“I tuoi occhi” di Nazim Hikmet

Nazim Hikmet - poesia sugli occhi

In un periodo storico in cui gli occhi sono più che mai il nostro nuovo alfabeto, ecco una poesia che racconta uno sguardo, espressione della vita ed essenza della bellezza interiore. E non solo…

Nazim Hikmet (15 gennaio 1902 – 3 giugno 1963) è stato un poeta e un drammaturgo di origini turche, nonché uno dei più acclamati scrittori dell’età moderna, candidato al Premio Nobel per la Pace e vincitore del “World Peace Council Prize” nel 1950.
Lo scrittore, naturalizzato polacco, si racconta nella poesia “Autobiografia”, edita nel 1962, in cui descrive gran parte della sua vita. Nei versi, narra che ha iniziato a scrivere verso i 14 anni, primo ad introdurre il verso libero nella poesia turca; la passione per la scrittura gli viene tramandata dal nonno paterno, autore dell’opera “Les Turcs Anciens et Modernes”, ma anche il padre fu autore di poesie e racconti brevi.

Il componimento poetico di cui vi vorrei parlare, intitolato “I tuoi occhi”, risale al 1948.

La traduttrice ufficiale delle poesie di Hikmet è Joyce Lussu, politica e poetessa che ebbe anche uno scambio di corrispondenze con l’autore.

Come spesso accade, in poesia si lasciano scorrere parole selezionate con la stessa attenzione di quando, al mare, si scelgono le conchiglie più belle.

Ci troviamo di fronte ad un componimento attuale da leggere a oltre settant’anni di distanza, in una pandemia che ha reso gli occhi messaggeri di parole, intenzioni e forti sentimenti. Gli occhi, specchio dell’anima, riescono a trasmettere le emozioni più intense e, come afferma anche l’autore, certi occhi riescono addirittura a contenere il sole.

I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che tu venga all’ospedale o in prigione
nei tuoi occhi porti sempre il sole.

I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
questa fine di maggio, dalle parti d’Antalya,
sono così, le spighe, di primo mattino;

i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
quante volte hanno pianto davanti a me
son rimasti tutti nudi, i tuoi occhi,
nudi e immensi come gli occhi di un bimbo
ma non un giorno han perso il loro sole;

i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che s’illanguidiscano un poco, i tuoi occhi
gioiosi, immensamente intelligenti, perfetti:
allora saprò far echeggiare il mondo
del mio amore.

I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
Così sono d’autunno i castagneti di Bursa
le foglie dopo la pioggia
e in ogni stagione e ad ogni ora, Istanbul.

I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
verrà giorno, mia rosa, verrà giorno
che gli uomini si guarderanno l’un l’altro
fraternamente
con i tuoi occhi, amor mio,
si guarderanno con i tuoi occhi.

Tratto da “Poesie d’Autore”

Ho imparato che un uomo ha il diritto di guardare dall’alto in basso un altro uomo solo per aiutarlo a mettersi in piedi. 

G. G. Marquez

Tuttavia, lo sguardo è anche un modo per giudicare le altre persone, non sempre positivamente. Il modo di guardare l’interlocutore (bambino o adulto che sia) è in grado di “fare” – ossia di definire – l’altro. Come sostiene la psicoterapeuta Stefania Andreoli:

Il potere di uno sguardo

Nel gergo comune, le espressioni idiomatiche più frequenti hanno gli occhi come colonna portante. Ad esempio:

  • aprire gli occhi – ricredersi su qualcosa, accorgersi di una verità
  • a occhi chiusi – con fiducia
  • dare nell’occhio – attirare l’attenzione
  • avere il prosciutto sugli occhi – non vedere i fatti per come stanno, ignorare l’ovvio
  • essere un pugno nell’occhio – essere di pessimo gusto
  • tenere d’occhio – sorvegliare

Cerchiamo perciò di avere cura e attenzione anche nel modo in cui guardiamo le persone che entrano anche solo per un momento nella nostra vita, poiché attraverso il modo di guardare si può elevare o inabissare l’altro.

Immagine in copertina: Pixabay.

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Mi chiamo Andreea e studio presso l'Università degli Studi di Udine. Adoro i bambini, la musica, i film e le sorprese. Mi piace scrivere e leggere. Nutro un affetto particolare per i classici perchè mi insegnano qualcosa di nuovo ogni volta che li rileggo. Il mio libro preferito è "Il fu Mattia Pascal" di Pirandello. La mia citazione preferita è: "Per angusta ad augusta".

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