C’era una volta Gus

Sweet Tooth: la fiaba post apocalittica targata Netflix

“Questa è una storia. La storia di un bambino molto speciale, che trovò se stesso alla fine del mondo.”

Frase d’apertura della prima puntata

Con queste parole sibilline si apre Sweet Tooth, la nuova serie tv targata Netflix, disponibile sulla piattaforma dal 4 giugno. Basata sull’omonimo fumetto di Jeff Lemire e sviluppata da Jim Mickle, Sweet Tooth si presenta come una favola post apocalittica che promette di incantare tutti con la sua freschezza.

C’era una volta…

Tutto inizia con un virus, una pandemia (vi ricorda qualcosa?) – l’Afflizione – che a poco a poco colpisce e stermina gran parte dell’umanità. Niente può la tecnologia contro questa misteriosa malattia che, oltre a causare la morte di milioni di persone, dà il via a un vero e proprio crollo della civiltà. Parallelamente a questa tremenda pandemia, iniziano a nascere dei bambini ibridi – metà umani e metà animali – che fin da subito riscontrano pareri discordanti tra le persone. C’è chi li vede come la causa dell’epidemia e giura di sterminarli uno a uno, e chi li difende e cerca di proteggerli in tutti i modi. Uno di loro è il padre di Gus – un bambino ibrido per metà cervo – che, per sfuggire ai bracconieri, si isola insieme a suo figlio nella foresta.

Diversi anni dopo il Grande Crollo (così viene chiamata l’epoca in cui ebbe inizio il virus), Gus è ormai cresciuto. L’unico mondo che abbia mai conosciuto è la foresta. Non sa quello che c’è aldilà della recinzione, se non dai racconti del padre, che scoraggia la sua grande curiosità. Ma, a seguito di una tragedia, Gus si ritrova a dover scegliere se rimanere nel suo piccolo mondo o uscire e tentare di trovare la madre e riavere una famiglia. Ma in questa impresa non sarà solo. Per caso o per destino, il piccolo incontra un cacciatore vagabondo di nome Jepperd che lo accompagnerà in questo grande viaggio pieno di pericoli e misteri da scoprire.

Parallelamente alla storia di Gus, negli otto episodi che compongono la prima stagione, si alternano micro storie diverse che – tirando un filo qua e uno là – ci portano inesorabilmente alla puntata finale, ricca di colpi di scena. Così, mentre Gus e il suo nuovo amico brontolone sono impegnati nel loro cammino verso il Colorado, non è strano passare dolcemente alla storia di un medico che fa di tutto pur di salvare sua moglie dal virus, di una donna che trova la sua libertà in uno zoo oppure alle mire violente del Generale Abbot, un cattivo con i contro fiocchi, dedito allo sterminio degli ibridi o ancora a un intrepida ragazza che – pur di proteggere gli ibridi – crea un armata composta da quelli che ricordano tanto dei bimbi sperduti.

La locandina della serie

Un improbabile amicizia

Accompagnati dalla voce del narratore, che nella versione originale è di James Brolin, conosciamo Gus: un bambino davvero speciale. Il giovane, interpretato magistralmente da Christian Convery, è il meglio dei due mondi. Cresciuto nella foresta, Gus non sa assolutamente nulla del mondo esterno ma nonostante questo mostra un coraggio e una caparbietà insita solo nei piccoli grandi eroi. Ma quello che più colpisce del bambino, è il linguaggio: Gus ha un modo tutto suo di dire le cose, un innocenza da fiaba che collide visibilmente con la crudeltà degli umani sopravvissuti al virus.

A fare da contraltare al giovane, c’è Tommy Jepperd, un sopravvissuto pieno di demoni interiori. Interpretato da Nonso Anozie, Jep – o meglio, “Uomo Grande”, così soprannominato da Gus – è il personaggio con l’arco narrativo più interessante. In lui, prendendolo in esame dalla prima all’ultima puntata, è quasi tangibile il cambiamento nei confronti del piccolo protagonista, che è solito chiamare “Golosone”. Si crea così la più improbabile delle amicizie, quella tra un gigante buono e un ragazzino che ha solo bisogno di trovare una famiglia.

Dilemma morale

Prodotta da Warner Bros, Sweet Tooth – che vanta tra i suoi produttori esecutivi anche Robert Downey Jr e sua moglie Susan – ci mostra con un linguaggio semplice e diretto le due facce della medaglia chiamata umanità: chi accoglie i diversi e li aiuta come può e chi invece ne ha paura, così tanta da volerli sterminare. Sweeth Tooth ritrae un mondo malato, privo di valori, un mondo che, pur di sopravvivere è ritornato alla mera legge del più forte e che ha paura del diverso, così paura da braccare gli ibridi, dissezionarli e studiarli in laboratorio pur di capire come estinguere la loro specie e trovare una cura al virus.

Perché sì, inspiegabilmente la malattia e gli ibridi sono legati. Una scoperta, questa, che porta gli umani rimasti a essere ancora più crudeli. Senz’anima. Ed è proprio qui che lo spettatore dovrebbe interrogarsi. Perché, nonostante la serie sia un’opera di fantasia, trova dei punti in comune con la realtà in cui viviamo. E quindi la domanda sorge spontanea: dov’è andata a finire la nostra moralità? Siamo ancora in grado di essere umani?

Immagine tratta da uno degli episodi

La fiaba che tutti aspettavamo

Sweeth Tooth è una serie che, per raccontarsi, utilizza lo stesso linguaggio schietto e innocente di Gus e si presenta come un prodotto abile nel parlare ad adulti e bambini. È una fiaba innovativa, volta a far riflettere lo spettatore sul rispetto del diverso e la salvaguardia dell’ambiente, quest’ultimo punto reso grazie anche a una fotografia pazzesca. Ma è anche una serie che indaga su quei valori a noi tanto cari, quali amicizia e famiglia. Perché la famiglia a volte non è data solo dal sangue, ma dai legami che ognuno di noi crea. A volte la famiglia si sceglie. O è lei a scegliere te.

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Che dire di me? Amo leggere, inventare storie, e perdermi nella sala buia di un cinema. Adoro quel momento magico in cui le luci si spengono e il film si appresta a iniziare. Sono una ragazza cresciuta a pane, sogni e libri; e che puntualmente a fine giornata si ritrova con la mano sporca di inchiostro.

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