OAK: il mediometraggio che sa di poesia e ci riconnette con la natura

Intervista al filmmaker e regista di OAK, Mirko Daolio

Oggi vi vogliamo raccontare di un progetto che già delle prime immagini trasmette un’atmosfera assolutamente insolita: OAK, il primo film del filmmaker Mirko Daolio. Tratto da un racconto della scrittrice Ilenia Pecchini, OAK mette in scena il rapporto pieno di simbolismi tra due giovani senza nome che si trovano immersi nel ciclo naturale. È stato girato in una località del modenese tra il 2020 e il 2021 e ai suoi creatori piace definirlo come “una poesia con un denso nucleo spirituale”: nulla di più vero, OAK è il tipo di opera che ci aspetteremmo di trovare a teatro, ma che grazie a questo mediometraggio potremo vedere nel suo palcoscenico naturale, attorno a una quercia.

Abbiamo quindi pensato di fare quattro chiacchere proprio con il suo regista, che, tra le altre cose, ci spiegherà come la mission principale del film si quella di invitare le persone a ri-abituarsi a un ascolto autentico della natura.

Definiresti OAK una storia più onirica o fantastica?

Onirica, senza ombra di dubbio. OAK più che un racconto di magia, castelli e stregoni, è un profluvio di metafore e similitudini, di ricordi e immaginazioni che a poco a poco delineano il sistema metafisico di cui i protagonisti e il bosco sono la diretta manifestazione. Neppure i fenomeni atmosferici sono fine a se stessi: supportano attivamente la vicenda e mi piace pensare che siano gli attori non-protagonisti del film.

OAK non parla di un universo immaginario in cui i personaggi vivono una grande avventura: la vicenda si svolge interamente in un pomeriggio d’autunno, e gli elementi fantastici non sono altro che mezzi per mostrare le verità universali che non è possibile vedere con gli occhi.

Da OAK dobbiamo aspettarci un racconto estemporaneo del rapporto tra essere umano e natura, tanto che i suoi unici protagonisti sono un ragazzo, una ragazza e la quercia. In che modo non assegnare un nome preciso ai due protagonisti aiuta a trasmettere meglio il senso della storia? E perché maschile e femminile sono invece indispensabili?

I personaggi di OAK non hanno bisogno di un nome perché sono gli unici abitanti del loro mondo e hanno una valenza archetipica.

Riguardo a maschile e femminile occorre approfondire cosa intendiamo: i personaggi nel film sono una rappresentazione sul piano fisico del principio astratto di polarità, il lato attivo e quello ricettivo della vita organica. Facendo un passo indietro, scopriamo che l’etimologia della parola ‘genere’ è latina e significa creazione, produzione, generazione: qualcosa di più vasto di quanto non sia il sesso come comunemente lo intendiamo, che si riferisce piuttosto alle differenze anatomiche tra maschio e femmina. Ovunque guardiamo possiamo notare il principio di polarità in azione, forze di natura opposta che si equilibrano dando vita a qualcosa di superiore: pensiamo ad esempio agli atomi, composti da neutroni, protoni ed elettroni. Nel film, persino i colori dei costumi dei personaggi si invertono come lo Yin e lo Yang nel simbolo del Tao. Il genere, a mio avviso, serve per trovare in noi un equilibrio e comprendere a favore di quale lato alle volte fruttano certe situazioni e i traguardi nella nostra vita.

OAK è tratto da un omonimo racconto del 2013 di Ilenia Pecchini, perché ha ancora senso metterlo in scena nel 2022?

Beh, il racconto di Ilenia è una poesia scritta in prosa e la letteratura non ha una data di scadenza. È una storia che ha una valenza eterna, poiché tratta di tematiche filosofiche e spirituali che hanno senso a prescindere dal periodo temporale o dall’ambito sociale in cui vengono collocate. Ho deciso di scrivere una sceneggiatura sulla base di questo racconto perché ci ho intravisto qualcosa di davvero speciale, straordinario, che mi ha coinvolto emotivamente come non mi era mai successo – quasi fosse qualcosa di veramente desueto, perso negli anfratti del tempo… Non vedo davvero l’ora di farlo conoscere al pubblico. Inoltre, ci ritroviamo sempre più immersi nella distrazione, tanto non esserne nemmeno più consapevoli: c’è bisogno di un ritorno alla natura, di imparare nuovamente ad apprezzare le cose semplici e riflettere su tutto ciò che ci succede. Così facendo ci accorgeremmo, ad esempio, che il destino e la fortuna non arrivano senza una ragione, che tutto ha una spiegazione.

oak movie
Il personaggio maschile – (still ungraded)
Come suggerisce il titolo stesso il fulcro delle vicende ruoterà intorno alla quercia. Spesso questo albero assume significato simbolico, nella mitologia celtica è visto come un collegamento tra la dimensione terrena e celeste, sarà così anche in OAK? E poi, ti va di raccontarci come hai trovato LA Quercia attorno a cui girare il medio-metraggio?

