Unlimited love: operazione nostalgica o ritorno in grande stile?

Unlimited love, il nuovo album dei Red Hot Chili Peppers, rischiava di essere una grande operazione nostalgia, invece guarda al futuro

Ammettiamolo, i presupposti perché si creassero delle eccessive aspettative
riguardo Unlimited Love, il nuovo album dei Red Hot Chili Peppers, c’erano tutti,
ed io in primis ho contribuito ad alimentare un certo scetticismo a riguardo.
Tutto faceva presagire ad una grande operazione nostalgica.

L’annunciato ritorno dietro le quinte di Rick Rubin, storico produttore dei RHCP dai
tempi di Blood Sugar Sex Magic, e quello dell’iconico chitarrista John Frusciante,
per quanto da fan mi avesse fomentato mi ha anche fatto riflettere: e se stavolta
fosse troppo?

John Frusciante dei Red Hot Chili Peppers al Voodoo Music Experience, 2006, New Orleans. Credits: Wikimedia Commons

Parlandoci chiaro: ci troviamo di fronte a una band di sessantenni e cinquantenni
che ancora una volta rischia di ricadere nel cliché dei grandi amori che non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano.
Cosa avranno mai da raccontare ancora dopo un’onorata carriera quarantennale lastricata di successi, in una formazione già vista e con un produttore con il quale hanno già sperimentato tutto?

Se quest’album fosse stato un flop avrebbe potenzialmente contribuito ad affondare definitivamente la band, seppellita dalle sue stesse certezze. D’altronde, l’ultima volta che la band losangelina usciva con un nuovo album con questa formazione era il 2006, ed il mondo ed il panorama discografico da allora sono cambiati e non poco.

Copertina di Stadium Arcadium (2006), l’ultimo album dei Red Hot Chili Peppers nella formazione con John Frusciante e prodotto da Rick Rubin. Credits: Amazon.it

Da lì in poi la band sembrava aver perso smalto ed una certa identità, complice l’uscita di scena di John Frusciante, dopo la quale hanno visto la luce I’m With You (2013) – ancora sotto la direzione di Rick Rubin – e The Geteway (2016), prodotto da Brian Joseph Burton, in arte Danger Mouse, che ha definitivamente segnato uno spartiacque stilistico nella carriera della band californiana.

I Red Hot Chili Peppers invece a sessant’anni suonati sono ancora qui ad insegnare come si fa un certo tipo di musica, con una ritrovata vena funk rock ed una inaspettata atmosfera malinconica.

Copertina di Unlimited love (2022). Credits: Amazon.it

Unlimited Love è il frutto dell’innegabile alchimia e della profonda connessione artistica tra Anthony, Flea, John, Chad e Rick Rubin. A quest’ultimo viene riconosciuto il pregio di lasciare molta libertà di espressione ai suoi artisti ed è forse questo il segreto che rende così unico il sodalizio Rubin-RHCP.

La godibilità dell’intero disco ne è la riprova. Scorre come un flusso ininterrotto
a cominciare da Black Summer, il brano più classico nella struttura redhotchilipeppersiana, passando per Here Ever After, dal ritornello più catchy, a These Are The Ways, dalla vena decisamente più power-rock, riscoprendo anche la radice soul funk della band con Let ’Em Cry, che con l’inserto dei fiati accompagna il disco verso la chiusura con Tangelo, un brano intimo e delicato.

Una nota a margine che farà certo contenti i più nostalgici e appassionati
riguarda la tecnica vecchio stile di masterizzazione del disco che è avvenuta
direttamente dalle registrazioni in studio evitando tutto il processo di compressione e manipolazione digitale delle tracce.

Questo album suona proprio come una dichiarazione d’amore a tutto ciò che i Red Hot Chili Peppers sono stati come band e a ciò che potrebbero diventare in futuro.

Sì futuro, avete letto bene: il più grande pregio di Unlimited Love è che nonostante l’età dei componenti del gruppo fa venire voglia di scoprire cos’altro potranno produrre con questa rinnovata ispirazione artistica e nuova linea malinconica.

The Red Hot Chili Peppers are still rocking out here ever after.


(Immagine di copertina: Red Hot Chili Peppers nel 2022. Da sinistra a destra: Anthony Kiedis, John Frusciante, Flea, Chad Smith. Credits: Wikimedia Commons)

Articolo a cura di Luca Pulvirenti

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