Da te le grazie del mondo – Dino Buzzati, Black Mirror e la Morte

Vivere in eterno è uno dei più grandi sogni dell’umanità, ma potrebbe trasformarsi in un incubo? Una risposta dal passato e una dal futuro.

Cosa c’è dopo la morte? La nostra esistenza finisce davvero in quel momento? Sono domande che l’uomo si è posto fin dai tempi più remoti, trovando, o cercando di dare, le più disparate risposte.
Il mondo occidentale della religione cristiana, ma anche di molti altri culti prima di quella, tende ad immaginare un mondo sostanzialmente simile a quello in cui viviamo, popolato esclusivamente da coloro che si sono meritati in vita un posto migliore, mentre i “cattivi” subiscono lo scotto dei loro crimini. Paradiso e Inferno, insomma, avrebbero di diverso da questo mondo solo i residenti e l’assenza della morte.
Sembrerebbe una prospettiva rassicurante, anche se non abbiamo i dati reali per suffragarla. Vivere in eterno in un posto che conosciamo bene quanto il nostro mondo, in cui non abbiamo paura che ci possa accadere qualcosa di male, non sarebbe fantastico?

È questa la domanda che si pose Dino Buzzati, quando nel ’69 scrisse e pubblicò Poema a fumetti. La storia è una revisione dell’immortale mito di Orfeo ed Euridice, ambientato nella Milano degli anni ’70. Orfi, un giovane cantautore, saputo della morte dell’amata Eura, affronta per salvarla la discesa negli Inferi con la chitarra in spalla, ma come in ogni altra versione del mito non riuscirà nella sua eroica impresa. Nonostante la bellezza della tragedia, però, non è la storia dei due innamorati l’aspetto più importante dell’opera; è il dialogo che si instaura fra Orfi e le creature dell’Aldilà, invece, a fare da protagonista.

Attraverso le parole di un demone personificato da una giacca vuota, Buzzati ipotizza che che il mondo dei morti sia esattamente uguale a quello dei vivi, con la sola differenza che non esiste la prospettiva di una morte ultima. Si conservano le proprie memorie, la propria identità, le proprie abitudini, ma l’assenza dell’angosciante presenza della Morte rende tutto piatto. Non c’è più il timore che questo istante possa essere l’ultimo, quindi non ci sono nemmeno il brivido e la foga di viverlo appieno. Senza la paura, non abbiamo più quella scheggia nelle carni che ci spinge ad emozionarci.
Ed è questo che ad Orfi viene chiesto di cantare per commuovere gli spiriti e avere una possibilità di salvare Eura: l’ombra opprimente della Grande Signora appostata dietro gli angoli, i terrori e i silenzi della notte, le passioni travolgenti e sanguigne, tutto ciò che fa palpitare il cuore; perché nel mondo dei morti nulla ha più scopo, ormai.
Si mangia per abitudine, si fuma per vizio, si fa l’amore per noia.

“Oh Morte, oh Morte, dono sapiente del Dio. Da te le grazie del mondo, anche l’Amore.”

Mentre questo potrebbe sembrarci un tema lontano, una riflessione di quarant’anni fa, scopriamo che in verità questa domanda sulla vita eterna è stata tutt’altro che accantonata. L’esempio più recente a proposito viene dalla serie Netflix Black Mirror, in particolare dal quarto episodio della terza stagione: San Junipero.

L’episodio racconta la storia d’amore fra due donne, Yorkie e Kelly, che si conoscono in un locale notturno della città di San Junipero. Nel corso della puntata, attraverso piccoli indizi e dettagli, si intuisce che la città è una enorme Virtual Reality. La tecnologia, sorprendentemente simile alla nostra, permette agli anziani del mondo reale di divertirsi per una manciata di ore, ringiovanendoli e trasportandoli in “serate a tema” con un decennio diverso per ogni settimana. Ai moribondi è addirittura permesso essere “caricati” nel sistema, invece di morire nel modo tradizionale, e diventare parte di San Junipero stessa.

È questa la fine che sceglie per sé Yorkie, tetraplegica dall’età di 21 anni, che ha passato la sua intera esistenza immobile su un letto d’ospedale. Lei, impossibilitata a fare esperienza del mondo esterno, coglie l’opportunità e comincia la sua prima vera vita una volta eseguito il suo upload, senza badare alle conseguenze.
Al futuro pensa invece Kelly, che ha potuto vivere una vita lunga e normale prima di vedere San Junipero. Oltre al senso di colpa che la lega alla figlia e al marito deceduti, che non hanno potuto e voluto divenir parte della Virtual Reality, ciò che la spinge a voler morire senza essere caricata è la paura di un’eternità passata a San Junipero.
Si rende conto che la prospettiva della vita eterna non è da prendere alla leggera, e porta come esempio delle sue preoccupazioni quello che succede a chi si è annoiato di vivere: “gli sfigati del Quagmire” li chiama, coloro che si lasciano andare alle più bizzarre inclinazioni sessuali pur di tornare a provare qualcosa di diverso dalla noia, pur di tornare a sentire un brivido di vitalità, esattamente come gli spiriti del Poema.

Anche uno sguardo più fresco, del ventunesimo secolo, si rende dunque conto del pericolo intuito da Buzzati, insito nella mancanza della morte nell’Aldilà, facendoci notare quanto la domanda sia attuale, tanto più se pensiamo che la Virtual Reality già esiste, e visto il ritmo con cui procede il progresso tecnologico, San Junipero potrebbe non essere così lontana.

Possiamo dunque considerare migliore il nostro mondo, dove si soffre, si piange, si ride e si è assolutamente vivi? O saremmo davvero più felici vivendo in eterno? Cosa è meglio aspettarsi, quindi, dall’altra parte?

Articolo scritto da Giada Mattiuzzi

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