La Quercia di OAK è simbolo di saggezza e purezza e rappresenta sicuramente un punto d’incontro tra spirito e materia: si tratta infatti di un posto sacro – un luogo di riposo, riflessione e ritiro in se stessi. È proprio all’interno del suo tronco che vive il protagonista maschile della storia, un personaggio introspettivo, misterioso e di poche parole. Quando ho scoperto che abitava lì dentro sono rimasto affascinato, e ho provato anche una certa malinconia, non so spiegare bene il perché… so solo che l’ho trovata una cosa geniale, curiosa e anche strana.

Scoprire la Quercia è stata veramente una tra le cose più belle di questa esperienza. Io e Ilenia l’abbiamo trovata grazie ad un sito web in cui sono archiviate tutte le foto e gli indirizzi degli alberi monumentali dell’Emilia-Romagna. Inizialmente ero molto preoccupato: cercavamo una pianta che si distinguesse per la sua robustezza e che fosse in una posizione particolare, ossia ben distante da qualsiasi area urbana e in prossimità di un bosco praticabile. Ci siamo procurati una cartina della regione e abbiamo segnato tutte le querce che potevano fare al caso nostro, poi abbiamo girato con la macchina in lungo e in largo alla ricerca di quella ideale – è stata davvero una sfacchinata, considerato anche che era agosto. Dopo quasi un treno di gomme (scherzo), grazie ad un suggerimento da parte di Rosella Ghedini, del servizio Patrimonio Culturale dell’Emilia-Romagna, siamo finalmente riusciti a trovarla: è a Palagano, sull’appenino modenese. Non posso non cogliere l’occasione per ringraziare Monica, la proprietaria del terreno, per averci permesso di effettuare le riprese.

Dalle prime immagini disponibili OAK ricorda visivamente i fantasy naturalistici per ragazzi che venivano prodotti negli anni ’90. C’è un po’ di nostalgia di quel filone?

Sicuramente sono nostalgico degli anni ’90, ma per altri motivi. L’atmosfera di OAK è stata influenzata principalmente dalla musica dei Les Discrets, una band francese: i brani che ho scelto per la colonna sonora del film sono tratti dal loro primo album. Volevo che alcune scene trasmettessero una sensazione di armonia e semplicità, così ho cercato riferimenti nella pittura, in particolare nella corrente dell’impressionismo che ha fatto grande uso dell’en plein air, dato che il film è girato tutto in esterna. Come dimenticare le ore di camminate fra le distese di campi che ho fatto per ispirarmi… Per dare forma nel migliore dei modi a ciò che avevo in mente mi sono fatto aiutare anche da alcune pellicole di grandi registi della seconda metà del Novecento, come Bergman, Tarkovskij e Kiarostami.

oak movie
Liliana Benini e Federico Caramori in una scena di OAK – (still ungraded)
Liliana Benini e Federico Caramori saranno i due interpreti. Cosa puoi dirci su di loro?

Le loro performance sono state davvero soddisfacenti. Liliana è un’attrice forte, coraggiosa e di talento: il suo personaggio è presente per la quasi totalità del film e lei si è impegnata davvero molto sul set. Non si è lamentata neppure quando ha dovuto recitare sotto la pioggia, ed è riuscita a trovare le espressioni visive ideali per accompagnare ogni pensiero della protagonista. Sono convinto che in mano ad un regista di fama potrebbe dare grande prova di sé.

Federico è un ragazzo giovanissimo che sin da subito ha creduto molto nel progetto, dimostrando sempre grande disponibilità ed entusiasmo. È stato molto divertente lavorare con lui, soprattutto nei tre mesi in cui ha dovuto imparare a fare la verticale affiancato da un istruttore di danza moderna. Sul set ha dimostrato molta attenzione e serietà nell’immedesimarsi nel suo personaggio, che esigeva uno stato d’animo particolare, e ci è riuscito in maniera avvincente. Vorrei avere l’occasione di lavorare ancora con lui in futuro.

Entrambi, oltre a leggere la sceneggiatura, si sono addentrati nelle atmosfere delle canzoni dei Les Discrets e hanno letto il Kybalion, il testo da cui sono tratti i concetti spirituali su cui è costruito il film, calandosi così ancora più profondamente nei rispettivi personaggi: di questo sono stato davvero contento.

 A che punto siete con la produzione di OAK?

In questo momento il film è in fase di post-produzione: alcuni miei collaboratori si stanno occupando di inserire gli effetti visivi (VFX) all’interno delle riprese. È una fase importante sia a livello di tempistiche che di costi, poiché sono molte le cose che non è stato possibile realizzare direttamente sul set, in live action. Terminata questa lavorazione, passeremo ad occuparci dell’audio e del processo di color grading. Ogni parte del film sarà curata nel migliore dei modi al fine di far vivere un’esperienza favolosa al cinema.


Immagini in copertina e nel corpo di testo fornite da Mirko Daolio, tutti i diritti riservati

avatar

Studentessa di Giurisprudenza che mangia Pop Culture a colazione e ve la racconta nel tempo libero. Trovo sempre il pelo nell'uovo ma non per questo disprezzo la frittata. Metà ironica, metà malinconica. Da grande voglio fare la Mara Maionchi. (@jadesjumbo)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.