I miserabili

Il romanzo di Victor Hugo nella versione teatrale prodotta dal Teatro de Gli Incamminati

La compagnia del Teatro de Gli Incamminati, con la regia di Franco Però, è stata protagonista dei teatri italiani con l’adattamento teatrale di Luca Doninelli dell’opera di Victor Hugo I miserabili. La trama di questo romanzo storico è ampiamente nota, perché portata sul grande schermo da numerose produzioni cinematografiche. Ambientato in Francia tra il 1815 e il 1832, ripercorre i grandi eventi che seguono la rivoluzione francese. Ma per quanto la Storia occupi un ruolo chiave nella narrazione di Hugo, il valore de I miserabili è soprattutto morale: attraverso le vicende dei personaggi principali, l’autore denuncia le ingiustizie e le vessazioni a cui il potere sottopone i cittadini degli stati sociali più bassi. La protagonista è un’umanità dimenticata, imbruttita dalla vita e senza alcuna prospettiva di vita. Ne fa parte Fantine, che di giorno lavora in fabbrica e di sera è costretta a prostituirsi per poter garantire un tetto alla sua piccola Cosette. Ne fa parte l’ispettore Javert, scrupoloso funzionario di una legge fatta dai potenti per i potenti, una giustizia fatta su misura per i miserabili.

È una giustizia che l’ex galeotto evaso di prigione, Jean Valjean, conosce bene. Interpretato da un magistrale Franco Branciaroli, Jean Valjean è un miserabile che riesce a riscattarsi dalla condizione che gli è toccata in sorte. L’incontro con il monsignor Charles-François-Bienvenu Myriel gli offre l’opportunità di cambiare la sua esistenza, vivendo nell’onestà e nella prodigalità. Due candelabri d’argento: questi gli oggetti di valore in grado di cambiare per sempre la vita dell’ex galeotto, che – ancora ricercato dalla polizia francese – cambia identità e si trasferisce a Montreuil-sur-Mer, conducendo una vita da cittadino esemplare che gli vale la nomina a sindaco. Ma il passato torna a bussare alla sua porta, quando l’ispettore Javert inizia a sospettare della sua vera identità. Jean Valjean, allo stesso tempo ladro e benefattore, incarna così un’ideale di umanità a cui ambire.

I miserabili è considerato è il romanzo più famoso che esista in Occidente, ma che pochi hanno letto per intero, data la sua imponenza. Tuttavia ha molto a che vedere con la nostra contemporaneità ed è proprio per questo che, come spiega il regista Franco Però, è importante che venga ancora rappresentato:

«un’importante induzione verso questa scelta viene dal momento che stiamo vivendo nelle società occidentali, dove si assiste all’inesorabile ampliarsi della forbice tra i molto ricchi e i molto poveri, fra chi è inserito nella società e chi invece ne è ai margini. Hugo continua a stupirci e impressionarci per queste sue assonanze con l’attualità, per la capacità di affrontare temi diversissimi, di mettere assieme momenti alti e momenti bassi».

Il valore storico di questo romanzo tende a sfumare di fronte al suo valore morale. Trasporlo non è un’operazione semplice, nonostante la trama sia accattivante e catturi rapidamente l’attenzione dello spettatore. Non è semplice condensare un’opera imponente in una pièce teatrale di quasi tre ore, riuscendo a far sì che il tempo si fermi. La scenografia è stata curata nel dettaglio: pochi elementi scenici, in modo da permettere dei cambi rapidi, e un ben congegnato sistema di pannelli scorrevoli, in grado di ricreare ambienti sempre diversi. Grazie ad un sapiente uso dell’illuminazione, le scene che vengono ricreate hanno la potenza fotografica di un set cinematografico e a tratti ci si dimentica di trovarsi di fronte ad un palcoscenico. La bravura degli attori fa sì che nessun personaggio venga trascurato. A fianco al trasformismo di Franco Branciaroli troviamo uno straordinario Francesco Migliaccio, che veste i panni del commissario Javert: due personaggi agli antipodi, per come ce li descrive Hugo, sia sul piano morale che sociale. E l’abisso che li separa viene reso perfettamente evidente dall’interpretazione di Branciaroli e Migliaccio.

Uno spettacolo emozionante e commovente, una trasposizione perfetta del romanzo di Hugo, che dà voce alla Storia che i libri ignorano: la Storia di chi, in fondo, non ha voce per raccontare, perché emarginato, dimenticato…miserabile. Quale speranza per il futuro dell’umanità può avere un miserabile? La risposta è una sola, per Jean Valjean: amare, solo questo conta. Solo così si potranno piantare i semi di un’umanità che, ora come allora, «forse deve ancora venire».

Credits immagini: Teatro de gli Incamminati

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Milanese, biotecnologa e bioinformatica. Curiosa per natura ho scelto di dedicare la mia carriera alla scienza. Di fronte a tutto ciò che passa sotto la lente di ingrandimento della mia curiosità, cerco sempre di ricordarmi che per trovare risposte bisogna fare le giuste domande.

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