Ci sono momenti che valgono una vita, anzi due

La vita cambia in un battito di ciglia

Pietro voleva fare l’insegnante, o almeno così diceva. Poteva essere il sogno di un ragazzo che, non ancora maggiorenne, vede aperta davanti a sé ogni strada da percorrere.

Pietro veniva da una famiglia abbastanza modesta: sua madre era casalinga e suo padre manutentore in una piccola azienda, mentre lui continuava a ripetere, dal primo giorno in cui l’avevo incontrato, che un giorno avrebbe voluto insegnare matematica. Gli piaceva l’idea dell’insegnamento o forse lo appassionava la materia in sé, o magari vedeva la figura del professore come autorevole, non so di preciso ma gli si addiceva; quanto meno poteva spiegare la matematica a ragazzi che per forza di cose dovevano ascoltarlo, invece di provare a parlarne con noi che non avevamo la sua stessa predisposizione, fieri della sufficienza scarsa ottenuta anche quell’anno in pagella.

Anche quella sera aveva provato a trasmetterci l’entusiasmo per l’argomento, era una semplice sera di fine estate, una di quelle sere in cui tutto sembra perfetto e hai l’impressione che nulla possa mai cambiare; Pietro, come spesso succedeva, cercava di essere il più coinvolgente possibile, cercando sempre di scherzare un po’ con tutti.

Era una semplice cena tra amici a casa di qualcuno, ci conoscevamo tutti da diverso tempo, ma se ci fosse stato un volto nuovo lì in mezzo non si sarebbe neanche notato: Pietro aveva l’abilità di diventare amico di chiunque, forse per il tono gentile con cui parlava, forse perché era attento agli altri, comunque sia diventava subito il miglior amico di chiunque e si faceva voler bene molto velocemente. Nonostante avesse anche lui le sue debolezze e la sua sensibilità, non era per nulla banale o scontato, era quel tipo di persona di buon cuore che sa ascoltarti e parlarti come se non ci fosse nulla di più importante per lui in quel momento.

Anche quella sera, dicevo, somigliava a una sera qualsiasi di spensierata compagnia, dopo cena ci ritrovammo a girare per la città che sapeva d’estate, d’asfalto caldo e vita per le strade. Avete presente, no? Certe sere sembra tutto così leggero e fermo nel tempo, ho impressa questa sensazione, ricordo gli odori, gli sguardi, ricordo che parlavo del mio voler andare in Toscana al mare quell’estate, ne stavo parlando con un amico mentre passando per quella strada, quella maledetta strada, ci imbattiamo in un uomo che stava seduto al tavolino di un bar in compagnia di una ragazza: all’improvviso si alza di scatto, impreca qualcosa e fa volare uno schiaffo sul viso della compagna.

Questa scena continuo a pensarla e immaginarla, così tanto che forse i ricordi hanno mischiato tra loro realtà e fantasia, ma mi sembra così nitida…

Lui si chiamava Federico Mattei, aveva una maglietta nera, dei jeans chiari e un anello al pollice, probabilmente non il più gentile ed affettuoso ragazzo di 27 anni. Lei era la sua ragazza, appena diventata ex.

La sberla attirò lo sguardo di tutti i passanti: in quel momento non feci in tempo a capire cosa stava per succedere ma Pietro, che era tra di noi il più vicino all’accaduto, si era voltato verso l’uomo con fare calmo e deciso, non so cosa avesse in mente di preciso ma non ebbe il tempo di intervenire perché l’uomo lo spinse via malamente senza lasciarlo parlare. Al che, lui con un gesto probabilmente compiuto d’istinto, lo spinse a sua volta: Mattei non si aspettava questa reazione, si era già girato verso la ragazza, finì tutto in un brevissimo attimo.

Federico spintona Pietro e Pietro ribatte con una spinta, solo che Federico cade per terra: diranno che era inciampato anche a causa di uno scalino, anche se io non lo ricordo, ricordo solo di averlo visto cadere e nel cadere battere la testa, la batté così forte al suolo che non si rialzò.

