Vice – L’uomo nell’ombra

La storia di un uomo che, nell’ombra, ha governato il mondo

Dopo il successo de La grande scommessa, vincitore del premio per la miglior sceneggiatura non originale agli Oscar del 2015, il regista Adam McKay ritorna sul grande schermo con un nuovo film: Vice – l’uomo nell’ombra. Con ben 8 candidature, tra cui quella per il miglior film, la nuova pellicola di McKay ritrae a tutto tondo la figura di Dick Cheney, che ha ricoperto il ruolo di vicepresidente durante il mandato presidenziale di George W. Bush. Ma Cheney non è un vicepresidente qualunque: è un abile stratega che, nell’ombra, sa muovere le pedine giuste per piegare la legge al suo tornaconto personale. La biografia – non autorizzata – di questo politico diventa lo spunto per riflettere sugli ultimi 50 anni di politica americana e sull’influenza che hanno sulla contemporaneità.

«L’era Trump è solo orrore e assurdità. Mi sembra che gli anni precedenti siano stati messi sotto il tappeto. Ma la gente ha bisogno che qualcuno ricordi che c’è una storia, che siamo arrivati qui per un motivo. Non so se questo film cambierà qualcosa. Ma girarlo è stata un’esperienza catartica»

Così il regista spiega in un’intervista a Rolling Stone il motivo per cui si è sentito in dovere di raccontare la storia di Dick Cheney. Tracciare il ritratto di un personaggio così noto per la sua riservatezza e per la sua abilità nel non lasciar trapelare nulla che potesse comprometterlo non dev’essere stato un compito facile. Ciò che colpisce di Vice è la scelta narrativa. Dal trailer sembra di trovarsi di fronte ad una pellicola hollywoodiana, in cui tutto viene ricostruito nei minimi dettagli su un set cinematografico. Ma già dopo qualche minuto dall’inizio del film si intravedono spezzoni da docu-film, che diventano sempre più importanti e curati nel procedere della storia. Tra immagini realmente andate in onda nelle televisioni americane degli anni Novanta, si inseriscono clip realizzate ad hoc, in cui intervengono gli stessi attori del film. È un contrasto che appare disorientante ma che rende questo film un vero e proprio pezzo di bravura.

Nei panni di Dick Cheney troviamo un Christian Bale trasformista, scelto da McKay proprio per la «sua capacità di smontare e rimontare la psiche di un personaggio». Al suo fianco, Amy Adams interpreta la moglie Lynne Cheney, una donna ambiziosa che ha un forte peso nella carriera politica del marito. È lei a spingerlo ad intraprendere l’ascesa alla Casa Bianca, quando ancora lavorava come operaio per una ditta di impianti elettrici in Wyoming. L’opportunità di tirocinio al Congresso, durante la presidenza di Nixon, gli permette di inserirsi nel tessuto politico di Washington, grazie a conoscenze come quella di Donald Rumsfeld (interpretato da Steve Carell). Diventa Capo di gabinetto della Casa Bianca durante l’amministrazione Ford e, dopo essere stato rieletto per cinque volte nel Congresso, comincia la sua scalata all’interno del Partito Repubblicano, con la nomina di Segretario alla Difesa per George H. W. Bush (padre). Nel 2000, George W. Bush (Sam Rockwell) lo sceglie come Vicepresidente, ruolo che Cheney accetta solo dopo aver raggiunto un accordo che gli avrebbe permesso di esercitare un forte controllo sul potere esecutivo. Il tutto all’indomani dell’attacco alle Torri Gemelle, di cui Cheney si assumerà la gestione della crisi.

Il personaggio di Dick Cheney nel film parla poco e al termine della visione si ha la sensazione di non sapere nulla di lui. Si tratta di una sensazione insolita per un biopic, che tuttavia è molto positiva, perché ci dà l’impressione che nulla sia stato plasmato dalla fantasia del regista ma che ci sia una forte attenzione alle fonti. La pellicola non annoia, visto il tema affrontato, e mette di fronte allo spettatore le pagine più dolorose della politica degli Stati Uniti d’America. Dalla guerra in Iraq e gli appalti truccati per favorire la Halliburton – sua ex-multinazionale – nell’aggiudicarsi le forniture alle forze armate, alle controverse misure di sicurezza a Guantanamo, fino al controllo informatico e telematico di qualunque tipo di conversazione dei cittadini americani. L’urgenza di parlare di queste tematiche fa da filo rosso di questa 91esima edizione degli Oscar. È un’edizione che vuole mandare un forte messaggio politico e lo si vede dalle nomine a miglior film ricevute da Green Book, BlackKKlansmanRoma Black Panther.

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Milanese, biotecnologa e bioinformatica. Curiosa per natura ho scelto di dedicare la mia carriera alla scienza. Di fronte a tutto ciò che passa sotto la lente di ingrandimento della mia curiosità, cerco sempre di ricordarmi che per trovare risposte bisogna fare le giuste domande.

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