La svolta del decennio, raccontata da Netflix

Il 28 febbraio 2013 Benedetto XVI ha rinunciato al soglio pontificio. Da allora niente è più stato lo stesso. Ora Netflix ci ha fatto un film.

Negli ultimi giorni su tutti i giornali è esploso il caso Benedetto XVI. Domenica 12 gennaio hanno cominciato a circolare alcuni estratti di un libro che il Papa emerito avrebbe scritto a quattro mani con il cardinale Robert Sarah. Il volume – intitolato Dal profondo dei nostri cuori – arriva in un momento molto delicato per la Chiesa cattolica: a giorni è attesa la decisione di Papa Francesco circa la possibilità o meno di nominare sacerdoti uomini sposati in zone particolarmente remote del mondo – come l’Amazzonia – dove altrimenti risulterebbe difficile amministrare i sacramenti. Gli estratti fatti circolare entrano a gamba tesa nella questione. In quelli che vengono presentati come contenuti originali di Benedetto XVI, viene rimarcata la contrarietà più assoluta a qualsiasi deroga al celibato dei sacerdoti. Il polverone sollevato è stato enorme e, come ben spiegato da un articolo de Il Post, la questione è ben più complessa rispetto a come viene presentata dalla maggior parte dei giornali.

I contenuti del libro non sono stati smentiti, ma Monsignor Georg Gänswein – segretario particolare di Benedetto XVI e suo storico collaboratore – ha negato che il papa emerito fosse a conoscenza dell’intenzione di Sarah di indicarlo come co-autore del libro […] Sarah, però, ha pubblicato uno scambio di lettere avuto con Benedetto XVI da cui sembra emergere una versione diversa.

Lasciamo la discussione teologica sullo sfondo e preoccupiamoci piuttosto del problema – se si può chiamare tale – di fondo: il decennio appena trascorso è stato il primo a vedere la presenza contemporanea di due papi. L’11 febbraio del 2013, infatti, Papa Benedetto XVI annunciava la sua rinuncia al ministero di vescovo di Roma, successore di San Pietro, acquisendo a partire dal 28 dello stesso mese il titolo di Papa emerito. Si compiva così uno scenario inedito e inaspettato, una decisione che è stata, nel bene o nel male, la più dirompente del decennio. Più dell’elezione di Donald Trump e della Brexit? Sì, Benedetto XVI ha marcato un prima e un dopo nella storia del mondo occidentale, non soltanto di quello cattolico. E ora vi spiego perché.

Il video del discorso in latino con cui Benedetto XVI annuncia di voler rinunciare al soglio pontificio, l’11 febbraio 2013

Rinunciare al papato confessando candidamente di «non avere più le forze» non è un gesto scontato, soprattutto se bisogna tornare indietro di sei secoli per trovare un precedente e se, per dogma della Chiesa stessa, il successore di Pietro è considerato infallibile. Al di là del credo di ciascuno, rimane il dato di fatto: il principale capo religioso al mondo, il padre spirituale di circa 1 miliardo e 285 milioni di persone, ha compiuto un enorme passo indietro da una carica che, per propria natura, dovrebbe essere a vita. Visti gli scandali che negli anni precedenti avevano colpito la Chiesa cattolica, in molti hanno visto in questa scelta un’ammissione di fallimento. In realtà, Benedetto XVI – o meglio Joseph Ratzinger, l’uomo dietro al Papa – ha dato prova di grande umiltà, riconoscendosi uomo finito e rimettendo nelle mani di Dio ogni problema. Certo, una scelta difficile da comprendere per chiunque la osservi al di fuori del contesto religioso, eppure affascinante.

Quando sono debole, è allora che sono forte.

San Paolo, seconda lettera ai Corinzi, versetto 10

Nel decennio che forse più ha visto affermarsi il pensiero egoista, nel decennio in cui si è ricominciato a ragionare in termini di nazionalismo, ovvero di un «io» opposto – e migliore – di un «tu», proprio in quel decennio Benedetto XVI ha compiuto l’atto più difficile: ha ammesso di essere finito, di non essere lui il centro della Storia, di non essere onnipotente. Per questo il suo gesto acquista un valore universale, che travalica il sentimento religioso e interroga invece il cuore stesso dell’umano, chiedendogli: «Che cosa cerchi veramente nel breve spazio di vita che ti è dato?Chi vuoi diventare?». Nel decennio che più ha rappresentato un corsa al benessere, al non-pensiero, con la sua scelta Benedetto XVI ha riaperto la ferita lancinante della finitezza umana e con essa il suo intrinseco bisogno di Dio, il senso religioso.

