Quanto tempo è per sempre?
Da Alice nel paese delle meraviglie fino alle nuove scoperte neuroscientifiche: il misterioso e affascinante ruolo del tempo.
Così nel romanzo del 1865 di Lewis Carrol “Alice nel paese delle meraviglie”, la piccola Alice si rivolgeva al Biancoconiglio, coniglietto dal pelo bianco e occhi rosa, che indossava un panciotto dal quale spuntava un grande orologio da tasca che controllava spasmodicamente. Forse a simboleggiare il frenetico e contorto mondo degli adulti, il Bianconiglio è letteralmente ossessionato dal tempo. Preoccupato dal possibile ritardo che potrebbe metterlo in cattiva luce nei confronti della sua regina, non fa altro che ripetere «è tardi, è tardi».
Del resto, come dargli torto. Il tempo è il dato oggettivo che unisce tutti noi. Per qualcuno è un dono, per qualcun altro, invece, è forse il più grande nemico da combattere ogni giorno.
Cos’è il tempo?
Se nessuno me lo chiede, conosco la risposta, ma se qualcuno me lo chiede e desidero spiegarlo, allora non lo so più
Così diceva Sant’Agostino, teologo e filosofo latino vissuto nel quarto secolo. Il tempo per lui, come anche per gran parte di noi, è facile e naturale viverlo; diventa però materia complessa se lo si vuole definire o discutere.
Il problema di scandire quantitativamente lo scorrere delle nostre giornate e quantificare la durata delle nostre azioni, ha costituito una priorità fin dalle epoche più antiche. Se in principio lo scorrere del tempo veniva misurato attraverso fenomeni naturali come il movimento del sole e della luna, oggi la misurazione è divenuta via via sempre più precisa, grazie a particolari orologi atomici, che analizzando le oscillazioni compiute dalle radiazioni di un atomo di cesio, riescono a misurare vibrazioni impercettibili all’interno del mondo infinitamente piccolo.
Un grande mistero
Nonostante il tempo sia stato oggetto di numerosi studi, ancora oggi si presenta come il più grande mistero.
La prima definizione la si deve al filosofo Aristotele che inquadrava il tempo come il numero del movimento secondo il prima e il poi, che scorreva uniformemente senza relazione con alcunché di esterno.
il tempo è ciò che impedisce che tutto accada nello stesso momento
Così scriveva John Archibald Wheeler, cosmologo americano. Se nello spazio, secondo Wheeler, è possibile visualizzare più elementi contemporaneamente, questo non è possibile nel tempo. Immaginiamo di essere ad una mostra d’arte: sappiamo come visivamente, quindi spazialmente, sia possibile osservare più quadri contemporaneamente, ma, viceversa, sarà impossibile ascoltare nello stesso istante tutto l’album del nostro cantante preferito.
Soltanto nel ventesimo secolo, con Einstein, il tempo divenne una dimensione dello spazio, appunto lo “spazio-tempo”, il palcoscenico nel quale si svolgono tutti i fenomeni fisici.
Le mappe del tempo nel cervello
Se gli studi condotti in ambito fisico e filosofico si sono pressoché concentrati sulla sua origine e natura del tempo, invece, gli studi in ambito medico e neuroscientifico si sono soffermati sul tentare di capire come il nostro cervello riesca a percepirlo e misurarlo.
Cosa ci fa percepire l’attesa di un primo appuntamento troppo lunga? Per quale motivo, quell’evento, giornata, per noi così importante, sembra volare via in un attimo?
A cercare di rispondere a queste domande, sono stati i ricercatori della Scuola internazionale superiore di Trieste che, coordinati da Domenica Bueti, hanno trovato tra le maglie del cervello dell’uomo le “mappe del tempo”, veri e propri canali che consentono di percepire il trascorrere di minuti, giorni e anni. Protagonista di questo meccanismo, è la porzione di cervello, chiamata “corteccia supplementare motoria”, descritto per la prima volta sulla rivista Plos Biology.
La grande scoperta del team della Boeri, consiste nel aver intuito come stimoli di varia natura attivino nella regione del cervello aree diverse: zone anteriori per le durate più brevi, le parti posteriori per i periodi più lunghi.
Per la prima volta – commenta Bueti – si è capito, nell’uomo, come il nostro cervello decodifica il passare del tempo
Prima di questa scoperta sapevamo che la corteccia supplementare motoria fosse coinvolta nella percezione del tempo, ma non si aveva idea di come funzionasse. Oggi sappiamo come la percezione del tempo si avvale di due elementi: l’organizzazione della corteccia supplementare motoria, in cui le parti che rispondono a durate simili sono spazialmente vicine, e la selettività. Alcune porzioni dell’area rispondono solo ad una certa durata. Così quella che reagisce a uno stimolo brevissimo, come 200 millisecondi, si attiva con uno stimolo simile di 400 millisecondi ma non per uno stimolo di 3 secondi. In più la qualità delle mappe è correlata alla percezione del tempo: più accurata e precisa è la percezione, migliore è la mappa registrata.
La durata di un secondo
È innegabile come ogni cosa possieda il suo tempo. Alcune ci sembrano durare troppo, e possono diventare lunghe, faticose, difficili. Quelle che invece, vorremmo durassero “per sempre”, sembrano durare troppo poco. Vorremo che alcune cose restassero eterne, altre che invece durassero solo un secondo. Ci sono secondi che passano inosservati, altri che sembrano durare in eterno. È il grande paradosso del tempo. E per quanto ci ostiniamo, a competere con esso, lui sarà sempre il vincitore.
E alla fine, alla domanda della piccola Alice «Quanto tempo è per sempre?», non saprei dare una risposta chiara e univoca, ma probabilmente risponderei proprio come il Biancoconiglio «A volte solo un secondo».
Immagine copertina: di valentin/simon0 da pixabay.