Fragile e immortale

Amore mare

C’è sempre un po’ di fine prima di un nuovo inizio

Sono le 3:00 del mattino e il telefono inizia a suonare all’improvviso, facendoci morire tutti di paura.
Mia madre, con il suo solito modo di fare un po’ goffo, scende dal letto e va a rispondere.
Ne riconosco il rumore dei passi ormai: è mio fratello chiuso fuori casa, che non sapendo come entrare ha pensato bene di chiamare.
Dopo essere riuscita ad addormentarmi per miracolo, da circa un’ ora sono di nuovo sveglia, più assonnata e triste di prima.
Avevo sperato di poter prendere sonno per distrarmi e dimenticare, se ne avessi avuto la fortuna.
Invece, ho appena perso quest’opportunità.
Forse in realtà è meglio così, non stavo nemmeno dormendo bene; era quel dormire sospeso, alternato da piccoli risvegli continui e traumatici. Ricco di brutti sogni che bruciano più del dovuto.
Cercando d’ignorare le lamentele dei miei, sbuffando, mi giro dall’altra parte del letto.

Accendo il telefono: 2 luglio 2015.

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3:07

Fisso il cellulare per un periodo di tempo indefinito, desiderando di ricevere un suo messaggio.
Una semplice “Buonanotte” o qualsiasi altra cosa che possa farmi tornare il sorriso.
Ho gli occhi ancora gonfi, le guance con qualche rimasuglio di lacrima e un gran senso di vuoto dentro di me.
“È finita”, penso. “Questa volta per davvero”.
Freddo, mal di testa, bruciore agli occhi, batticuore: sensazioni che contemporaneamente si sono ripresentate di colpo, senza preavviso.
Forse prima mi ero sfogata troppo.

Maledette.

Maledetta me.

“Non dormo questa notte”, mi ripeto mentalmente. “Non ce la faccio. Sto troppo male.”
Nessun abbraccio, nessun bacio o nessuna carezza sarebbe capace di guarire questa mia ferita.
Stento a crederci ma purtroppo è così. Soffro e non c’è assolutamente niente che possa aiutarmi a stare meglio.
Anzi, forse c’è, ma non è qui con me e molto probabilmente non lo sarà nemmeno domani, dopodomani o per sempre.
Mi ero giurata che questo tipo di malessere non lo avrei mai più provato, eppure eccomi qua.
Ricascata come un pero.

Mi ero ripromessa che avrei lottato fino alla fine, che avrei fatto di tutto, che ci avrei creduto fino in fondo. Non sono riuscita a mantenere assolutamente niente.
Ho fallito, di nuovo.
Ho accumulato così tante ferite e delusioni che le mie azioni sono diventate reazioni a ciò. So benissimo che il segreto è che ogni volta farà sempre meno male fino al punto in cui non si proverà più nulla, ma in questo determinato momento il male lo sento ed è forte.
Lacerante.

Che stupida, credevo veramente che almeno per una volta avrei potuto assaporare la vera felicità.
Ci ero quasi riuscita, a raggiungerla.
Sembrava sapesse di buono, quel buono difficile da scordare.
Ora però il gusto che sento è molto lontano dal buono. Sa quasi di solitudine.
Non ho le forze per muovermi.
Sono immobile a letto.
La mia stanza questa notte sembra più vuota, più silenziosa e più buia.

Rivolgo lo sguardo al soffitto.

“Vorrei poter fissare i suoi occhi”, penso.
Sola e malinconica, di notte fonda: il mix perfetto che normalmente mi frega.
La notte è fatta per i poeti, dicono.
Per gli innamorati, per i sognatori.

“La notte è fatta per me”, mi sussurro.

Pochi sanno cosa significa essere torturati dalla propria stessa mente.
Pochi sanno cosa si prova a voler fuggire da quei pensieri, che però sei tu stesso a generare. Non riuscire a controllarsi, non poter allontanare quei sassolini che colpo dopo colpo ti martellano e ti consumano.

Mio fratello e mia mamma sono già andati a letto da un po’ e io non me ne sono nemmeno resa conto. Mi succede spesso quando penso e io, purtroppo, solitamente penso tanto.

È una delle numerose cose che non sopporto di me.

3:30

Prendo il cuscino per fiondarci la testa in mezzo.
Mi aggomitolo in me stessa, avvolgendomi pian piano il corpo con le braccia.
Chiudo gli occhi e immagino che siano le sue.

Vorrei poter urlare.

Vorrei poter buttar fuori questo macigno che mi sta schiacciando l’anima, ma non lo faccio. Non avrebbe senso, i miei non capirebbero.
Mi limito a stringermi il braccio, quasi lo volessi strappare.

Farebbe meno male, decisamente farebbe meno male.

Se in questo momento qualcuno provasse a leggermi dentro non troverebbe altro che il nulla, o forse troverebbe qualcosa che però sta scomparendo sempre più rapidamente.

Inizio a fare mente locale di ogni suo singolo dettaglio: ne ho bisogno, dato che non lo potrò riosservare mai più.

Ho la sua immagine fissa in testa. La sua voce così soave, così calda e rilassante.

I suoi occhi.

Ah gli occhi, da lì parte sempre tutto. È grazie a loro che io mi innamoro.

Quel color marrone che illuminato dalla luce del sole assume una dolce sfumatura di verde. Per non parlare del suo sorriso che fa dannatamente sorridere anche me. Delle sue labbra così fini e soffici, dolci e assaporabili. Ha dei capelli così neri e morbidi che adoro scompigliare, nonostante lui non voglia. Il suo corpo, le sue mani, tutto.

Tutto ciò che appartiene a lui per me è stato, è e sarà sempre magnifico.

“Sei la mia droga”. Penso. “Mi hai sempre creato dipendenza”.