Si è trattato, a tutti gli effetti, di una prova d’amore, verso Dio, verso la Chiesa e verso gli uomini. Ci voleva un amore grande per mettere da parte il proprio orgoglio e le proprie idee, accettando che quanto fatto fino a quel momento potesse essere rivisto e cancellato. Perché, com’era prevedibile, a succedere a Benedetto XVI è stato un riformista con visioni spesso distanti dal suo predecessore. Ecco, Benedetto XVI ha talmente amato la Chiesa da accettare di vederla cambiare, ha avuto talmente fiducia di Dio da affidargli quanto da lui fatto senza paura di vederlo scomparire. E nel fare ciò, ha a tal punto amato gli uomini da prestarsi al loro – spesso impietoso – giudizio, riscattando lui solo, con la sua finitezza, tutte le ambizioni e le superbie di un uomo che sempre più ha preteso di bastare a se stesso, di essere infinito e completo. In una parola, Dio.

La locandina del film, diretto dal regista Fernando Meirelles, già candidato all’Oscar nel 2002 per City of God

Se stessimo parlando di un film, Benedetto XVI sarebbe l’antieroe per eccellenza, quel personaggio che ha fatto della propria debolezza la propria forza. E in effetti stiamo parlando di un film. Sì, perché le vicende immediatamente precedenti ai giorni della rinuncia di Benedetto XVI sono state raccontate in una pellicola – si può ancora chiamare così? – prodotta da Netflix e apparsa in streaming a dicembre. Il titolo è emblematico: I due papi. La storia narrata si dipana tra romanzo e verosimile, partendo dalla presunta richiesta del cardinal Jeorge Mario Bergoglio di rinunciare alla porpora, ritornando ad essere un semplice sacerdote. È il 2012 e a sorpresa Benedetto XVI invita il cardinale argentino a Roma per discutere della questione. Ne nasce un dialogo immaginato in cui si scontrano e incontrano due visioni diverse della Chiesa, ma anche due uomini profondamente diversi: Bergoglio, tormentato dal passato e convinto di aver ormai compiuto il proprio ruolo, e Ratzinger, che già medita di rinunciare al Papato e studia quello che a tutti gli effetti potrebbe essere il suo successore. Gran parte del film si gioca sul confronto tra queste due figure e se non risulta noioso è senz’altro merito dell’ottima sceneggiatura – firmata da Anthony McCarten, lo stesso di Bohemian rapsody e La teoria del tutto – e della straordinaria interpretazione di Jonathan Pryce e Anthony Hopkins, rispettivamente Bergoglio e Benedetto XVI. Come ha scritto Gabriele Niola su Esquire:

Al papa più pop viene abbinata la recitazione naturalista di Pryce, molto scarna ed essenziale, mai in primo piano e capace di far sempre credere allo spettatore che tutto quel che c’è da capire sia in superficie. Invece al papa più austero e intellettuale viene abbinata la recitazione teatrale di Hopkins, quella che prevede che ogni gesto anche il più minimo (si veda come spegne una candela agitando la mano) sia un momento di protagonismo, come tutto debba avere l’epica del palco e non quella della vita e sia mirato a creare personaggi sempre titanici che suggeriscono interiorità intense.

Una delle scene più iconiche di I due papi, con Benedetto XVI e il cardinale Bergoglio intenti a mangiare la pizza nella sagrestia della Cappella Sistina

Pur con qualche finzione fuori luogo – insinuare che Joseph Ratzinger abbia fatto “campagna elettorale” per ottenere il pontificato è quanto meno ingeneroso – I due papi riesce sempre a rimanere in equilibrio sul filo sottile del verosimile, raccontando una storia alla quale lo spettatore finisce per credere davvero. Forse perché sulla scena ci sono due uomini comuni, come noi, con le nostre incertezze e il nostro disperato bisogno di Dio, di un perché. Più di tutto, I due papi restituisce alla perfezione la grandezza della decisione di Benedetto XVI, il vero turning point del decennio che ci siamo lasciati alle spalle. Una svolta che forse ancora non abbiamo compreso fino in fondo e che per questo si tramuta in un invito per il decennio che si è appena aperto: riscoprire, con umiltà, la propria finitezza e la propria debolezza e smetterla di nascondere e rinnegare il disperato bisogno di senso connaturato in tutti noi.

Il trailer del film, disponibile su Netflix
avatar

Perdutamente affascinato dalla domanda che il pastore errante dell'Asia non riesce a trattenere di fronte al cielo stellato: «Che fai tu Luna in ciel?». È lo stupore il sale della vita! Amante della realtà in tutte le sue sfaccettature: continuamente teso alla ricerca della meraviglia e dell'infinito. Acerrimo nemico dell’indifferenza e terribilmente curioso, assetato di conoscenza, inguaribile ottimista. Scrivo per andare oltre, al cuore della realtà.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.