I casi di Bolla – La morte e il Mago

Un giallo avvincente e davvero fuori dal comune

Bartolomeo Bolla è un cartomante, un indovino. Tutti lo chiamano utilizzando il cognome invece che il nome. Vive in Sicilia, a Palermo precisamente, terra d’origine anche dell’autore Marco Castagna.

Un giorno la sua vita viene stravolta dall’incontro con una cliente che lo coinvolge nella ricerca del suo amante. Da qui Bolla inizia un’ardua ricerca attingendo a piene mani dalle conoscenze e sbirciando in ogni anfratto di una maestosa città, si rivolge a prostitute ed escort, un ex poliziotto con la passione per il vino e altre due amiche.

Un giallo avvincente e davvero fuori dal comune. In un andirivieni di persone che credono nell’amore e che da queste sono state deluse e maltrattate, non mancheranno certamente colpi di scena. Tutto si articola tra due carte pescate dal cartomante all’inizio della storia: la Morte, che significa la fine di qualcosa, e il Bagatto, l’inizio di qualcos’altro.

Ma puntiamo un secondo l’occhio di bue sull’autore.

Ciao Marco, grazie di aver accettato questa intervista per Cogito et Volo. La storia si svolge a Palermo, la città in cui vivi. C’è tanto amore nella descrizione di ogni singolo luogo, c’è molta cura nei dettagli, talmente tanta che me n’è venuta nostalgia. Quanto sei legato alla tua città?

Ho pensato a Palermo come un vero e proprio personaggio.
È una Palermo nostalgica e un po’ decadente. Fuori dagli stereotipi.
Vengono anche descritti angoli e quartieri lontano dall’essere pittoreschi.
Per rispondere alla domanda: sono legato alla mia città nella misura in cui ci vivo e lavoro da sempre. Qui ho passato infanzia, adolescenza e tutto il resto.

Quanto credi nel destino?

Credo nell’ineluttabilità del destino, ma credo anche che le scelte possano deviare il suo corso. Bisogna stabilire, però, se anche queste deviazioni facciano parte di quanto previsto dal fato. Comunque non mi ritengo un fatalista.

Sei appassionato di tarocchi? Se sì, che ruolo hanno nella tua vita?

Sono un appassionato di tutti i segni e simboli iconici che rappresentino concetti complessi riconosciuti e condivisi da tutta l’umanità.
Ad esempio mi appassionano anche i segnali stradali!


Certo, per i tarocchi ho un debole. Infatti li colleziono e ne ho studiato il significato.
Ogni tanto mi diletto leggendoli a qualche amico. Lo ritengo un medium per l’apertura di un canale di comunicazione tra due persone. Una porta sull’inconscio.

Avresti potuto scegliere la figura dell’investigatore come protagonista, e invece hai scelto un indovino, come mai?

Amo i gialli lontani dal modello del giallo classico “all’inglese” imperniato su delitti perfetti, investigatori infallibili, ambientazioni mondane e altolocate, e introducono invece personaggi e ambientazioni popolari e piccolo borghesi, dove il centro dell’attenzione è spostato sulle motivazioni umane che portano al delitto, più che sulla ricerca degli indizi materiali.

Ecco perché l’empatia, che caratterizza il protagonista, gli consente di usare un metodo investigativo che consiste nell’immergersi nelle atmosfere in cui i delitti sono stati commessi e, lasciandosi guidare dal proprio istinto, nell’immedesimarsi e cercare di comprendere la personalità e l’umanità dei diversi personaggi di un caso criminale, sino al punto, talora, di arrivare a giustificare il loro comportamento e a cambiare la sorte a cui sarebbero andati incontro.

Adoro Simenon e Fred Vargas. Con i loro investigatori mi sono stati di grande ispirazione.

Quando e come nasce questo libro? In quanto tempo è stato scritto?

Leggo molto. Spesso dei gialli. E ho sempre pensato che mancasse un personaggio come Bolla. Non è un commissario, né un detective privato. Non un giornalista, né un avvocato. Piuttosto un investigatore di anime.

Avevo cominciato a pensare a una storia un paio di anni fa. C’erano già i suoi due aiutanti: Zio Tango e Nica. All’inizio li chiamavo A, B, e C, ma avevo già deciso che nome del personaggio principale sarebbe stato Bolla.

In seguito divennero le iniziali dei loro nomi: Angela Arcaro, Bartolomeo Bolla e Camillo Caldarera.

L’anno scorso ho ripreso il progetto e ho completamente ripensato la trama, servendomi di una struttura che ho preparato prima per fare combaciare gli eventi e organizzare una sequenza di avvenimenti che contenesse elementi di suspance.

Il lavoro di scrittura vero e proprio è durato circa sei mesi. Ma sono tornato sul testo, modificandolo e implementandolo per almeno altri tre mesi.

A cosa ti sei ispirato per la stesura del libro?

Per la struttura a Simenon, per le riflessioni e alcuni accadimenti a cose che ho vissuto in prima persona, per la scrittura a Fred Vargas e Manuel Velasquez Montalban. Alcuni elementi si rifanno a un dossier sulla tratta delle bianche che ho avuto la possibilità di leggere. Per alcune questioni tecniche ho avuto l’ausilio di un medico legale.

L’ironia, invece, è tutta mia.

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Sono una persona semplice, vado dove mi porta l'istinto. Credo nel sarcasmo e nell'ironia, ma anche nella bellezza della luce filtrata da una serranda, nel tramonto in riva al mare, nella risata che ti toglie il fiato. Credo in un mondo che ci fa sentire scardinati e perennemente in bilico, ma ogni tanto, se abbiamo fortuna, possiamo sentirci nel posto giusto al momento giusto. Della vita ho capito solo una cosa: che non ho capito niente.

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