Mi sto facendo del male consapevolmente ed è un male che molto probabilmente dovrò sopportare ancora per molto tempo. Un male che in realtà un po’ mi piace.

I miei pensieri più profondi iniziano a prendere forma nella mia mente e, senza volerlo, cado all’interno della parte più pura e sincera di me.

“La cosa che odio di più è che io c’ho dato il cuore per lui. Per tutto questo tempo, sempre e comunque. Sin dal primo minuto che il mio sguardo ha incrociato il suo, sin dalla prima parola scambiata, non ho desiderato altro che potergli regalare tutto l’affetto che possiedo”, penso tra me e me.

“Do sempre il cuore per le cose a cui tengo, per i legami più forti che la vita mi regala. Ho voluto bene a tutto quanto di lui, difetti compresi. Ho cercato sempre di fare del mio meglio, anche se a quanto pare non sia bastato.

Che mi aspettavo, va sempre a finire così.

Non basta mai nulla.

Non basto mai io.

Mi chiedo perché accetto le persone per quello che sono, mentre loro non sono in grado di farlo con me. Alla fine sono sempre quella che deve soffrire, che deve restarci male. Ho la strana tendenza e abitudine di appoggiarmi a tutto ciò che apparentemente sembra stabile, senza rendermi ingenuamente conto che niente in realtà nella vita lo è.
Assolutamente niente.”

Il mio stato d’animo è alterato da “Vaffanculo” e “Mi manchi”.

Da “Devo andare avanti” e “ti prego torna”.

Da “Io merito di meglio” e “sei tutto ciò che di più bello ho mai avuto”.

Interessante, no?

Avevo un posto nella sua vita in cui mi sentivo imbattibile. Unica e in pace. Era una bella sensazione sapere che potevo contare su qualcuno, almeno per una volta. Il bello viene quando una persona resta nonostante il tuo peggio, ma la verità è che tutti alla fine se ne vanno, prima o poi.

Tutti abbandonano tutti.

Tutti scappano.

Ed è proprio questa mancanza di coraggio che impedisce le più belle storie d’amore.

Mi guardo le mani e vedo che stanno tremando. Non me n’ero nemmeno resa conto.

Assurdo.

So che non mi fanno bene questi pensieri, che li sto alimentando. Sto permettendo loro di prendere il sopravvento su di me e sulle mie emozioni, ma non ne posso fare a meno.

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4:17

È passata più di un ora e ancora non riesco a chiudere occhio. Il mio corpo sta chiedendo pietà ma la mia mente ha ancora l’esigenza di ricordare.

Che poi perché bisogna per forza ricordare?

Sarebbe molto più semplice poter resettare le parti indelebili, quando ci fa comodo.

I dettagli.

Sono i dettagli che ci fregano sempre, quei particolari che s’incollano a noi in una maniera brutale e arrogante. Quando arriva la notte, la testa inizia a ricordare ciò che più c’è da dimenticare. A volte si trovano delle distrazioni, altre invece soltanto se stessi ed è proprio qui che inizia la fregatura.

Mi sento come se avessi qualcosa di rotto dentro e molto probabilmente è così. Qualcosa che si è frantumato ancora un po’, ancora una volta.

Avrei preferito odiarlo, invece che perderlo.

L’odio se è accompagnato dall’amore poi passa, la perdita di una persona no.

Quando se ne va ti lascia un vuoto dentro, dell’aria che con forza pressa tutto quanto provocando dolore.

Cancellare una persona è impossibile.

Non basta un “addio” per fare in modo che il bene provato possa cessare d’esistere.

Dicono che alcune persone sono destinate a innamorarsi ma non a stare insieme e io ho capito di fare parte di quelle “alcune”.

4:48

Le palpebre mi si stanno chiudendo da sole.

“Forse è la volta buona che riesco ad addormentarmi”, penso. Ne ho decisamente bisogno. Questa notte travagliata mi ha rubato la tranquillità che desideravo tanto avere.

“Tutta colpa di mio fratello, domani glie ne dico quattro”, cerco di giustificarmi, anche se consapevole so che non è proprio del tutto così.

Appoggio il telefono sul comodino, cercando di farlo il più silenziosamente possibile.

Con tanta fatica crollo in un sonno profondo, che però, forse, avrei preferito che fosse stato eterno. Una persona può vive per giorni, settimane oppure mesi con il nodo alla gola, le lacrime soffocate, le notti insonni e la malinconia addosso.

Poi però si stanca, non le importa più. Ci dà meno peso, non provando più lo stesso di prima.

A mio parere non c’è cosa peggiore di non sentire più niente, nemmeno la rabbia o il dolore. Penso che sia questo il problema di chi ci crede tanto: poi quando viene deluso non crede più in niente. L’apatia è la reazione collaterale, che puntualmente colpisce chi in precedenza ha provato un dolore troppo grande per lui. Chi utilizzando le sue emozioni tutte in una volta, le fa in un certo senso esplodere, perdendole una a una, irreversibilmente.

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Testo e immagine di copertina a cura dell’autrice Mirkelange Zanato

Mikerlange Zanato è una ragazza di 26 anni, italiana, amante della vita e della scrittura. Lavoratrice e viaggiatrice nel tempo libero. Determinata, sensibile e solare. Ispirata dalla frase “Vince solo chi è convinto di poterlo fare”, che riporta poi nella sua quotidianità. Vincitrice del Premio Nazionale Letteratura Italiana Contemporanea – VIII edizione (sez. Racconti brevi - Fragile e Immortale) della Casa Editrice Laura Capone Editore. Finalista con proposta di pubblicazione per lo stesso concorso — X edizione, anno 2022 (sez. Romanzo inedito - Pensieri) della medesima casa editrice.

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