La non festa della donna
Una storia di conquiste dal ‘900 a oggi
La festa della donna
Lo scorso 8 marzo si è celebrata la festa della donna. Come ogni anno sono molti gli aspetti che vengono sviscerati durante questa giornata: si passa dall’essere una mera festa commerciale all’essere un giorno di riflessione, di rivendicazioni di diritti, di ricordi del passato e di prospettive future.
In questo articolo cerchiamo di capire che cosa è davvero la festa della donna, come è nata e come si è sviluppata negli anni e perché probabilmente non è corretto chiamarla definirla “festa”.
La giornata internazionale della donna
Il primo aspetto da affrontare è legato al nome della giornata infatti, se a livello popolare è chiamata da tutti festa della donna, il nome corretto fin dalla sua istituzione è quello di Giornata internazionale della donna.
Le origini sono abbastanza lontane nel tempo, ci troviamo negli Stati Uniti all’inizio del ’900, più in particolare nel 1905. La nostra storia comincia da qui è ha un colore politico molto evidente che permea quasi tutto il percorso della giornata della donna, quello socialista.
Nel 1905 infatti è proprio il partito socialista a organizzare una prima manifestazione in cui vengono reclamati diritti per le donne. Questo episodio è però isolato e partecipano pochi cittadini.
La prima vera giornata della donna avviene nel 1909, ancora una volta negli Stati Uniti, ancora una volta su iniziativa dei socialisti: l’obiettivo è quello di manifestare per reclamare maggiori diritti per le donne.
L’internazionalità della manifestazione viene assunta nel 1911 seguendo il carattere internazionale dato proprio dal partito. L’obiettivo è chiaro, diffondere a livello globale l’idea che la donna non è subordinata all’uomo, ma gode di una sua libertà e per questo deve avere stessi diritti dell’uomo.
Il primo giorno assunto come giornata di manifestazione è stato il 19 marzo. Durante questa giornata non c’era spazio per mimose, cene eleganti e post su Facebook. Dato il carattere della giornata, il tutto si è strutturato in manifestazioni e scioperi: le rivendicazioni erano per lo più nell’ambito del diritto del lavoro e diritti civili.
La prima data di celebrazione dell’8 marzo viene dalla Russia, precisamente nel 1917, durante questo periodo, infatti c’erano state numerose manifestazioni da parte del partito comunista per cercare di porre fine alla prima guerra mondiale. Le donne si erano mobilitate per chiedere la fine della guerra, che stava affamando il popolo, e il ritorno in patria dei loro mariti e figli.
Per l’ufficializzazione, almeno nel mondo sovietico, dell’8 marzo come giornata internazionale della donna, dobbiamo aspettare il 1921. L’internazionale comunista decise di prendere a simbolo questa giornata sia per ricordare le lotte per l’emancipazione femminile, sia per rimembrare le giornate di rivolta per l’uscita della Russia dalla guerra. Da questo giorno sarà solo l’Unione Sovietica a commemorare la giornata internazionale della donna.
È solo nel 1975 che le nazioni unite decidono anche loro di riconoscere una giornata internazionale della donna. L’intento è stato probabilmente politico, ci troviamo in piena guerra fredda e le femministe statunitensi avevano cominciato a riunirsi e manifestare per la loro emancipazione. Quindi per evitare un avvicinamento del mondo femminista al partito comunista, si decise di accontentare le donne istituendo una giornata internazionale.
La festa della donna di oggi è figlia per lo più della giornata internazionale della donna istituita dalle Nazioni Unite. Al netto dell’aspetto commerciale, di regali di fiori e dichiarazioni macchinose, si tratta di una giornata di ricordo, di memoria, di riflessione, per aprire discussioni in merito all’emancipazione femminile passata presente e futura.
Tanti auguri!
Anche l’idea del “fare gli auguri” risulta forse essere insensata, poiché il concetto di auguri, usato per lo più per feste quali compleanno, Capodanno, Pasqua ecc, è una dichiarazione che si intende fare per dire all’altra persona “spero che ti vada tutto bene” quasi come se l’inerzia del tempo sia in grado di far andare le cose nella maniera giusta. Al contrario il concetto di riflessione della giornata della donna, non richiede una passività, una inerzia, ma un agire, uno scendere in campo per la rivendicazione di diritti.
La tragedia del 25 marzo
Ricordo ancora quando alle scuole elementari la maestra ci insegnò che la festa della donna era stata istituita dopo un tragico evento avvenuto l’8 marzo in una fabbrica. Centinaia di donne durante uno sciopero furono bruciate vive dall’imprenditore, colpevoli di aver disobbedito. In realtà, questo evento è diverso ed è stato diffuso negli Stati Uniti, durante la guerra fredda, per appropriarsi della giornata della donna, istituita molto prima dalla controparte sovietica.
Il 25 marzo 1911, a New York, ci fu un incendio in una fabbrica che produceva camicie, morirono nell’incendio gli operai che ci lavoravano, in maggioranza donne, ma anche uomini e bambini. L’incendio però non fu dovuto a un imprenditore cattivo, ma alle condizioni del luogo di lavoro, assolutamente non all’altezza
Il 21esimo secolo
Oggi i movimenti femministi sono decisamente più radicati ed attivi. L’idea di emancipazione è più forte e tante sono le rivendicazioni in giro per il mondo. Le battaglie più urgenti sono quelle rivolte alle istituzioni per ottenere maggiori diritti in ambito lavorativo: retribuzione pari a quella degli uomini e trattamento adeguato rispetto a dinamiche come la maternità sul lavoro. Per non parlare delle lotte contro il femminicidio e a favore di una cultura del rispetto della donna in ogni ambito sociale.
Passano i decenni, i secoli, ma la donna è sempre indietro rispetto all’uomo. La festa non può essere tale se non c’è alcunché da festeggiare.
Un articolo di Attanasio Livio e Pirrotta Francesco.
In copertina Foto di Christopher Ross da Pixabay