Quarantena: il nostro personale monte Ventoso

Come Petrarca, nei giorni di lockdown abbiamo avuto l’opportunità di confrontarci con i limiti del nostro Io. Cos’è rimasto di tutto ciò dopo il 4 maggio?

Il team di Cogito et Volo ha scelto di dedicare il mese di agosto ad un tema speciale: il futuro post-Covid e soprattutto quei “luoghi” – fisici e non – che la pandemia rischia di rendere disabitati. È il nostro modo per ripartire: radicati nel passato, la mente fissa sul presente e lo sguardo rivolto al futuro. Per leggere tutti gli articoli dello speciale clicca qui.

Dopo la mancata scampagnata della Festa dei lavoratori, la data più attesa dagli italiani era quel 4 maggio che, secondo il decreto del presidente Conte, prevedeva la riapertura dei bar, l’esecuzione di attività all’aperto e così via, dando inizio alla convivenza con la pandemia. Con l’arrivo di luglio chiese, università, pub, ristoranti e anche lidi hanno riaperto al pubblico tutti con un denominatore comune: ricominciare. Dopo il lavoro oppure dopo un intenso pomeriggio di studio, chiunque può ora prendersi quell’oretta libera per passare del tempo con i propri amici per bere una bottiglia di birra oppure per giocare a pallone dopo i fatidici tre mesi di continue restrizioni. Insomma, la routine e le nuove abitudini che ognuno aveva creato a causa della pandemia da Covid-19 sono state – fortunatamente – stravolte.

Una situazione simile, sotto certi punti di vista, si può ritrovare in una delle tre corone fiorentine del trecento: Francesco Petrarca.

Oltre al celebre Canzoniere (più correttamente Rerum vulgarium fragmenta), Petrarca scrisse anche numerose lettere, divise dallo stesso poeta in quattro raccolte. Nel quarto libro delle Familiares – le epistole indirizzate appunto ai familiari -, figura quella in cui Petrarca narra la scalata del monte Ventoso, nei pressi di Avignone. Partito con la semplice curiosità di vedere il luogo, ammirarne gli spazi e scoprirne i segreti, il poeta si ritrovò a riflettere «sui propri affanni», come lui stesso scrisse nel titolo dell’epistola, indirizzata a Dionigi da San Sepolcro. Tra le righe, una frase che stimola alla riflessione è senza dubbio la seguente:

E vanno gli uomini a contemplare le cime dei monti i vasti flutti del mare, le ampie correnti dei fiumi, l’immensità dell’oceano, il corso degli astri e trascurano sé stessi.

Francesco Petrarca, A Dionigi da San Sepolcro dell’ordine di Sant’Agostino e professore della Sacra Pagina. Sui propri affanni, in Familiares IV, 1.

Allo stesso modo, la quarantena è stata per molti – per dirlo con le parole del filosofo Eraclito – un «divenire», o anche un riscoprirsi. Durante quelle lunghe e interminabili giornate è stato possibile per tutti mettersi concettualmente in discussione. Esternamente, abbiamo avuto la conferma di determinate amicizie, la delusione da parte di alcune e la scoperta di altre, lontane da tempo, le quali ci hanno accompagnato in ogni singolo momento. Internamente, è stato impossibile evitare il confronto con “il protagonista di tutta la storia”, soprattutto nei momenti più difficili: davanti a uno specchio, non bastavano le distrazioni di libri o serie tv per evitare il confronto con l’Io.

Analogo è stato l’episodio del monte Ventoso per Petrarca. La scalata non fu una cosa da poco, nella lettera il poeta è riuscito a trasmettere pienamente la fatica del viaggio. Scelse come compagno il fratello Gherardo perché «tanto rara, anche tra persone care, è una perfetta concordia di volontà e di indoli». I due incontrarono dei passanti, degli abitanti del luogo, che li scoraggiarono dal continuare l’insensato percorso. Ma nonostante ciò proseguirono e il momento di stupore per il poeta non fu tanto la vista esteriore in cima al monte ma al contrario quella interiore. Egli giunse alla conclusione secondo cui nulla è da ammirare oltre il nostro Io, il quale è più grande e importante di tutto il resto.

Non è difficile non rivedersi nel modus pensandi di Petrarca, soprattutto in momenti difficili e ignoti. Ci sarà stato un Gherardo che avrà avuto un confronto “virtuale” con noi – è fondamentale scegliere un buon compagno di viaggio in certi casi -, la sua presenza sarà entrata e forse uscita dalla nostra routine, ma è confortante sapere che sia stata presente. Avremo incontrato anche noi dei passanti dalle frasi demotivanti e questo ci avrà spronato a continuare – pur con difficoltà – l’itinerario scelto. La quarantena è stata l’ascesa verso un monte su cui si trova l’Io di ognuno di noi, sempre lì presente ma messo da parte.

Tra i tuffi in mare, le passeggiate in montagna e gli aperitivi con gli amici riusciremo a ricordarci ancora del protagonista della storia? Riusciremo a far emergere nelle nostre azioni il nostro vero Io? Come ha ben raccontato Petrarca, succede che travolti dalla routine e dalle dinamiche della vita non si riesca più a fermarsi un istante, posare il cellulare e domandarsi: «Cosa voglio io? Cosa è giusto per me? Come posso migliorare me stesso?». Il metodo per rispondere a queste domande è consigliato da Petrarca stesso, il quale una volta giunto in cima disse che

Sazio dalla vista di quel monte, rivolsi gli occhi della mente in me stesso.

Francesco Petrarca, A Dionigi da San Sepolcro dell’ordine di Sant’Agostino e professore della Sacra Pagina. Sui propri affanni, in Familiares IV, 1.

Paradossalmente, quindi, la riapertura di tutte le attività potrebbe benissimo essere la chiusura di un mondo abbastanza prezioso: il nostro. Il te stesso spensierato prenderà il posto del te stesso in pigiama sul divano: da un lato è assolutamente positivo e giusto, ma dall’altro potrebbe anche essere la perdita definitiva del nostro Io profondo e interiore.

Lasciamoci andare con chi amiamo per fare ciò che vogliamo, dopo tre mesi è anche lecito; non dimentichiamo però quel luogo di crescita che ha camminato al nostro fianco, grazie al quale abbiamo cominciato a riordinare quei tasselli che messi insieme formano il mosaico, capolavoro della nostra vita.

Immagine di copertina a cura di stokpic.

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Studente di lettere moderne. Amo i libri e la letteratura. Grande sognatore. Mi piace scrivere per dire la mia, anche nelle piccole cose.

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