Il decalogo delle paure di uno scrivente
Tutti noi abbiamo delle paure più o meno strane, ma le nostre paure derivano innanzitutto dalle nostre esperienze. Quali sono dunque le paure di uno scrivente ?
Tutti abbiamo paura di qualcosa: la paura è parte di noi e spesso è fondamentale per farci sopravvivere o acquisire conoscenza. Per lo più, però, la paura ci blocca e a causa sua perdiamo una parte delle esperienze di vita che potremmo fare, quando invece potremmo persino trarre un vantaggio dai nostri timori. Questo accade probabilmente perché crediamo sia folle aspettarsi di imparare qualcosa da quello che temiamo, e anche riflettendoci ci troviamo sempre più intrappolati nelle spire dei nostri ragionamenti, così rifuggiamo da essi.
Poco tempo fa mi sono trovata a guardare uno video su YouTube; non mi aspettavo altro che divertirmi e ridere un po’ e invece, come fosse acqua fresca, mi è piombata addosso una rivelazione. Mi è sembrato assurdo sentir dire quelle stesse parole che anni prima pensavo vivessero solo nella mia testa e che avevo deciso fossero solo follia, da qualcuno che mai era stato a contatto con me. Tutti conosciamo probabilmente il benessere che si può provare nel condividere le proprie paure con qualcuno che ci capisce e ci può in qualche modo sostenere, ma sappiamo altrettanto quanto sia difficile trovare qualcuno che sappia esattamente di cosa stiamo parlando. Ecco perché ho voluto condividere con voi questo decalogo, che nel mio percorso di scrittura mi ha accompagnato, perché qualcun altro come me si possa sentire sollevato dal sapere che non è il solo ad aver pensato e temuto queste cose.
- PAURA DI POTER VIVERE LE EMOZIONI CHE SCRIVI SOLO IN CIÒ CHE RACCONTI
Se per te scrivere è qualcosa di fondamentale,ti sarai trovato nella situazione in cui sei pienamente immerso nella tua storia e nel vissuto dei tuoi protagonisti. Ti trovi a vivere le emozioni che stai descrivendo, piangi, ridi, soffri con i tuoi personaggi, anche se sono pura invenzione. Inoltre la scrittura, per essere più impattante verso i suoi lettori, tende ad amplificare gli eventi e i sentimenti, primo fra tutti l’amore sempre esagerato nei romanzi. Di contro, nel creare tutto ciò, stai vivendo emozioni che nella realtà non esistono, e nemmeno a dirlo appena ti stacchi dalla penna ecco che ti trovi svuotato, a confrontarti con un mondo che ti sembra piatto e noioso rispetto alle pagine appena vergate. Ti senti dunque privato di qualcosa a causa della realtà, ma sei anche consapevole che non puoi vivere perso nella finzione. Perciò come si può non temere quel vuoto?
2. PAURA CHE LA FINZIONE SIA MEGLIO DELLA VITA REALE
É una paura che deriva di conseguenza dalla precedente. Il fatto che le emozioni descritte siano spesso più vivide di quelle sperimentate sulla propria pelle porta a pensare che l’immaginazione sia migliore della vita reale: è facile iniziare a pensare che forse sarebbe meglio chiudersi in essa o al contrario rinunciarvi del tutto, per non rimanere delusi dalla realtà. Ma è evidente che tali strade non sono percorribili, l’una perché prima o poi si scontra con la realtà dei fatti, l’altra perché il richiamo alla fantasia è davvero troppo forte nell’uomo e ancora di più negli artisti.
3. PAURA CHE SCRIVERE SIA L’EMOZIONE PIÙ FORTE CHE SI POSSA PROVARE
Quando scrivo mi sembra di raggiungere un mondo diverso da questo, in cui ogni cosa è amplificata e tutto è pregno di significati profondi e nascosti, un mondo quasi divino. Non trovo paragone migliore di quello dell’iperuranio di Platone, per descrivere questo luogo della mente. Approdavi è una sensazione mistica e magica che difficilmente si riproduce nella realtà. Per cui, spesso, viene da pensare che non esista qualcosa di così intenso nella realtà. La verità è che emozioni così ne viviamo poche, perchè siamo presi dalla fretta di tutti i giorni e non abbiamo il tempo di goderci quei momenti, mentre quando scriviamo scegliamo di vivere quel momento, prendendoci il tempo e lo spazio necessari per vivere l’esperienza unica a cui stiamo dando forma.
4. PAURA CHE SIA NECESSARIA UNA PROFONDA SOFFERENZA PER PRODURRE UN’OPERA DI VALORE.
La sofferenza induce le persone a riflettere profondamente sulle cose, e ogni racconto avvincente al suo interno contiene una vicenda tormentata. Inoltre la storia spesso ci conferma che i grandi artisti hanno avuto un passato oscuro e difficile. Sappiamo però che ogni persona ha vissuto almeno un momento di sofferenza, ma non per questo da ciò è nata una produzione artistica di rilievo. Quindi, di che dose di sofferenza c’è bisogno per essere in grado di impattare sul mondo tramite la scrittura? E se non l’abbiamo vissuta, allora significa che ci mancherà sempre qualcosa per arrivare a quell’obiettivo?
5. PAURA DI VIVERE UN’ILLUSIONE.
Questa paura è comune a tutti coloro che amano qualcosa o qualcuno profondamente, perchè si ha paura che all’improvviso questo qualcosa ci venga strappato via, e ancora più paura ci fa pensare di perderlo per colpa nostra.
Temiamo di non vedere con chiarezza le cose a causa di questo sentimento, di essere obnubilati perché sappiamo di non essere in grado di viverlo con ragione, sappiamo di non essere in grado di discernere quant’è forte o meno e sappiamo che questo è tanto meraviglioso quanto pericoloso: così, siamo costretti ad amare e contemporaneamente a temere quell’amore.
