È STATA LA MANO DI DIO

«Da ragazzi, il futuro ci sembra buio. Barcollanti tra gioie e dolori, ci sentiamo inadeguati. E invece il futuro è là dietro. Bisogna aspettare e cercare. Poi arriva. E sa essere bellissimo.» [Sorrentino]

Cogito et Volo dedica anche quest’anno una particolare attenzione alla corsa agli Oscar 2022, con approfondimenti sul sito e contenuti extra su Instagram e Facebook. Daremo un’occhiata da vicino a tutte le dieci pellicole candidate per il miglior film, con recensioni e curiosità, e commenteremo i risultati finali all’indomani della notte degli Oscar, che si terrà il 27 marzo. Qui trovate tutti gli articoli già pubblicati.

È stata la Mano di Dio, l’ultimo film del regista Paolo Sorrentino, dopo una breve uscita nelle sale cinematografiche, è dal 15 dicembre disponibile in streaming su Netflix. Oltre a essere candidato ai Golden Globe e agli European Film Awards, è stato selezionato per rappresentare l’Italia agli Oscar del 2022 nella categoria Miglior Film Straniero.

El Pibe de oro

La pellicola racconta di un adolescente napoletano degli anni ‘80, Fabietto Schisa (interpretato da Filippo Scotti), la cui vita viene influenzata dall’arrivo nel Napoli del grande Diego Armando Maradona.

È davvero sorprendente come il campione argentino abbia stravolto la quotidianità della gente comune, portando euforia nelle case e speranza nei cuori e, talvolta, come nel caso del nostro protagonista, sia persino riuscito a cambiare loro il destino.

Tra simbolismi e drammi familiari

Il film comincia con delle riprese di Napoli accompagnate dal rumore delle pale di un elicottero e da quel “tufff…tufff” che comprenderemo solo più tardi.

Non a caso Sorrentino affida alla figura di San Gennaro – a bordo di una Rolls Royce – il compito di introdurre lo spettatore nell’universo simbolico di questa città.

San Gennaro, zia Patrizia e o’ munaciello

Il 17enne Fabietto Schisa – alter ego del regista – è un ragazzo timido che vive un’adolescenza spensierata insieme alla sua famiglia. I genitori – interpretati magistralmente da Toni Servillo e Teresa Saponangelo – appaiono legati da un amore maturo ma ancora giocoso e molto affiatato, connotato da quel dolce fischiettìo con cui si chiamano vicendevolmente. Eppure tutto non è spesso come appare, perché la verità è che «non si sa mai cosa succede veramente nelle case degli altri».

Fabietto insieme ai genitori

È un film fatto di forti contrasti, in continua tensione tra sacro e profano, tra commedia e tragedia. Se nella prima parte si ride di gusto tra scherzi, pranzi allegri e pomeriggi in barca, nella seconda la dura realtà della vita stravolgerà ogni cosa.

In seguito alla scomparsa dei genitori, Fabietto si trova a dover attraversare da solo quella linea d’ombra che lo separa dal mondo degli adulti. Perde quella stabilità che la sua famiglia gli aveva sempre garantito e, al suo posto, si fa strada un dolore sordo e ingestibile. Tuttavia questo evento di rottura non prelude a una parabola discendente, ma al contrario a un percorso di crescita e di realizzazione.

Sfumature femminili

Tra realtà e finzione, la famiglia Schisa finisce per somigliare a molte delle nostre famiglie. La Signora Gentile è sgarbata ai limiti dell’umana sopportazione (si pensi alla scena in cui avvolta da una pelliccia, in piena estate, divora una mozzarella).

La Signora Gentile in una scena del film

Invece la bellissima zia Patrizia – interpretata da Luisa Ranieri – è sensuale e provocante. Rappresenta per Fabietto non soltanto la zia adorata ma anche la Musa dei suoi desideri più intimi.

Entrambe esprimono – seppur in maniera diversa – un forte senso di inadeguatezza, ma rivelano una sensibilità superiore a quella degli altri familiari in uno dei momenti più drammatici della vita di Fabietto.  La Signora Gentile si avvicinerà al dolore del ragazzo – liceale appassionato – non con delle false frasi di circostanza, ma attraverso le parole della più alta letteratura, citando i primi versi del III Canto dell’Inferno dantesco.

Fabietto si trova davanti a una tragedia che non ha scelto né chiesto, ma che deve necessariamente affrontare. Eppure l’angoscia gli rimane conficcata nel petto, senza che riesca a versare una lacrima. Quando si confiderà con zia Patrizia sulla mancanza di pianto, lei lo rassicurerà dicendogli: «non ti preoccupare. Vuol dire che non è il momento».

