Co-pilot | La Berlinale racconta l’attacco alle Torri Gemelle

Il film è incentrato su un’altra prospettiva per la prima volta, quella di lei, che lo ha amato e si è fidata senza riserve

Il mondo ha tremato l’11 settembre 2001. Nessuno dimenticherà mai l’orrore di quel giorno e tutte quelle vite distrutte prematuramente. L’America si contorce ancora per il dolore e non si dà pace a tal punto da impedire la proiezione del film Co-pilot, diretto da Anne Zohra Berrached e scritto insieme a Stefanie Misrahi, nelle sale cinematografiche.

Il titolo originale è Die Welt wird eine andere sein, cioè “Il mondo sarà diverso” ed è stato presentato quest’anno alla Berlinale, nell’edizione tenutasi a Palermo, ma ha visto la luce per la prima volta nel 2021.

Il film racconta il periodo dei cinque anni precedenti alla fatidica data e si incentra sulla storia d’amore tra il terrorista che ha attentato alle Torri Gemelle, Ziad Jarrah, e la sua fidanzata, Aysel Sengün.

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Lui studia odontoiatria, ma solo per volere dei genitori perché in realtà vorrebbe diventare un pilota di aerei; lei è una brillante studentessa di medicina. Si conoscono all’università e da allora inizia la loro travagliata storia d’amore, poiché seppur entrambi musulmani la famiglia della ragazza si oppone a questa unione.

La loro storia si consumerà quindi in segreto nell’arco di cinque anni, in cui progetteranno la loro vita insieme.

Ma qual è il vero valore aggiunto del film?

Nessuno si è mai chiesto niente su quest’uomo. Chi fosse, cosa facesse, se amasse qualcuno. Ma anche i mostri peggiori possono amare. Lo si può vedere nel saggio La banalità del male di Hannah Arendt.

La regista non voleva fornire una giustificazione alle azioni dell’uomo, ma fornire un punto di vista nuovo. Il film è incentrato su un’altra prospettiva per la prima volta, quella di lei, che lo ha amato e si è fidata senza riserve, incoraggiandolo ad abbandonare odontoiatria per dedicarsi alla sua unica passione: pilotare aerei.

Aysel diventa così artefice inconsapevole di una delle più grandi tragedie dell’umanità e la narrazione si basa proprio su di lei come protagonista principale. Personaggio passivo, donna innamorata del suo uomo e al tempo stesso devota. Dilaniata tra i voleri della sua famiglia e quelli di lui.

Tutto il film procede con un andamento realistico, vittima però un po’ del mood sognante dei due innamorati. Nell’ultima scena assistiamo invece a una metafora: diverso tempo dopo aver saputo che Ziad si era schiantato contro le Torri, abbattendole, Aysel entra in un ascensore pieno di specchi e lì i vari riflessi di lei stessa la guardano in maniera inquisitoria mentre lei tiene gli occhi bassi. Metafora riuscitissima perché riesce a esprimere in pieno il dolore e il senso di colpa della donna, che dopo quell’avvenimento ha cambiato totalmente vita, nome e frequentazioni, tenendo per sé questo pesantissimo fardello.

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Sono una persona semplice, vado dove mi porta l'istinto. Credo nel sarcasmo e nell'ironia, ma anche nella bellezza della luce filtrata da una serranda, nel tramonto in riva al mare, nella risata che ti toglie il fiato. Credo in un mondo che ci fa sentire scardinati e perennemente in bilico, ma ogni tanto, se abbiamo fortuna, possiamo sentirci nel posto giusto al momento giusto. Della vita ho capito solo una cosa: che non ho capito niente.

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