6. PAURA CHE L’ARTE SIA SOLO IL RIPETERSI DI UNA STRUTTURA.
Nonostante quello che possiamo provare quando, ispirati,cominciamo a scrivere qualcosa, non siamo certi di quel che accade durante il processo creativo: lo viviamo e basta, con naturalezza. Anche se provassimo a descriverlo nei minimi dettagli ci sarebbe sempre qualcosa che sfuggirebbe alla nostra descrizione. Per questo non possiamo dire con certezza che quell’opera è unica, frutto di qualcosa che vive solo in noi. Infatti la scrittura di un racconto, di una poesia o di qualsiasi altra cosa segue una struttura ben precisa, una struttura che per noi è quella che dà senso a ciò che scriviamo. Sono come delle regole ben precise entro cui la nostra capacità di ragionamento è confinata a viaggiare. E per quanto proviamo a distruggere quei confini e a superarli, in realtà continuano ad esistere, non possiamo formulare un pensiero se non nel modo in cui siamo predisposti a formularlo. L’arte allora non è più quel vedere oltre gli schemi, non è più genio e sregolatezza, ma l’illusione di ciò. L’idea che possa essere così ci fa sentire limitati e stupidi, senza una reale capacità, ma solo dei meri riproduttori di regole.
7. PAURA DI ESSERE INGHIOTTITI DALLA PROPRIA OPERA.
Se non fosse che la storia ha già dimostrato che questo accade, forse non ne avremmo così paura. Questo può accadere in due modi. Il primo: quando si è talmente presi dalla scrittura di qualcosa che si diventa parte del racconto e ci si immerge in esso per così tanto tempo che poi si è incapaci di uscirne. Accade quando si sceglie di vivere nella finzione: il problema è che pian piano ci si rende conto che quella finzione, che tanto ci pareva bella, è colma di lacune, non si è più in grado di distaccarsene e si impazzisce. Il secondo: quando si produce un’opera di successo, ampiamente amata e conosciuta, ma nessuno sembra essere in grado di capire che quell’opera è stata prodotta da qualcuno. I personaggi del racconto diventano reali, mentre l’autore viene eclissato, non esiste: forse tale esempio è calzante soprattutto per quanto riguarda la letteratura per l’infanzia, dal momento che i giovani lettori sono meno consapevoli di chi stia dietra la narrazione. L’autore si trova improvvisamente a non essere più qualcosa di esistente e reale, a causa di un qualcosa che egli ha amato e prodotto.
8. PAURA DEL FOGLIO BIANCO.
Questa è una paura che hanno avuto tutti almeno una volta durante un tema di verifica, per cui si potrebbe credere che sia facile da comprendere e scontata. Ma questo punto di vista non prende in considerazione la prospettiva giusta. Sto parlando della paura del foglio bianco provata da qualcuno per cui il foglio bianco non dovrebbe mai esserci. Se la scrittura ti scorre nel sangue, se la consideri qualcosa che è parte di te, che ti rende ciò che sei, perdere la capacità di scrivere, non sapere cosa scrivere, è perdere te stesso. Diventa come smettere di camminare, di parlare, o peggio di respirare. Diventa una sorta di morte, da cui devi essere in grado di rinascere. Ma sappiamo tutti che il lutto ognuno lo supera a suo modo, con i suoi tempi, e a volte non lo si supera affatto. Quel foglio bianco in cui non riesci ad affondare la penna diventa un presagio di morte. Ti chiedi perchè, come sia potuto succedere, come potrai sopravvivere. Quel foglio bianco, quel silenzio delle idee è devastante. Se però potessimo chiedere ai nostri eroi della scrittura se si siano mai trovati in tale situazione, forse potrebbero dirci che quella morte li ha portati a una rinascita molto più gloriosa.
9. PAURA DELLE CONSEGUENZE DI CIÒ CHE SI SCRIVE
Non tutto ciò che è stato prodotto dagli scrittori aveva come motivo principale trasmettere un messaggio, o far riflettere su una tematica. A volte un racconto è puro diletto della mente, pura bellezza di combinazione di parole. Questo comporta che non per forza ciò che viene raccontato debba portare ad un comportamento morale. Il pubblicare ciò che scriviamo comporta che questo abbia un’influenza su chi legge, che può essere positiva nelle intenzioni dello scrivente, ma di cui non conosciamo mai con certezza gli esiti. E se la nostra opera causasse una tragedia, se portasse a delle conseguenze devastanti, saremmo noi, i colpevoli? Sarebbe responsabile la nostra opera? O la colpevolezza sarebbe da imputare unicamente ai fautori dell’evento?
10. PAURA DELLA SCRITTURA
Questo alone di incertezze che navigano nella nostra mente, creando mulinelli sempre più vorticosi in cui rischiamo di affondare, fa sì che a un certo punto arriviamo a temere la scrittura. Il più delle volte siamo abituati a considerarla un dono, perché amiamo le sensazioni che ci dà, perché siamo sicuri che siamo noi ad avere il pieno controllo su di lei, e che quando ci lasciamo andare nelle sue braccia è perché lo abbiamo scelto noi, ma non ne siamo poi così sicuri. Forse è lei che ci domina, che ci usa come strumenti per diffondersi tra la gente, e noi la viviamo incapaci di controllarla, e innamorati follemente di lei. Uno scenario che mette i brividi. Sta di fatto che non avendo nessuna certezza al riguardo, continuiamo a vivere con questo mix di paura e di amore, un po’ ignorando e un po’ sprofondando in questi pensieri, che pur ci fanno continuare a digitare lettere sulla tastiera.