Quando il conflitto interno è strettamente necessario

A volte abbiamo bisogno di affrontare i contrasti interni, di qualsiasi tipologia essi siano, ed è proprio la Storia greca a farcelo comprendere

Prima del 1990 le città della Grecia arcaica e classica venivano descritte come poleis dell’armonia, fino a quando Jacqueline de Romilly mise in evidenza l’aspetto caratterizzante della polis greca, ovvero quello del conflitto. Ce ne stupiamo forse, perché tutti noi conosciamo la Grecia per la bellezza dei suoi templi, per la cultura storica, filologica e filosofica, ma non sempre, quando la studiamo, abbiamo modo di osservarne le sue incoerenze interne e i vari contrasti che la rendono un caso complesso sia dal punto di vista politico sia da quello sociale, e di conseguenza culturale.

Ne La citée divisée, Nicole Loraux sottolineò come dietro l’armonia ci fosse una società di contrasti fra una cerchia di individui abbienti e un’altra che lo era di meno. Da lì possiamo dire che si sia sviluppata una letteratura approfondita e affascinante per quanto riguarda la stasis nel mondo greco, che riguarda non solo i conflitti tra classi sociali ma anche tra Greci d’Atene e Greci di Sparta, Greci di Tebe e Greci di Orcomeno. Greci contro se stessi, immersi nella più totale incoerenza, come spesso forse succede anche a noi nel mondo di oggi.

Cos’è dunque la stasis? Per il conflitto esterno, come termine, avevamo già polemos, la guerra vera e propria, molto spesso contro il barbaro, quindi che bisogno c’era di coniare un altro termine?

Stasis significa posizione e di conseguenza anche conflitto, secondo una connotazione socio politica. Il termine deriva dal verbo greco histemi, il quale assume due significati che poi si raggruppano in uno solo per coerenza semantica. Vuol dire collocare perché si pone l’oggetto in una situazione di riposo, ma significa anche alzarsi, ergersi davanti a qualcuno, opporre resistenza, porre l’esistenza davanti all’altro, fare conflitto, creare divisione, fare sedizione. Quando in una polis il contrasto tra ricchi e poveri o, insomma, tra popolo e aristocratici arriva a un punto di rottura e disequilibrio, si ha un arresto momentaneo della situazione in atto. La stasis si può quindi definire come lo stato di arresto dovuta alla situazione vigente derivante dall’opposizione. E non è detto che si realizzi in armi: può avvenire anche in maniera silenziosa.

Per quanto riguarda la Grecia arcaica e classica, i casi di stasis sono numerosissimi e di vario tipo. Aristotele nella Politica individua sette – o, come lui stesso dice, forse di più – motivi che danno origine ai contrasti:

  • Guadagno;
  • Onori;
  • Hybris – superamento di un limite imposto, tracotanza nei confronti degli altri, rispetto violato;
  • Phobos – paura;
  • Hyperochè – sentimento di superiorità che si converte in predominio;
  • Kataphronesis – disprezzo;
  • Auxesis – accrescimento di una parte della popolazione;
  • Eritheia – broglio elettorale;
  • Oligoria – poca considerazione di qualcosa, negligenza;
  • Mikrotes – piccolezza oggettiva, piccolo elemento che genera poi un grande contrasto;
  • Anomoiotes – dissomiglianza dei luoghi e delle origini, diversità, dissomiglianza degli spazi, staseis dià tous topous (conflitti per la diversità dei luoghi).

Cosa di più attuale ci potrebbe essere? Spesso dentro di noi abbiamo qualcosa di irrisolto ma lo conteniamo, cerchiamo di non pensarci, di rimandare a domani quel pensiero, ma il contenere la tensione rischia di aumentarne la pressione fino a farla scoppiare violentemente quando ormai frenarla è impossibile. Si sa, il conflitto porta sempre a una metabolé, ovvero ad un cambiamento, ed è proprio questo ciò che temiamo: sarà un cambiamento positivo o negativo? Cosa cambierà in noi? E cosa cambierà attorno a noi? Quali conseguenze seguiranno? Saremo capaci di affrontarle? Come il tiranno teme un mutamento costituzionale perché ha paura di perdere il proprio potere, anche noi spesso siamo spaventati dal cambiare città, abitudini di vita, regime alimentare e quant’altro, perché non sappiamo come reagiremo ma abbiamo soltanto la certezza che qualcosa cambierà.

Senza la stasis una polis non si evolve, non scopre i propri limiti e le proprie incoerenze, non scrive la propria storia, non conosce l’organizzazione politica, non definisce la propria identità socio-culturale, evita le rivalità e le lascia scoppiare quando il danno dei loro esiti sono ormai irreversibili. Probabilmente, appunto, una polis senza contrasti interni non è mai esistita.

Come succede a noi, d’altro canto: chi non si è mai trovato davanti alle proprie fragilità, dovendole affrontare con prontezza quando meno avrebbe voluto? Quale gruppo, per quanto coeso e omogeneo, non ha mai vissuto una crisi che ha generato piccole fratture, poi diventate irrimediabilmente crepe?

Quel che voglio trasmettervi è che non sempre le metabolai hanno esiti negativi: una stasis più creare sì fratture, ma da esse può anche filtrare la luce. Potrebbe, chi lo sa? Magari una abbagliante e accecante, certo, o magari quella capace di illuminare la nostra vita e di restituirci la vista.

Proprio per questo il conflitto interno, che sia in un gruppo o dentro di noi, va accettato e compreso, e in questo Aristotele è stato più che previdente nell’avvertirci. Affrontare un contrasto significa conoscersi, è alla base della nostra identità, rende dinamica l’esistenza, la scandisce, la rende complessa, ci permette di entrare in relazione con il diverso e quindi di riconoscerlo e apprezzarlo per ciò che è e ciò che non è – e che noi non siamo.

Non temete la vostra stasis, ma cercatela per conoscervi e definirvi, e non contenetela mai.

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Non ho il dono della sintesi e qui mi è richiesta una brevità epigrammatica: vi basti sapere che sono un'appassionata antichista, dedita corista e aspirante insegnante e scrittrice. Amo viaggiare, conoscere persone nuove e mettere per iscritto ogni emozione vissuta.

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