La donna in Giappone: una figura in continua evoluzione

Dalle origini divine alla donna contemporanea, scopriamo come si è evoluta la figura femminile in Giappone nel corso del tempo.

“Ma questa è un’altra storia e si dovrà raccontare un’altra volta”. Nel mio articolo di debutto con il team di Cogito et Volo, Totoro o la comunicazione con Dio, vi salutai così, riferendomi alla figura della donna nella cultura giapponese. Con la pellicola di Miyazaki feci riferimento a come la donna sia spesso ricollegata al divino, e non solo in Giappone. Oggi vedremo come la figura femminile abbia cambiato il proprio ruolo nel corso del tempo, soprattutto sotto l’influenza dei pensieri religiosi che hanno caratterizzato il Sol Levante.

Origini matriarcali

A dispetto dello stereotipo comune comprendente un po’ tutta l’Asia, che vede la donna come sottomessa all’uomo, la società giapponese antica si caratterizzava come una società tribale matriarcale. La capacità femminile di procreare, di portare in grembo la vita, conferiva grande considerazione. Questo era riflesso anche nella religione autoctona del Giappone, lo shintoismo, che tra le miriadi di divinità annovera molte figure femminili. Tra le principali e forse la più importante, troviamo la dea del sole Amaterasu, dalla quale si fa risalire nientemeno che la famiglia imperiale.

Nel Giappone antico furono molte le donne regine-imperatrici e grandi sacerdotesse. Ancora oggi la Gran sacerdotessa del santuario di Ise, il più importante santuario shintoista, appartiene alla famiglia imperiale. Un’inversione di tendenza si ebbe nel VI-VII secolo, con l’introduzione del buddhismo e del pensiero confuciano, ironia della sorte favoriti dalle ultime imperatrici. Da quel momento la condizione femminile subì un cambiamento: il buddhismo rifiutava un ruolo sociale alla donna, il confucianesimo imponeva l’ubbidienza all’uomo, che fosse padre, marito o figlio.

Sacerdotesse shintoiste suonano strumenti tradizionali. Foto di Tom Vining su Unsplash.

Il periodo Heian (794-1185)

In quello che viene considerato il periodo del Giappone classico, la donna si rivelò comunque una figura fondamentale, strascico del pensiero shintoista che mai lascerà la cultura nipponica. Nonostante il ruolo subordinato, le donne della corte imperiale e dell’aristocrazia godettero di stima, mantenendo rispetto, possedimenti e una parziale libertà nei rapporti romantici. Sono proprio i rapporti amorosi l’elemento principe di quest’epoca, con scambi di poesie, redazione di diari e racconti che fecero nascere la letteratura giapponese.

Se i rapporti ufficiali e la burocrazia erano legati alla scrittura in stile cinese e al mondo maschile, all’opposto, le opere letterarie furono il campo delle donne, tanto da portare alcuni scrittori ad adottare uno pseudonimo. Dalla scrittura femminile, con eleganti tratti simili a fili d’erba, nacque anche il principale dei due sillabari giapponesi, chiamato hiragana. A testimonianza di questo, l’opera considerata l’eccellenza della letteratura giapponese, paragonabile alla nostra Divina Commedia, è il Genji monogatari (Storia di Genji, 1000-1012 ca.) della dama di corte Murasaki Shikibu.

Rievocazione storica raffigurante la corte imperiale. Foto di ilfumattiapasotti.

Verso la modernità

Successivamente al periodo Heian entriamo nell’epoca feudale del Giappone, quando l’etica samuraica tolse libertà alle donne, pretendendo che fossero mogli e madri sottoposte e perfette. È avvicinandoci alla modernità, con il periodo Tokugawa (1603-1867), che le donne tornano protagoniste del palcoscenico cittadino. La letteratura ne è nuovamente testimone, coinvolgendo ora non solo l’aristocrazia ma anche gli altri strati sociali. In particolare, le mogli della middle class di mercanti e artigiani collaboravano con i mariti, spesso gestendo gli aspetti finanziari della cassa e della casa.

Dal periodo Meiji (1868-1912) e con tutto il successivo imperialismo giapponese del ‘900, ebbe ampia diffusione un testo risalente, in realtà, già al 1716. Si tratta di Il grande insegnamento per la donna, a opera di Kaibara Ekiken. Di impronta neoconfuciana, scritto in tono imperativo, stabilisce regole di ubbidienza e buone maniere che ogni donna è tenuta a rispettare, tanto da diventare parte integrante del corredo di una sposa.

Manifesto di propaganda dell’associazione femminile per la difesa nazionale del Grande Giappone.
Foto tratta da World War II Multimedia Database.

La donna giapponese oggi

Eredità del periodo imperiale, influenzato dall’imitazione e rielaborazione dell’ideologia occidentale, il costume che vuole la donna inferiore all’uomo non è stato del tutto superato. Nonostante il Giappone sia il più occidentale dei paesi asiatici, rimangono la radice confuciana e la disparità di genere, forse più accentuata di quanto non sia in Occidente. Disparità che vede le donne come madri di famiglia, che attribuisce una sorta di data di scadenza all’età entro cui trovare marito.

Ma in tempi più recenti sono sempre più le donne che vanno contro le aspettative. Donne che ignorano le consuetudini dedicandosi ai propri interessi contro ogni ostacolo. Contemporanee eroine dei fumetti, non si limitano ad avere gli occhi sognanti tipici dei manga, mettono in crisi i modelli tradizionali proponendone di alternativi. E ancora una volta la letteratura è riflesso della società, con scrittrici del calibro di Yoshimoto Banana e Kirino Natsuo.

I romanzi giapponesi contemporanei presentano spesso figure femminili anticonformiste.
Foto di ilfumattiapasotti.

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Immagine di copertina: cerimonia di matrimonio shintoista. Foto di ilfumattiapasotti.

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Antropologo nipponista. Fotografo mancato. Docente a tempo perso. Affascinato da ogni forma di alterità, offro il mio piccolo contributo per portare lo “studio dell’uomo” sullo schermo di tutti.

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