La solitudine di Fabietto

Salvato dalla “Mano di Dio”, dovrà lottare con il dolore della perdita e con la libertà di trovare il proprio posto nel mondo. Ma durante questo percorso di crescita spesso lo vediamo camminare senza parlare con nessuno. Le sue certezze si sgretolano.

Filippo Scotti interpreta Fabio Schisa in una scena del film

La sorella Daniela è un personaggio quasi invisibile, non riesce a superare la soglia del bagno. Armando – l’amico contrabbandiere – finirà in carcere per molti anni. Il fratello Marchino, con cui condivide la passione per il Napoli Calcio, vuole distrarsi dalla realtà e pensare soltanto a Gigliola, alle canne, agli amici e alla felicità.

Fabietto invece – dopo quello che è accaduto ai suoi genitori – non sa se ce la farà più a essere felice. Un giorno Marchino gli dice: «sai come si chiama questa cosa che ha fatto Maradona? Si chiama “perseveranza”. Io non ce l’avrò mai, e tu dovrai avercela per forza, Fabiè».

Fabietto e Marchino vanno allo stadio dopo il funerale dei genitori

Una delle scene più forti della pellicola è quella che lega il protagonista alla Baronessa Focale. A primo acchito squallida, viene poi “compresa” dal punto di vista dello scopo finale: fare uscire Fabietto dal lutto per condurlo in un mondo, quello degli adulti, che è meno bello di quello che ci si aspetta, ma che in fondo è necessario raggiungere.

Secondo quanto dichiarato dallo stesso Sorrentino in un’intervista:

«è un episodio inventato, ma al tempo stesso reale per le emozioni che provavo in
quel periodo della mia vita. Io ho avuto un’iniziazione sessuale più convenzionale, ma questa scena è, come lo sono altre nel film, una rielaborazione di cose che sono successe a me o a persone che conosco. Mi piaceva molto l’idea che questa donna anziana rendesse questo un atto di pura generosità. Per lei è una manifestazione di vero amore, nel senso che concepisce l’idea di poter aiutare questo ragazzo che soffre, di poterlo forse liberare di un piccolo problema tra i numerosi altri che lo affliggono in quel momento.»

La Baronessa Focale interpretata da Betty Pedrazzi

Il ruolo del cinema

«Il cinema – disse Fellini in un’intervista – non serve a niente, però ti distrae».

Anche Fabietto non accetta quella “realtà scadente” che gli è rimasta tra le mani e vede nel cinema l’unico rimedio per distrarsi e guardare al futuro. Sarà proprio l’incontro con il regista Antonio Capuano a mettere un punto al suo senso di smarrimento.

Nel passaggio simbolico dalla chiusura all’apertura, evidenziato dalla scelta della Piscina Mirabilis di Bacoli come location, tutto sembra ritrovare un proprio significato.

«A tiene o no n’a cos’a raccuntà?», gli chiede con irruenza Capuano. Perché spesso l’unico modo per ritrovarsi è il raccontarsi.

Immagine tratta da una scena del film

«Non ti disunire» gli raccomanda. Ma cosa significa? Se lo è chiesto il protagonista, probabilmente hanno faticato a capirlo anche gli spettatori.

Nel dialogo sul coraggio e sulla ricerca di identità, il regista Capuano sprona il giovane Fabietto a diventare Fabio, ma senza dimenticare il suo ruolo, senza lasciare che il dolore lo distrugga, senza perdere, in ultima battuta, sé stesso.

‘O munaciello

Nel realizzare un’autobiografia parzialmente immaginaria, Sorrentino è riuscito non soltanto a raccontare alcuni spaccati della propria vita, ma a fornire il ritratto di una città intera.

Il film inizia con un avvicinamento a Napoli, dall’acque del golfo al lungomare, ma si chiuderà con un allontanamento dalla città. Perché a volte, per guardare al futuro, bisogna andare via.

Proprio alla fine della pellicola, quasi a voler chiudere il cerchio, si sente un fischiettìo in sottofondo. Compare nuovamente ‘o munaciello, quel monaco bambino, creatura invisibile e magica frutto delle credenze napoletane. Ma come si sa, a Napoli la realtà si mescola con la leggenda, ed entrambe finiscono per diventare una cosa sola.

I rumori esterni si fermano e dal fedele walkman, che Fabi(ett)o ha portato sempre con sé, sentiamo finalmente qualcosa: Napule è di Pino Daniele. Il treno riparte e Fabio – abbozzando un sorriso – sembra lasciarsi alle spalle quell’adolescenza che prima o poi ciascuno di noi dovrà salutare.

Tutte le immagini presenti nell’articolo sono tratte dal film È stata la mano di Dio, distribuito da Netflix

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In costante conflitto con l’altra me, alla ricerca di un equilibrio fra la bussola della ragione e le leggi del cuore.

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