Ho perso tutte le chat

Perdere le chat/ quando si fa sera/ quando il cellulare ha un problema di memoria

Ciao Elena,
ti scrivo questa lettera perché non ti ho risposto più in chat. Né al telefono, né su tutte le piattaforme da cui hai tentato di contattarmi. Mi odierai, e del resto hai un’innegabile ragione, avrei fatto anch’io lo stesso. Ma permettimi almeno di spiegarti.

Sarà successo tutto attorno a lunedì o martedì scorso, quando ho scoperto per caso da un articolo trovato online l’esistenza di un bando per una borsa di studio. Sembravo corrispondere a tutti i parametri richiesti, così ho deciso di tentare.
Ben presto ho sbattuto la fronte contro l’irrecuperabile complessità della burocrazia italiana: sono stato costretto a scaricare l’app di un istituto di previdenza sociale, scansionare il mio documento d’identità, ricercare un’infinità di codici dispersi in buste sparpagliate nel cassetto della mia scrivania. Ma non è questo il punto: sono stato bloccato già prima, perché l’app necessitava un aggiornamento di sistema per leggere la mia carta d’identità elettronica, ma la memoria del mio cellulare era piena. Che sarà mai, mi sono detto, basterà eliminare qualcosa.

Credits: freestocks on Unsplash

Ho cancellato vecchie applicazioni inutilizzate, effettuato il backup delle foto, ma ancora quell’avida bestia che è il mio smartphone non ne aveva abbastanza, no, le servivano altri megabyte, altri giga. L’applicazione più pesante era ovviamente WhatsApp: nove gigabyte di sole chat.
Non mi ritengo un nostalgico, e quindi ho fatto strage dei miei dialoghi digitali senza battere ciglio. È toccato per prima cosa a quei gruppi in cui non scrivo da anni e che avevo scelto di non abbandonare più per buona creanza che per vivo interesse, o forse per il timore di essere giudicato uno sfacciato senza cuore: ho cancellato quelle conversazioni e abbandonato i gruppi. Non è bastato. Sono passato dunque ai messaggi di lavoro, alle chat aziendali, a quelle di circostanza. Niente da fare, il mostro della memoria voleva un pasto più sostanzioso.

Credits: Rami Al-zayat on Unsplash

Ed è per questo motivo, unicamente per questo, che gli ho consegnato la nostra chat. Era la più corposa, piena di lunghi audio, video, di fotografie, un piatto nettamente più succulento. La memoria del cellulare ha preso un po’ di respiro, tutto quello che ho perso io. All’inizio avevo optato per un’opzione meno grave, Elimina tutti tranne importanti, mi sembrava un buon compromesso. Mi è stata restituita una versione frammentata e insignificante della nostra vita comune, piena soltanto di tenerezza, gentilezze, ironia o melassa, cui si mischiavano alcuni messaggi salvati tra i preferiti unicamente a scopo mnemonico: una lista della spesa, la password del Wi-Fi, la foto di un maglione che dovevo comprare per tuo padre.

Leggere tutto insieme questo concentrato dei nostri giorni mi ha messo inizialmente di buon umore. Devo aver pensato qualcosa come Che belli che siamo. È durato un attimo, perché sono stato subito sopraffatto da un senso di impotenza e inutilità: che significato avevano quei messaggi estrapolati dal loro habitat naturale? La luce è tale perché si distingue dall’ombra, e in assenza d’ombra c’è soltanto una cecità che è speculare e opposta a quella del buio. Che senso aveva tutto quell’amore senza il suo contorno di banalità? Era più insapore della banalità stessa. Così mi sono arreso e ho servito al mostro le ultime briciole del suo piatto: Elimina chat.

Credits: Christian Wiediger on Unsplash

Riaprendo WhatsApp l’ho trovato bianco come quello di un neofita. Nessuna chat recente, nulla tra i media. Ti ho cercata tra i contatti: l’unica cosa che mi era rimasta di te è la foto che hai come immagine del profilo. Vacanza sulla neve, febbraio 2018: tu porti un cappello con le trecce e hai le guance rosse, anzi la guancia: l’altra non si vede, coperta dal mio bacio. Ho pensato a noi due, ai nostri inizi. Ironia della sorte, ci siamo conosciuti proprio su questi schermi: il mio numero ha solo una cifra differente da quello della tua padrona di casa, mi hai scritto per sbaglio chiedendomi appuntamento per il primo pagamento dell’affitto. Ce lo siamo concessi davvero, un appuntamento, e non è stato l’ultimo.

Credits: Jamie Street on Unsplash

È stata un’avventura meravigliosa, Elena. Ma guardo il vuoto di questa nostra chat e capisco che per proseguire nello scriverla, per ricreare un ritmo in cui la quotidianità si alterni alla magia, ci vuole un’energia che non abbiamo, che non ho io per primo.

Potremmo continuare a fingere, a riempirla come facevamo di parole vuote, nella speranza di salvarne un giorno qualcuna tra quelle importanti. Oppure rispettare la sacralità di questo bianco, che forse è più sincero di noi.

PS: La borsa di studio era riservata agli orfani di guerra. Non l’ho vinta, non ho neanche potuto partecipare. In compenso ho perso tutto, o forse ho vinto qualcos’altro. Ma questo dipende dalla tua risposta.

(Immagine di copertina: photo by Rui Silvestre on Unsplash)


Questo articolo appartiene a Messaggistica istintiva, una mini-rubrica dedicata al complesso codice comportamentale delle relazioni online. Trovate qui gli altri articoli già pubblicati.

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