa» della famiglia, come piace dire a zia March. Perennemente con le mani sporche di inchiostro, la nostra eroina si batte a colpi di penna per farsi strada in un mondo a cui sente di non appartenere. Infatti, appare come un pesce fuor d’acqua rispetto a tutto il resto del genere femminile della sua epoca, alla ricerca spasmodica di un marito, quasi alla stregua di una certa Signora Bennet che tutti conosciamo.

I personaggi sono tutti ben caratterizzati e appaiono molto umani; lo spettatore può quindi immedesimarsi in chiunque di loro. Dal ribelle Laurie a cui presta voce e corpo il giovane Timothée Chalamet (prima di lui il ruolo andò a Christian Bale nel riadattamento del 1994), a Beth; da Meg a Jo. Perfino Amy – che nelle precedenti trasposizioni appariva sempre come la “cattiva” della situazione – in questa versione invece, si esplora molto del suo carattere, che appare forte e battagliero. È proprio lei che cerca di perseguire i suoi obiettivi con tenacia e arguzia – forse più di tutte le altre sorelle – tanto da arrivare ad affermare con tono solenne: «Io voglio essere la migliore oppure niente».

Ma il cinema della Gerwig è anche un cinema femminista. E il suo nuovo film non poteva essere da meno; come già si nota dai nomi presenti nel cast, che vanno dalla sempre bellissima Laura Dern a Emma Watson, fino alla maestra indiscussa del grande schermo Meryl Streep, strepitosa nel suo piccolo grande ruolo della burbera Zia March. Ma la gemma più grande, l’anima del film, si è dimostrata sicuramente la magnetica Saoirse Ronan nei panni dell’intramontabile Jo March (nel 1994 il ruolo fu interpretato da Winona Ryder e nel 1933 da Katharine Hepburn). C’è da dire che la Ronan non sbaglia un colpo dai tempi di Hanna ed è sublime nella rappresentazione di una donna contro il suo tempo, la società e tutti gli obblighi che le impone, primo fra tutti il matrimonio.

E sono proprio temi come l’amore e il matrimonio elementi cardine della storia di questo film; e ogni sorella – chi più e chi meno – deve scenderci a patti. Meg, che decide di sposarsi per amore accettando tutte le difficoltà che ne derivano, Beth che purtroppo può solo sognare il romanticismo, Amy indecisa se rincorrere l’amore o scegliere un ricco pretendente, e Jo che fugge da Laurie – che in questa versione sembra più suo fratello piuttosto che uno spasimante – e dall’ideale stesso del matrimonio. Jo è apertamente contro il romanticismo e vede le nozze come una temibile forza oscura che allontanerà le sorelle da lei. La giovane rifiuta anche solo il pensiero del matrimonio, che vede come una gabbia, come una certa Holly Golightly prima di lei. Per la giovane scrittrice in erba è una cosa da «mercenari», una questione economica, come afferma nel film. In questo, Amy e Jo si somigliano molto. Entrambe hanno due caratteri molto forti – che le porta spesso a discutere tra loro – e non vogliono essere soltanto un «ornamento della società», come spiega Amy. A loro non basta essere una proprietà, mogli e madri. Vogliono di più, vogliono una vita tutta loro, con le loro regole. E non è forse questo uno dei temi cardine del femminismo stesso? Che una donna possa scegliere da sola il suo futuro.

Grazie a temi come questi, il film – pur essendo ambientato nell’Ottocento – è molto moderno e parla direttamente agli spettatori. Inoltre, Piccole Donne è anche un film che parla di crescita e a tratti appare un coming of age. Come già detto, esso indaga due fasi della vita dei personaggi – la giovinezza e l’età adulta – e a come ognuna delle sorelle a un certo punto debba lasciare andare una parte di sé. Iconico è il momento appena prima delle nozze di Meg. Jo chiede alla sorella di scappare – di non sposarsi – e, al no della giovane, Jo si lascia andare a terra e sospira: «È terribile che l’infanzia sia finita.»; allora Meg – sempre così paziente – la consola dicendole: «Sarebbe finita comunque, in un modo o nell’altro.». E forse ha proprio ragione, solo che alcuni di noi ci mettono più tempo ad accettarlo. Il modo di Jo per venire a patti con tutto questo – la perdita della giovinezza, il dolore, lo stress per il pensiero di trovar marito – è scrivere, mettere nero su bianco quello che prova. E cosa c’è di meglio da scrivere se non la storia di quattro sorelle – di quattro giovani donne – che amano, soffrono e combattono per i loro sogni? È la storia di ognuno di loro e ognuno di noi. Perché tutti a un certo punto della vita siamo Jo, Amy, Meg, Beth, Laurie e perfino la scorbutica zia March. E Louisa May Alcott, Jo March e Greta Gerwig rendono quei personaggi eterni, in modo che non possano morire mai.

Immagine tratta dal film Piccole Donne

Una volta usciti dalla sala, si ha l’impressione che questo film sia stato come una danza. Calzante e allegro nei punti giusti, triste e lento per poterne capire l’importanza. Alla fine del ballo ti ritrovi senza fiato. Ma saresti pronto a rifarlo ancora e ancora.

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Che dire di me? Amo leggere, inventare storie, e perdermi nella sala buia di un cinema. Adoro quel momento magico in cui le luci si spengono e il film si appresta a iniziare. Sono una ragazza cresciuta a pane, sogni e libri; e che puntualmente a fine giornata si ritrova con la mano sporca di inchiostro.

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