Storie di scientifica ironia

Dario de Santis, storie di scientifica ironia

Intervista a Dario De Santis, divulgatore e storico della scienza

I nuovi media offrono la preziosa opportunità di avvicinarsi al sapere con un semplice click: basta disporre di una connessione ad Internet per accedere ad un mare di contenuti educativi, di infotainment o didattici in senso stretto, in un panorama che dimostra di sapersi evolvere ed arricchire giorno per giorno.
Fra tutte le piattaforme in cui è possibile usufruire di questo materiale, YouTube spicca per l’ampiezza e l’organizzazione dei contenuti, che possono essere raccolti in playlist, condivisi e riprodotti su SmartTV con una facilità ignota ad altre applicazioni: è proprio su YouTube che incontriamo “Storie di scientifica ironia”, il canale di divulgazione del professor Dario De Santis, insegnante universitario ed appassionato storico della scienza.

«Dario, bentrovato. Non mi avventurerò nella difficile impresa di descrivere tutto ciò che fai – dal pilotare ultraleggeri all’insegnare Editoria e nuovi media all’università di Udine, ci sarebbe troppo da dire! Ti chiedo invece, iniziando questa conversazione in medias res, se oltre ai pregi appena elencati i social abbiano anche dei lati negativi: ne hai sperimentato qualcuno, nel corso della tua attività?»

«I social media vengono sempre più spesso utilizzati per creare contenuti “impegnati”, basti pensare a come Tik Tok abbia aumentato la durata massima dei suoi video da un solo minuto a ben dieci. Proprio quest’anno ho seguito una tesi di laurea riguardante Booktok, fenomeno che ha avuto, ha tutt’ora e avrà in futuro un peso di grande rilievo per l’editoria (italiana e non solo), ma che è solo un piccolo tassello nel quadro più generale della diffusione dei nuovi mezzi di comunicazione… e del loro impatto sulla vita reale.

Quest’ultimo per forza di cose può essere sia positivo che negativo: quando abbiamo avuto a disposizione le automobili non abbiamo capito da subito che, oltre ad essere un notevole vantaggio per velocizzare gli spostamenti, presentavano anche dei rischi. Si è provveduto a regolamentare la circolazione motorizzata a piccoli passi e ancora oggi si perfezionano le leggi relative. I social sono strumenti potentissimi, per molti versi analoghi ad una bella Ferrari: sono veloci ed efficaci, ma vanno gestiti correttamente. Per questo dobbiamo tutti lavorare, impegnarci e studiare in modo da portare la rivoluzione digitale in una direzione costruttiva».

«Hai avuto dei momenti di rigetto verso i social, in questi anni di attività sulle varie piattaforme?»

«Assolutamente sì. Per certi versi è soverchiante ricevere migliaia di commenti su una breve clip come quella che ho realizzato in collaborazione con il profilo di Tecnica della Scuola. Il reel in questione era dedicato al tema della pubblicazione di immagini di minori sui social network, ha raggiunto in breve tempo oltre due milioni di visualizzazioni e più di 3500 commenti: ho provato a rispondere a più persone possibile, senza esimermi dal leggere persino le opinioni più velenose sull’argomento, segnate dalla rabbia o dalla mancanza di empatia.
Quest’aspetto per me è comunque meno preoccupante della velocità con cui viaggiano le informazioni: mi piacerebbe provare ad utilizzare una piattaforma che inviti il suo pubblico a fermarsi un momento per riflettere su ciò che vede, sente, legge. Alla base dell’infodemia c’è il ritmo fortemente accelerato della fruizione dei contenuti, per cui il mio consiglio è quello di concedersi una pausa, di trovare il tempo per staccarsi un momento dagli schermi e ripercorrere con calma le informazioni acquisite, valutandole prima di interiorizzarle».

«Faccio un piccolo passo indietro per chiederti come ha avuto origine il tuo interesse per la comunicazione e la divulgazione scientifica sui social: c’è stata una figura che ti ha ispirato?»

«Social a parte, appena ho vinto il dottorato di ricerca ho iniziato a organizzarmi per svolgere interventi all’interno delle scuole, per gli studenti degli ultimi anni del liceo, anche se mi veniva sconsigliato di farlo. In ambito universitario la divulgazione viene quasi malvista, accantonata, mentre dovrebbe essere la terza missione dell’accademia. I miei interessi di ricerca si sposavano bene con questa mia battaglia personale, dal momento che ho lavorato per tanti anni all’Archivio Storico della Psicologia Italiana (ASPI), centro di ricerca interdipartimentale dell’Università di Milano Bicocca che ha ricevuto appositi finanziamenti per valorizzare online i propri documenti d’archivio. Da lì in poi le cose si sono susseguite in maniera abbastanza naturale, con un obiettivo che è sempre stato quello di portare ad un pubblico man mano più ampio i miei contenuti, anche per spiegare la mia professione e i collegamenti tra filosofia, storia e scienza, molto forti eppure poco apprezzati e contemplati nei programmi scolastici.

Di maestre e maestri ne avrei a iosa da citare, sia guardando al panorama televisivo, sia pensando al mondo dei libri (un consiglio tra i molti: “Scienza, quindi democrazia”, di Gilberto Corbellini), sia a figure storiche come quella di Faraday, che alternava la ricerca alla divulgazione, o di Alexander Von Humboldt, che voleva raccontare al pubblico la bellezza della storia naturale e investì parte del suo patrimonio per perseguire questo obiettivo. Solo il mondo cattedratico dell’università è rimasto un po’ silenzioso da questo punto di vista, forse perché l’università italiana non è pronta a sentirsi dire che la divulgazione sia fondamentale e non “tempo perso”. Condividere il sapere non significa annacquarlo e perderlo, ma rafforzarlo: la conoscenza è l’unico bene che se scambiato aumenta il suo valore».


A proposito di Von Humboldt, segnaliamo un evento dal vivo a lui dedicato per l’anniversario della sua nascita: il 14 settembre p.v., alle ore 18.30, presso la Sala Conferenze del Museo Naturalistico Archeologico di Vicenza, Dario De Santis terrà una conferenza sulla vita e le avventure dello studioso tedesco, “l’eroe perduto della scienza”, come lo definisce il sottotitolo del libro di Andrea Wulf a lui dedicato. L’ingresso è gratuito fino ad esaurimento posti, e al termine dell’evento sarà possibile trattenersi per un breve question time.

Locandina a cura dell’autrice

Nata a Conegliano Veneto, da quando ha imparato a tenere una penna in mano adora riempire ogni pagina bianca con l'inchiostro dei pensieri; si è laureata in Lettere Moderne all'Università di Udine, concludendo la carriera accademica laureandosi in Editoria e Giornalismo all'Università di Verona. Dedica il tempo libero alla scrittura e alla fotografia.

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