Ricordo la scena al rallentatore, ma accadde tutto in un battito di ciglia: guardai Pietro sbiancare nel vedere il sangue sul cemento caldo, il ragazzo non si muoveva, la sua ragazza urlava, qualcuno chiamava “aiuto!”, sentivo e vedevo muoversi molte persone tutto intorno ma riuscii solo a fissare Pietro negli occhi in quel tumulto sfocato.
Era come guardare due fari nella nebbia.
Cadde in ginocchio e si mise a piangere, c’era altra gente che urlava, che piangeva, che chiamava al cellulare l’ambulanza; quest’ultima arrivò portandosi dietro la polizia locale, con le sirene accese, e mentre Pietro piangeva ancora disperato vicino a noi, increduli, io sentivo freddo, non riuscivo a dire quasi nulla.

Tutto questo è stampato nella mia memoria e l’ho ripetuto diverse volte alla polizia, fu un incidente, Pietro si trovava lì per caso, non voleva far male a nessuno, non conosceva né Federico Mattei né la sua ragazza, non sapeva perché avesse fatto quel che aveva fatto ma la sua vita cambiò in quell’istante, in quella serata calda d’estate, mentre camminava in una strada qualsiasi dove chissà chi stava litigando con una ragazza per chissà quali motivi.

Quello che successe dopo fu solo freddo silenzio.

Pietro fu accusato di omicidio preterintenzionale a soli 17 anni, portato in un carcere minorile in una città che non era la sua, non era la nostra, era solo lontano, ma ci rimase solo fino ai 18 anni, per poi essere trasferito in un carcere normale.
Noi non fummo più in grado di mantenere nessun tipo di contatto con lui.
I genitori ci dissero che si isolò molto, all’inizio, e non volle più parlare con nessuno. Poi, ci riferirono, si avvicinò a persone più grandi di lui e si unì a giri pericolosi, informazioni su cui ci chiesero di mantenere la riservatezza.

Vita di strada

Oggi sono cinque anni che non vedo più Pietro: ho pensato di ritrovarmi con gli amici di quella maledetta sera per raccontare che ho saputo della sua nuova vita, finalmente non è più tra quelle quattro mura. Avevo appreso la notizia con gioia, poi però avevo capito la situazione per com’era veramente, a pensarci adesso posso dire sicuramente che quel giorno Federico Mattei perse la vita, ma a Pietro fu strappata via.
Me lo confermarono anche i suoi genitori, con cui non parlava da mesi: il ragazzo che amava la matematica non esisteva più da quella sera estiva, ora al suo posto c’è un uomo che si accompagna a mezzi spacciatori, mezzi delinquenti, vivendo ai margini della società, allontanato dalla vita normale che aveva e totalmente preda della peggior gentaglia che entra ed esce di galera vivendo tra soldi facili, furti, spaccio e violenza da strada.

La sua famiglia dice che non lo riconosce più già da tempo e Pietro dal canto suo non vuole più avere rapporti con loro, se non molto sporadici. Da preoccupati che erano i suoi genitori mi appaiono solo molto rassegnati e vinti dallo sconforto, dalla disperazione; sua madre ne parla con il volto di chi non ha più parole né lacrime per questa vicenda.

Continuo a sorprendermi nel ripensare a questa storia, pensando a quanto può cambiare una persona e a quanto diversi si può diventare. Se solo l’avessi fermato, se non fossimo mai passati per quella strada, se quella sera fossimo rimasti a casa… Invece ci siamo trovati, siamo usciti e proprio quando avrei dovuto agire non ho fatto nulla, non ho fatto in tempo a fare nulla.
Era un ragazzo che come chiunque altro sognava di diventare grande, di insegnare, di innamorarsi, di fare esperienze nuove e vivere la sua vita, invece per uno scherzo del destino fu trattato da delinquente e trasformato in ciò che non era.

Chissà se lontano nel tempo, un giorno, ricorderà ancora di essere stato anche altro, di essere stato un giovane ragazzo che voleva insegnare nei licei, che aveva avuto una voce gentile e si era fatto voler bene da tutti. Mi manca quel ragazzo che forse si è dimenticato di se stesso, quel ragazzo di cui solo io e pochi altri, ormai, possiamo conservare il ricordo.

Immagini a cura dell’autore

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Sono uno studente di Beni Culturali di Verona, mi piace viaggiare sia nella vita reale che attraverso i libri, sempre con la voglia di imparare qualcosa di nuovo. Cerco di esprimere come posso quello che penso e che sento attraverso la scrittura, a volte attraverso l'ironia.

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