Microplastiche: perché molte aziende stanno eliminando i glitter?

Le microplastiche non sono tutte uguali. Eliminare i glitter e altre microplastiche primarie aiuterà veramente l’ambiente?

Se avete già addobbato l’albero di Natale e tra le vostre decorazioni c’è almeno una pallina glitterata, ci sono ampie possibilità che le vostre mani stiano ancora scintillando. Le decorazioni coperte di lustrini sono un must del periodo natalizio, eppure quest’anno tre tra le più grandi catene di centri commerciali del Regno Unito (Morrisons’, Waitrose e John Lewis) hanno deciso di rinunciare a glitter e plastica nelle loro linee di prodotti per le festività, per ridurre l’impatto causato dalle microplastiche sull’ambiente.

Microplastiche: una definizione complicata

Le prime prove della presenza di piccoli frammenti di plastica sulla superficie delle acque oceaniche sono state riportate in letteratura scientifica intorno agli anni Settanta. Il termine microplastica veniva allora utilizzato per indicare la necessità di utilizzare un microscopio per poter identificare tali frammenti. La definizione formale viene formulata molti anni dopo, nel 2008:

Le microplastiche sono piccole particelle di materiale plastico di dimensioni inferiori ai 5 mm

Date le loro piccole dimensioni, le microplastiche vengono facilmente ingerite da piccoli e grandi organismi marini, minacciando la salute di tutta la catena alimentare, oltre che della singola specie. Una volta raggiunto l’oceano infatti le microplastiche possono rimanere in sospensione o depositarsi sul fondale, a seconda del materiale di cui sono fatte. I derivati del polipropilene sono estremamente leggeri e tendono a galleggiare, mentre i derivati dell’acrilico sono più densi dell’acqua e tendono ad affondare.

L’impatto sulla salute umana non è ancora stato determinato ma c’è una forte ricerca su questa questione: l’European Food Safety Authority (EFSA) terrà un importante summit nel 2021 dedicato proprio all’effetto delle microplastiche sulla salute umana. Allo stesso tempo l’European Chemical Agency (ECHA) si sta occupando di definire restrizioni sull’uso di microplastiche nei prodotti europei, che spesso suscitano non poche polemiche da parte delle industrie. Infatti una delle proposte prevede di ampliare la definizione di microplastiche per includere anche altri materiali polimerici, non necessariamente plastici, ma in grado di generare microframmenti con ridotta biodegradabilità.

Microplastiche primarie e secondarie

Le microplastiche vengono suddivise in due tipologie, a seconda della loro origine. Si distinguono in:

  • primarie, se vengono intenzionalmente prodotte in micro-dimensioni;
  • secondarie, se sono il risultato di processi di erosione e decomposizione di materiali plastici.

Nella prima categoria rientrano le microsfere contenute in molti prodotti cosmetici, le nano- e micro- formulazioni utilizzate in prodotti per la pulizia e per l’agricoltura. Nella seconda categoria rientrano un’infinità di processi di degradazione, dall’abrasione degli pneumatici sull’asfalto al deterioramento delle fibre sintetiche ogni volta che laviamo i nostri vestiti.

Le restrizioni proposte dall’ECHA si applicano principalmente a prodotti industriali in cui le microplastiche vengono aggiunte in modo intenzionale. I glitter rientrano senz’altro in questa categoria, in quanto vengono prodotti con scopo puramente decorativo. Si parte da materiale plastico, che viene trattato con alluminio e mica, in modo da produrre un effetto olografico. Questi vengono poi laminati e infine sminuzzati in diverse dimensioni, a seconda della loro destinazione d’uso.

Photo by Sharon McCutcheon on Unsplash

Le proposte di regolamentazione che colpiscono le microplastiche primarie hanno senz’altro l’obiettivo di ridurre il superfluo, cercando di spingere le industrie verso soluzioni più ecosostenibili, ma vanno a colpire una piccola parte del problema. Il grosso delle microplastiche che si ritrovano nei mari ha origine secondaria ed è anche complicato pensare a come risolvere il problema, così legato alla nostra quotidianità.

Per un futuro ecosostenibile c’è un solo rimedio: la ricerca e la capacità inventiva dell’uomo. Gran parte dei problemi legati all’inquinamento ambientale sono causati dai materiali che utilizziamo e si possono risolvere soltanto investendo sulla ricerca di nuovi materiali, che siano biodegradabili e atossici.

Per approfondire:
Primary Microplastics in the Oceans, a Global evaluation of Sources
Sources, fate and effects of microplastics in the marine environment: a global assessment
ECHA restriction proposal

Immagine di copertina: Photo by Renee Fisher on Unsplash

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Milanese, biotecnologa e bioinformatica. Curiosa per natura ho scelto di dedicare la mia carriera alla scienza. Di fronte a tutto ciò che passa sotto la lente di ingrandimento della mia curiosità, cerco sempre di ricordarmi che per trovare risposte bisogna fare le giuste domande.

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