Il potere del cane – Il selvaggio West tenta la corsa agli Oscar

Cogito et Volo dedica anche quest’anno una particolare attenzione alla corsa agli Oscar 2022, con approfondimenti sul sito e contenuti extra su Instagram e Facebook. Daremo un’occhiata da vicino a tutte le dieci pellicole candidate per il miglior film, con recensioni e curiosità, e commenteremo i risultati finali all’indomani della notte degli Oscar, che si terrà il 27 marzo. Qui trovate tutti gli articoli già pubblicati.

Con ben dodici candidature The Power of the Dog scritto e diretto da Jane Campion sembra essere il favorito della notte degli Oscar. Alla 78° Mostra internazionale di arte cinematografica di Venezia Campion ha vinto il Leone d’argento per la miglior regia. Il che promette bene, no?

Piccolo spoiler: no.

La trama

Montana, 1925. I due fratelli Phil e George Burbank, interpretati rispettivamente da Benedict Cumberbatch e Jesse Plemons, sono i ricchi proprietari di un ranch e di una grande mandria. Phil è un uomo grezzo, vigoroso, dedito alla vita campestre e bruciato dal sole. George, più compìto e moderato, preferirebbe una vita da città, ma segue il fratello nel lavoro.

Durante la transumanza prendono alloggio presso la locanda della vedova Rose Gordon (Kirsten Dunst), da cui George viene subito colpito. Decide di sposarla e di portarla a vivere nel ranch mentre il figlio adolescente Peter (Kodi Smith-McPhee), che Phil si era divertito a tormentare alla locanda, va a studiare in città.

La vita al ranch non prosegue nel migliore dei modi. George è spesso assente, lasciando Rose sola a difendersi dalle angherie di Phil, geloso di aver perso le cure del fratello e solo dopo la morte del mentore e amico Henry Bronco (di cui lo spettatore non sa praticamente nulla, nonostante sia uno dei punti cardine del film). Rose incomincia a bere.

La storia prende una svolta quando Peter torna al ranch per le vacanze estive, cercando di portare un po’ di sollievo alla madre e di conquistare la fiducia di Phil. Il film quindi si concentra sul loro rapporto, prendendo strade decisamente inaspettate.

Un paio di punti deboli

Il potere del cane ha essenzialmente un unico grande problema: la vaghezza. È un film che vuole dire tanto ma non dice nulla. La storia va carpita, va letta tra le righe e per fare questo ci vuole un enorme sforzo. Facciamo qualche esempio, per rendere l’idea: fin dall’inizio si capisce che tra i due fratelli c’è qualcosa che non va. I loro dialoghi sono scarni, soppesati, affilati. Si lanciano occhiate penetranti e cariche di risentimento. Ma lo spettatore non capisce niente di tutto questo. Succede e basta. Senza nessuna spiegazione.

Rose, vedova di un uomo suicida, chiaramente sta affrontando una marea di mostri interiori e di traumi. Tutta la sua sofferenza e il suo stordimento sono però impenetrabili: non si comprende la ragione dei suoi gesti e delle sue parole. La stessa cosa vale per Peter, che ha dei tic interessanti, come far risuonare i dentini di un pettine passandoci sopra con le unghie, o giocare con un hula hoop.

Se l’intento di Jane Campion, candidata all’Oscar per la miglior sceneggiatura non originale – dato che il film è tratto dall’omonimo libro di Thomas Savage (1967) – era quello di creare un’aria misteriosa ed evocativa, non ci riesce per nulla. Il risultato è quello di un film snervante e noioso, intrappolato nella sua incomunicabilità.

Altro tasto dolente: il cast. Tutti gli attori sopra nominati sono candidati alle prestigiose statuette per la miglior performance, maschili e femminili, da protagonisti o meno. Il che è, tranne per il caso di Kodi Smith-McPhee, per cui il ruolo di Peter rappresenta la prima importante presenza nel cinema internazionale, una scelta “interessante”.

È proprio per via del distacco che si crea con la storia in assenza di dettagli sulle vite dei protagonisti che le performance degli attori sembrano abbastanza piatte e monocordi. Benedict Cumberbatch non è particolarmente convincente nei panni di un cowboy dal cuore infranto e indurito dalla steppa; Kirsten Dunst interpreta una versione sbiadita della Peggy Blumsquit della seconda stagione di Fargo. Jesse Plemons è ancora una volta colpito dalla maledizione del personaggio insignificante e superfluo da tenere sullo sfondo.

Il punto forte

C’è un altro tema importante all’interno del film: la sessualità. Mai nominata, mai rappresentata eppure sempre presente. Sono i gesti della camera a sottolineare continuamente la tensione sessuale. Phil, quando entra per la prima volta nella locanda dei Gordon, è colpito dai fiori di carta nei centrotavola. Ne prende uno in mano, ne accarezza il centro e ci infila dentro un dito, interrogandosi sulla dolce fanciulla che gli ha dato forma. La camera segue il movimento con voluttà, indagando con occhio affamato quel gesto così innocente e così intimo al tempo stesso.

La camera di Jane Campion indugia sui movimenti pelvici di Phil, mentre con forza tira le redini dei cavalli o intreccia fruste per le mucche. Indugia sui pezzi di pelli che nell’intrecciarsi si attorcigliano e si perdono l’uno nell’altro. Si sofferma sul membro dei tori e sulle mani nude di Phil nel momento della castrazione. Accarezza il corpo di Phil mentre si lava al fiume, facendo del suo corpo un fascio di nervi irrorato di tensione sessuale.

La sessualità e l’orientamento sessuale di Phil diventano allora il cuore del film pur senza esserlo, senza che mai se ne parli, senza che mai lui confermi nulla. Il racconto è tutto deciso dalla telecamera, dall’occhio della regista, e mai dal personaggio.

La regia di Jane Campion, da lodare anche per le scelte paesaggistiche e scenografiche, è ciò che dà valore a questo film. Questo parlare attraverso la composizione delle immagini e i movimenti di cinepresa e non attraverso le parole. Ma non basta a tenere in piedi Il potere del cane.

Tutte le immagini sono tratte dal film, distribuito da Netflix.

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Laureata in Scienze filosofiche e ora studentessa del Master Professione Editoria cartacea e digitale a Milano. Quando non leggo, scrivo. Quando non scrivo, guardo film. Quando non guardo film, parlo ai miei amici dei film che ho appena visto. Quando non faccio nessuna di queste cose di solito sto cercando di replicare qualche ricetta di Masterchef.

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