Ai Weiwei: arte e resistenza
Ai Weiwei, artista cinese, lotta per far valere le sue idee anche se spesso entrano in contrasto con il Partito Comunista che governa la Cina
Letizia Battaglia, Vik Muniz e Ai Weiwei: tre nomi, tre forme d’arte sociale. Uno speciale dedicato ai grandi artisti che hanno fatto e osservato la storia contemporanea. Gli articoli già pubblicati si trovano a questo link.
L’arte di Ai Weiwei è un grido. Un grido di condanna verso il governo socialista cinese, un grido di protesta verso tutti i soprusi da parte delle autorità nei suoi confronti e nei confronti dell’intero popolo della Cina.
Ai Weiwei nasce a Pechino nel 1957.
Nella sua figura – perfetto esempio di artista poliedrico – possiamo conoscere un uomo frustrato, abbattuto e deluso dal governo cinese: un governo che dovrebbe rispecchiare il popolo ma dal quale Ai non si sente e non vuole essere rappresentato.
Attraverso la sua arte Ai Weiwei trova un modo per parlare al mondo, raccontare ciò che accade intorno a sé e a sé stesso. La sua intera storia, il suo pensiero, il suo modo di agire, le sue posizioni, sono interamente raccolte nel film documentario Ai WeiWei: never sorry del 2012.
Ai Weiwei per il governo cinese è l’oppositore e critico più scomodo che esista. Calmo e spietato allo stesso tempo, è diretto e senza peli sulla lingua. Se subisce o assiste a un sopruso da parte delle forze dell’ordine, sale alla ribalta e si attiva in cerca di giustizia.
Una forma di resistenza
Tra il 2006 e il 2009 ai Weiwei aveva un blog. Nei suoi post denunciava la situazione sociale, politica e culturale della Cina, il suo governo autoritario, le istituzioni, la censura e molti altri aspetti di un paese dove l’opinione pubblica è limitata e controllata.
Ai Weiwei non lo vedeva come un semplice diario, ma come un mezzo di sensibilizzazione e divulgazione verso il resto del mondo e una voce per tutti quei cittadini che come lui non accettavano la situazione.
Il suo blog pullulava di risposte dai toni provocatori, reazioni a eventi che lo sdegnavano sia come umano che come cittadino.
Rabbia. Rabbia e coraggio muovono le azioni di questo artista che non si è mai fermato di fronte a niente.
Rendere pubblico il suo dissenso era l’unico modo di agire e dimostrare alla Cina che mai avrebbe avuto il suo appoggio: non era l’unico a farlo ma era il più schietto.
Morirono più di 70.000 persone nel terremoto di Wenchuan del 2008
Ai Weiwei chiese in un post di unirsi a lui in un azione volta a chiedere alle autorità di assumersi la responsabilità delle condizioni d’instabilità e d’insicurezza in cui erano gli edifici delle scuole che crollarono e che uccisero migliaia di bambini. Promise di trovare il nome di ogni singolo bambino vittima del terremoto. Nacque una vera e propria missione: nessuno forniva nomi o numeri, così, Ai Weiwei e volontari si attivarono andando di casa in casa, telefonando e chiedendo ovunque, in cerca dei familiari delle vittime.
Il team di Ai Weiwei trovò nome e data di nascita di 5.212 studenti morti durante il terremoto. Ai pubblicò la lista – infinita e da brividi – sul suo blog nel 2009, un anno dopo il disastro.
Dopo aver postato la lista, le autorità chiusero il suo blog.
“Blog e internet sono una grande invenzione per i nostri tempi, perché danno a chiunque l’opportunità di cambiare l’opinione pubblica.”
Ai Weiwei
Lavori per Ai Weiwei?
Questa era la domanda che facevano le autorità quando arrestavano i volontari che avevano preso parte all’indagine. Venivano sempre rilasciati poco dopo, ma non Tan Zuoren. Tan venne arrestato e messo sotto processo. Nel 2009, Ai e altri si recarono nella provincia di Sichuan per testimoniare al primo processo contro Tan.
La polizia li seguiva ed era a conoscenza di tutti i loro spostamenti, tanto che alle tre di notte bussò alla camera dell’albergo di Ai. Della zuffa che segue l’irruzione della polizia senza alcun motivo esiste solo una registrazione audio e un’emorragia celebrale che un poliziotto provocò ad Ai.
Venne salvato a Monaco – dove si trovava per organizzare una mostra – da medici che gliela diagnosticarono e i forti mal di testa finirono.
Sunflower seeds
Sunflower seeds, istallazione del 2010, è un’opera d’arte a tutto tondo.
100 milioni di semi di girasole hanno ricoperto un pavimento della Tate Modern di Londra. Ma non semi di girasole qualsiasi: semi di girasole di porcellana, creati e decorati a mano uno ad uno da artigiani della città di Jingdezhen.
Questa opera è frutto di uno studio e di una riflessione sulla storia e sulla tradizione cinese – quella della lavorazione della porcellana e del mondo dell’artigianato – ma è anche un forte rimando al popolo cinese, a come ogni cittadino sia un individuo unico e irripetibile che sguazza nella massa omogenea.
La vita di Ai Weiwei è un continuo conflitto. E lo è stata soprattutto in quegli anni.
Nel 2011 viene accusato di evasione fiscale e detenuto per 81 giorni finché non riesce a pagare la multa di 21 milioni di euro grazie a donazioni da parte di suoi sostenitori provenienti da ogni parte del mondo.
Vi starete chiedendo, dunque, come queste notizie che incriminano il governo cinese siano giunte a noi se tutto ciò che è scomodo viene sottoposto a una censura. E come addirittura abbiano permesso ad Ai Weiwei di girare e divulgare un documentario che provi tutto ciò che avete appena letto.
Ai Weiwei è un artista contemporaneo dall’anima buona ma sicuramente non perfetta: amato e criticato da molti, discutibile per alcuni e indiscutibile per altri, fatto sta che la sua fama nel mondo dell’arte è internazionale e alle stelle. Ciò lo rende intoccabile.
Al di là di tutto, quello che per cui lotta è una buona causa: la libertà. Che sia di pensiero, parola o opinione – nel rispetto degli altri – è sempre una buona causa. Anche perché sta alla base dell’arte e un’artista certi valori li pretende e li sente propri nel profondo, più di molti altri.
Porta avanti una battaglia che appoggiano e alla quale partecipano chissà quante altre persone che non possono esporsi ma che si affidano a lui.
Le autorità cinesi considerano gli artisti delle prostitute.
Ai Weiwei
E in realtà è vero: nel sistema comunista gli artisti rappresentano solo ciò che la struttura di potere cerca di rappresentare. È prostituzione. “